ABORTO E SEPOLTO - A TORINO LA 27ESIMA DONNA NEL MONDO CHE MUORE DOPO AVER USATO LA PILLOLA RU486, PER L’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA - SE L’AUTOPSIA CONFERMASSE I SOSPETTI DEI MEDICI, SAREBBE IL PRIMO DECESSO IN ITALIA CAUSATO DAL FARMACO

1 - TORINO, DONNA MUORE DOPO L'ABORTO CON LA PILLOLA
Marco Accossato per ‘La Stampa'

Una donna di 37 anni è morta, all'ospedale Martini di Torino, subito dopo un'interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486. Se l'autopsia confermerà oggi quelli che sono i primi sospetti dei medici, si tratta del primo caso in Italia, mentre negli Stati Uniti si contano almeno già otto vittime della cosiddetta pillola dell'aborto.

La tragedia risale all'altra sera. La donna, madre di un altro bambino, aveva deciso per l'interruzione di gravidanza e il 4 aprile le era stato somministrato mifepristone, la sostanza che entro 48 ore massimo ferma la gestazione. Due giorni dopo, mercoledì scorso, secondo quanto indicato nel protocollo, si è ripresentata in ospedale per la somministrazione dell'altro farmaco, la prostaglandina, che provoca le contrazioni uterine necessarie all'eliminazione della mucosa e dell'embrione.

In entrambi i casi la signora è stata visitata, sottoposta a ecografia, «e nulla di anomalo o sospetto è stato mai rilevato», sottolineano in ospedale. Ma quattro ore dopo l'aborto e la somministrazione di un antidolorifico la signora ha chiesto aiuto: «Non riesco a respirare, manca l'aria». È stata portata in sala visita, le è stato fornito ossigeno, fatto un ecocardiogramma grazie al quale «è stata diagnosticata una fibrillazione ventricolare», cioè un'aritmia che scatena contrazioni irregolari del cuore.

La situazione è precipitata un istante dopo. Si ipotizza un trombo prodotto dalla fibrillazione. «La signora - conferma il dottor Paolo Simone, direttore sanitario dell'Asl To2 da cui dipende l'ospedale - ha perso improvvisamente conoscenza. Il cuore si è fermato, è stato necessario utilizzare il defibrillatore e il battito è ripreso». La situazione pareva arginata, la donna ha ripreso conoscenza, è stata portata in Rianimazione e collegata ai monitor. Alle 22,20, però, l'ha colpita e uccisa una nuova e più grave crisi: inutili i 25 minuti di nuovi tentativi disperati per far ripartire il cuore.

La direzione dell'ospedale Martini ha deciso di procedere con l'autopsia, prima ancora del possibile intervento della procura. La famiglia, immediatamente avvertita del dramma, per ora non ha sporto denuncia né contro un medico in particolare né contro ignoti, motivo per cui non c'è stato al momento sequestro delle cartelle cliniche della vittima. La direzione generale e quella sanitaria del Martini hanno chiesto e ottenuto una relazione dal medico che ha seguito la donna.

«Siamo sconvolti, e vicini alla famiglia della signora - dice sempre il direttore sanitario, Paolo Simone -. Anche per noi questa tragedia non ha una spiegazione. Ma possiamo garantire di aver rispettato fin dall'inizio il protocollo per l'interruzione di gravidanza col metodo farmacologico, così come possiamo garantire di aver fatto tutto ciò che era umanamente e professionalmente possibile anche nei due tentativi di soccorrere la signora, dopo le crisi respiratorie».

Stando alle informazioni sulla cartella clinica, la donna non soffriva di particolari patologie e non era quindi a rischio rispetto al metodo utilizzato per interrompere la gravidanza. La direzione dell'ospedale ha già incontrato alcuni dei familiari. È stata messa a disposizione del figlio una psicologa.

Soltanto l'autopsia potrà insomma far luce sulla vicenda. La donna, prima della decisione di sospendere la gravidanza scegliendo l'aborto farmacologico anziché quello chirurgico, era stata visitata dal ginecologo che non avrebbe dato parere contrario. Segno ulteriore che non c'erano timori evidenti di patologie che potessero esporla al pericolo.
Il Piemonte è la regione che - dopo l'Emilia Romagna - ha effettuato nel 2010-2011 più interruzioni volontarie di gravidanza con la Ru486.

Proprio a Torino era esplosa la polemica sulle dimissioni delle pazienti tra la somministrazione del primo e quella del secondo farmaco: da evitare categoricamente, secondo il ministero della Salute, irrilevante sul fronte dei rischi secondo il dottor Silvio Viale, paladino e primo sperimentatore della Ru486. Nel caso della paziente vittima al Martini, «tra la somministrazione del mifepristone e quella delle prostaglandine non ha segnalato ai medici alcun disturbo». Cosa che purtroppo rende ancora più misteriosa questa tragica fine in ospedale.

2. MA PER LA COMUNITÀ SCIENTIFICA IL FARMACO È SICURO
Valentina Arcovio per ‘La Stampa'

Fino all'altro ieri sarebbero 27 (escluso il caso italiano su cui si sta indagando) le donne morte dopo aver abortito con la pillola RU486. A loro potrebbero aggiungersi i decessi di altre 12 persone che hanno assunto lo stesso farmaco ma non per scopi abortivi, bensì per uso compassionevole. Si arriverebbe così a quota 39. Una serie di casi che alimenta gli interrogativi sulla reale sicurezza della pillola RU486.

Delle 27 donne morte dopo l'assunzione del farmaco, 14 sono morte negli Usa, una in Canada, una in Portogallo, sei in Gran Bretagna, due in Francia, una in Svezia, una a Taiwan e un'altra in Australia. L'ultimo caso ufficiale segnalato risale a luglio dello scorso anno, quando la rivista «Journal of Obstetric and Gynaecology» ha riferito di una donna morta nel 2010 in Gran Bretagna. La donna sarebbe deceduta dopo l'assunzione della pillola a causa di un'infezione da Clostridium Septicum, un batterio potenzialmente letale. Altre nove della lista sono morte per Clostridum Sordellii, un'altra per Clostridum Perfringes e un'altra ancora per streptococco, tutti microrganismi molto pericolosi.

Questi sono i dati a disposizione più aggiornati. Le segnalazioni dagli Usa, invece, sono ferme all'ultimo rapporto della Food and Drugs administration (Fda), l'agenzia che vigila sul corretto utilizzo dei farmaci, che risale ad aprile 2011. Nel report l'agenzia ha registrato su 1.520.000 aborti eseguiti con il metodo farmacologico un totale di 14 decessi.

Ma anche una serie di casi di donne che hanno riportato effetti collaterali più o meno gravi: 336 emorragie, 256 infezioni (di cui 48 gravi), 612 ricoveri d'urgenza in ospedale e 2207 donne che hanno riportato effetti nocivi in generale. I dati, valutati dalle agenzie non statisticamente significativi, hanno comunque sollevato polemiche. Specialmente nel nostro Paese, da sempre diviso.

Si tratta delle stesse preoccupazioni emerse dopo un articolo del «New England Journal of Medicine», secondo cui la mortalità per aborto farmacologico sarebbe superiore a quella con il metodo chirurgico per aborti effettuati nello stesso periodo di gestazione. Tuttavia, buona parte della comunità scientifica e le autorità regolatorie continuano a pensare che la RU486 sia sicura. E che non ci sarebbe un nesso casuale tra le morti per infezione e l'assunzione della pillola abortiva. Anche se si è dibattuto sull'eventualità di combinare alla Ru486 un trattamento antibiotico per evitare rischi di infezioni.

Già nel 2007, l'ente europeo per il controllo dei farmaci, l'Emea, aveva approvato la RU486, ribadendone la sicurezza. Parere espresso anche dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, che nel luglio 2009 ne ha autorizzato l'uso. Leggendo il dossier dell'Aifa appare evidente che gli effetti collaterali, secondo l'agenzia, non superano quelli dell'aborto chirurgico.

E che sono rarissimi i casi di eventi avversi gravi. «Gli studi condotti - si legge nel dossier - riportano una serie di effetti collaterali legati principalmente all'utilizzo delle prostaglandine: il dolore di tipo crampiforme che può variare da nulla a forte e aumenta in prossimità dell'espulsione, riducendosi nettamente subito dopo. Poi nausea (34-72%), vomito (12-41%) e diarrea (3-26%).

Il sanguinamento, massimo al momento dell'espulsione, è variabile per quantità e durata, con perdite ematiche che persistono per almeno una settimana e, in forma ridotta, anche più a lungo. Le complicanze severe sono rare e riconducibili al sanguinamento importante con necessità di emostasi chirurgica (0,36-0,71%)».

Per i detrattori della RU486 i dati sulle morti, così come quelli sugli effetti collaterali, giustificherebbero il divieto di utilizzo della pillola. I sostenitori dell'utilizzo del farmaco ribadiscono, invece, la sua sicurezza, in quanto in tutto questo tempo le complicanze gravi sono state rarissime. A detta dei pro-Ru486 addirittura inferiori a quelle che seguono un qualsiasi intervento chirurgico.

 

 

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