ADDARIVENI’, BAFFONE! IN RUSSIA TORNA IN VOGA IL MITO DI STALIN, ALIMENTATO DAL GOVERNO DI PUTIN

Anna Zafesova per "la Stampa"

Il padre dei popoli guarda un po' accigliato ma fiero, e ne ha delle buone ragioni: un busto di bronzo non lo riceveva in regalo da anni. Per di più inaugurato in pompa magna, non in un villaggetto sperduto, ma nel piazzale di Yakutsk, gelida capitale dei diamanti russi. Un ritorno in grande stile, proprio mentre a Mosca, in un chioschetto di souvenir all'interno della Duma, si scoprivano in vendita statuette del dittatore, piccole a 6 mila rubli (circa 150 euro), grandi addirittura a 30 mila.

Busti, santini, manifesti, libri, fiction: nei due mesi intercorsi tra il 60simo anniversario della morte, il 5 marzo, e le celebrazioni per il giorno della Vittoria sul nazismo, il 9 maggio, Stalin ha fatto un ritorno trionfale nella vita dei russi. Non più qualche nostalgico con le bandiere rosse, o bizzarri storici negazionisti, ma una riabilitazione nel mainstream della politica e della cultura.

Da faraone onnipresente dal 1924 fino alla morte, a Innominabile della storia per mezzo secolo, dal XX congresso del 1956, l'uomo che sembrava il simbolo del male del 900 è tornato, con il suo famoso passo felpato. A Celiabinsk, negli Urali, circolano minibus con il ritratto di Stalin, a Volgograd - l'ex Stalingrado per la quale ogni anno riparte la campagna per restituirle il nome che portava durante la famosa battaglia - il volto baffuto del dittatore ha riempito pareti e mezzi pubblici.

La rete televisiva Ntv ha trasmesso un documentario in sei puntate dal titolo Stalin è con noi, dove ha riproposto la versione più classica dell'iconografia del «genio di tutti i tempi»: grande lettore, fine intellettuale, eccezionale statista e condottiero, che ha portato la Russia «dalla zappa alla bomba atomica» (e a nulla valgono gli sforzi degli storici di ricordare che questa frase attribuita a Churchill non era mai stata pronunciata).

Stalin occhieggia bonario dai teleschermi, in fiction patinate che riportano ai fasti dell'Urss, da Chkalov dedicata al grande pilota a Smersh, che decanta i successi del micidiale controspionaggio sovietico, noto più per aver mandato in Siberia migliaia di soldati colpevoli solo di essere caduti prigionieri dei tedeschi.

Il liberale Leonid Gozman ha osato paragonare lo Smersh alle SS, ed è stato apostrofato da un editoriale del popolarissimo Komsomolskaya Pravda che si rammaricava perché i nazisti non avevano «fatto paralumi dagli avi dei liberali».

La pesantissima allusione al fatto che Gozman sia ebreo ha scandalizzato solo pochi intellettuali, mentre il partito del potere ne ha approfittato per aggiungere alla già lunga lista di leggi restrittive, che hanno colpito negli ultimi mesi Ong, oppositori e omosessuali, la proposta di punire con tre anni di carcere il «negazionismo sulla Grande guerra patriottica». In altre parole, discuterne le cause, come la spartizione dell'Europa nel patto Molotov-Ribbentrop, o sulle sue conseguenze come l'annessione dell'Europa dell'Est nel campo comunista, può costare la galera.

E qui la riemersione di Stalin passa dall'anedottica all'attualità. Matvey Evseev, il deputato di Russia Unita - il partito putiniano monopolista del parlamento - che ha promosso l'inaugurazione del busto di Stalin a Yakutsk, sostiene che «non possiamo dimenticare la nostra storia, gli attacchi contro Stalin continuano perché è in corso l'aggressione ideologica contro la Russia, Se rinunciamo a Stalin rinunciamo alla nostra grandezza».

Il sindaco Aysen Nikolaev, visibilmente imbarazzato, ha promesso simmetricamente un monumento alle vittime delle purghe, in una sorta di tardiva par condicio. Ma la tragedia dei Gulag non è mai stata oggetto di un pentimento nazionale, e contemporaneamente il segretario del Pc Serghei Obukhov può dichiarare che «Stalin è il generalissimo della nostra vittoria», mentre in diverse università e licei arriva il discutissimo manuale di storia che, riducendo la portata dei crimini di Stalin, lo descrive come «un manager efficiente» del potere, in attesa della introduzione di un testo di storia «uniformato» auspicato recentemente da Vladimir Putin, per evitare la «distorsione del nostro passato».

Che la Russia rimanga, come diceva una vecchia battuta, «un Paese dal passato imprevedibile», lo dimostrano anche i sondaggi. Dopo il minimo storico del 12% negli anni '90, il Levada Zentr in questi giorni ha confermato il dittatore al primo posto, insieme a Leonid Brezhnev, nella classifica dei più grandi personaggi della storia russa.

Un risultato che secondo il direttore del centro demoscopico, Lev Gudkov, è indubbiamente legato alla propaganda putiniana. Putin ha respinto le critiche dei liberali: «Non penso che ci siano segni di stalinismo. La nostra società è cambiata e non permetterebbe una tale svolta».

Ma, secondo un'inchiesta di un gruppo di giornalisti del sito Ura, la riapparizione di Stalin nell'immaginario russo non può essere addebitata soltanto alla nostalgia per l'ordine dopo decenni di caos post-sovietico. Alcune fonti del Cremlino infatti sostengono che l'ondata di fiction, documentari e libri sia un preciso progetto degli spindoctor putiniani, una «risposta alla protesta di quelli con l'iPhone», ha commentato un anonimo funzionario, riferendosi alla protesta di piazza dell'anno scorso.

Putin all'epoca si era riconquistando il terzo mandato scommettendo sui suoi elettori più fedeli: i dipendenti statali, i militari, i pensionati, gli operai delle grandi fabbriche ex sovietiche, la popolazione rurale, insomma, l'elettorato più nostalgico.

E così, dopo una notevole esitazione, raccontano le fonti di Ura , avrebbe accettato di farsi cucire addosso il vestito di uno Stalin light , preferendolo ad alternative come Piotr Stolypin e Pietro il Grande. Ma Gudkov avverte anche che non potrà essere una risorsa politica infinita: tra i giovani un terzo non sa nemmeno chi sia Stalin, e un 59% considera la discussione su di lui «totalmente irrilevante».

 

NOSTALGICI DI STALINBUSTO DI STALINBUSTO DI STALINBUSTO DI STALINBUSTO DI STALINL'IMMAGINE DI STALIN SU UN BUS DI MOSCAstalin

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO