abate

CLIC, IN GLORIA DI CLAUDIO ABATE, IL FOTOGRAFO DELL’ARTE SCOMPARSO, A 74 ANNI, A ROMA - DA CARMELO BENE A MARIO SCHIFANO FINO A KUNELLIS, L'ARTISTA IMMORTALÒ UNO DOPO L'ALTRO I NOMI ILLUSTRI DI UNA GENERAZIONE – GLI SCATTI DI NUDO PER PLAYMEN… - I FUNERALI SI TERRANNO LUNEDI’ ALLE 11 ALLA CHIESA DEGLI ARTISTI DI PIAZZA DEL POPOLO

Malcom Pagani per il Messaggero

 

IL LUTTO

 

ABATEABATE

La figlia Giulia, con il vento della Grecia a soffiare più impetuoso dei rimpianto: «Sapevo che sarebbe accaduto, mio padre stava molto male, io e lui, a modo nostro, ci eravamo già salutati a tempo debito». Claudio Abate se ne è andato ieri alle sei di mattina, il giorno dopo il suo settantaquattresimo compleanno, chiudendo gli occhi proprio nell'ora in cui si era sempre ripromesso di aprirli per uno dei suoi tanti esperimenti con la macchina al collo: «Il mio sogno è di fotografare il sole nella sua traiettoria, dall'alba al tramonto. Purtroppo non riesco mai a svegliarmi presto».

 

CADEVANO LE BOMBE

 

Nato in Via Margutta nell'agosto italiano del 1943, quello delle bombe piovute dal cielo già descritto da De Gregori e da Quasimodo: «Invano cerchi tra la polvere, povera mano, la città è morta» e segnato da un'infanzia durissima in orfanotrofio, a Ostia, per la dipartita improvvisa di suo padre Domenico, pittore e intimo amico di De Chirico, Abate si avvicinò all'arte che lo rese celebre grazie a un regalo del suo padrino e dopo aver bruciato i primi rullini per la compulsività che prelude a ogni cattura, rapì davvero l'immagine già nella tarda adolescenza.

ABATE MARIO SCHIFANOABATE MARIO SCHIFANO

 

Prima ragazzo di bottega alle dipendenze di Michelangelo Como e poi in proprio, appena maggiorenne, con uno studio tutto suo in Via del Babuino.

 

L'affitto- raccontò a Manuela De Leonardis- era esoso «quarantamila lire», ma Abate, venuto su alla scuola di una Roma in cui l'incontro tra stelle di frontiera e talento era all'ordine del giorno, poi assoldato a 16 anni dal Press Service Agency e a 18, come assistente, dal grande Eric Lessing della Magnum, seppe permetterselo in fretta. Fuori dal Caffè Greco o dal Bar Notegen, c'erano proprio tutti: «Era aperto fino a tarda notte e lì nacque la mia passione per il teatro».

 

Per un lungo decennio, Abate fu esclusivamente fotografo di scena e nelle seimila istantanee scattate all'epoca, scorre la storia avventurosa di un'epoca, quella tra i sessanta e gli 80, in cui Roma fu la capitale culturale d'Italia e che secondo Giampiero Mughini incastonò un ventennio «che concorre con gli anni Venti nell'essere il più importante del secolo appena trascorso, forse il più importante».

ABATE BENEABATE BENE

 

Sostiene la figlia di Claudio Abate, Giulia che: «Con la sua morte, quella Roma scompare per sempre». Era in realtà già scomparsa da tempo e Abate l'aveva capito da solo: «A un certo punto intuii che il mondo attorno a via Margutta stava evaporando e che molti artisti se ne andavano. Il quartiere si stava radicalmente trasformando e sentii il bisogno di evadere a San Lorenzo dove pensai si stesse ricreando quell'atmosfera».

 

Per Giulia, Claudio, era un padre tanto geniale nel tratto e nell'istinto, quanto schivo nella vita vera, quella che non si immortala, non si ferma, non si imprime in nessuna camera oscura. «Brillava per discrezione e introversione» dice Giuliana Gamba, regista e a lungo compagna di Claudio Abate e conferma Giulia, figlia loro e di quel tempo irripetibile. Abate era di una pasta diversa.

 

Gli altri: Mario Schifano, Gino De Dominicis, Tano Festa, Pino Pascali con tanto di pistola, Jan Kounellis, Carmelo Bene, Anna Paparatti, Fabio Sargentini, Giorgio Franchetti (scultori, pittori, artisti, registi, intrattenitori dello spettacolo d'arte varia che andava in scena quotidianamente nei dedali del centro storico di Roma) davanti all'obiettivo e Abate sempre un passo indietro.

 

ABATEABATE

A respingere meriti e ad arpionare il senso della vita, dice ancora Giulia «con grande sensibilità». Non era «un padre tradizionale- racconta- era umile, quasi modesto, tendeva a non alzare mai la voce, a creare problemi o peggio a peccare di protagonismo. Le cose accadono-sosteneva papà- perché devono accadere e nel dirlo, pulsava un grande rispetto per l'ordine delle cose e per le altre persone». Suo padre, giura Giulia: «Era un esteta e mi dispiace così tanto che negli ultimi tempi abbia sofferto anche fisicamente perché stentava a riconoscersi e quasi non voleva mostrarsi». D'altra parte, anche nell'era felice i dolori dell'esistenza erano meno di un'ipotesi di scuola, in cattedra Abate non era mai salito.

 

Si schermiva e sapeva essere ironico anche quando giocando di luce, ombre e chiaroscuro, proprio come Storaro ne Il conformista di Bertolucci, riusciva a creare all'improvviso un capolavoro di inventiva. Il ritratto di De Chirico su fondo nero, raccontò, era spuntato come un fiore selvatico: «Avevo 32 anni ed era quasi la mezzanotte di una giornata di dicembre, a un passo dal Natale. Alla Galleria La Medusa presi per mano De Chirico e lo misi davanti a una tela fotografica emulsionata. Uscì fuori un ritratto ottenuto per impressione diretta sulla tela.

 

Per cinque minuti, De Chirico rimase fermo. Dopo protestò amabilmente: Abate, io queste cose le facevo nel 40. Non aveva capito di cosa si trattava, ma fu molto divertente». Con Ugo Mulas, Massimo Piersanti, Mario Dondero ed Elisabetta Catalano, in un continuo rimpallare tra le suggestioni di Brera e del Bar Jamaica e quelle romane, c'era il segreto del'amicizia tra erranti, tra simili, tra zingari felici abituati al viaggio: «la necessità di stare bene insieme» che segnò nell'ottica di un movimento collettivo, il destino dei percorsi individuali.

ABATE KOUNELLISABATE KOUNELLIS

 

ARTISTI INGEGNOSI

Erano tutti artisti, ma non sedevano sul piedistallo che li avrebbe disarcionati al primo atto di superbia. Fotografare era un lavoro che dava libero sfogo ai piaceri: «Quando scattavo per Play Man guadagnavo 350.000 lire al mese. Denari che mi consentivano di vivere benissimo e quindi di poter pedinare gli artisti quasi gratuitamente». Il nudo, Visto retrospettivamente, proprio oggi che si resta nudi di una presenza e di uno sguardo, non era un problema, ma un espediente per aggirare la stupidità:

 

«Per PlayMan lo realizzavo in ambiti artistici e quindi salvavo anche il giornale che, preso di mira dal bigottismo imperante e dai pretori sessuofobi impegnati a sforbiciare film e rappresentazioni teatrali, fuggiva dalle cause e dalle censure».

 

De Chirico ph AbateDe Chirico ph Abate

Le foto di Carmelo Bene del '63, raccontò: «in cui esistevano anche dei nudi, diventavano servizio culturale e quindi la rivista non poteva essere messa fuori commercio». Bene l'aveva capito: «non è vero che la forma sia il contenuto, ma è l'urgenza che viene prima del contenuto». Abate aveva messo in pratica l'insegnamento un'infinità di volte. In silenzio, sottotraccia, alla maniera, unica, di Claudio. Abate di nome, mai abatino di fatto.

Claudio Abateso571Claudio Abateso571Penone ph Abate Penone ph Abate Eliseo Mattiacci , ph Abate Eliseo Mattiacci , ph Abate Mario Schifano , ph Abate Mario Schifano , ph Abate Pino Pascali, ph Claudio Abate  Pino Pascali, ph Claudio Abate

 

Ultimi Dagoreport

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO