
CHI DI FURTO FERISCE DI FURTO PERISCE - IL LOUVRE È STATO RIEMPITO DA NAPOLEONE DI OPERE RAZZIATE IN GIRO PER IL MONDO - IERI, AL MUSEO SONO STATI RUBATI I GIOIELLI DELLA COLLEZIONE DELL'IMPERATORE FRANCESE: ALCUNI VENGONO DALL'EREDITÀ DI MARIA AMALIA DI BORBONE, ALTRI SONO APPARTENUTI ALLA FIGLIASTRA DI NAPOLEONE E JOSÉPHINE, HORTENSE DE BEAUHARNAIS - IL FURTO ANNOVERA POCHI PEZZI DI PROPRIETA' DI MARIA LUISA D'AUSTRIA, ALTRA CONIUGE DELL'IMPERATORE, CHE SI RIFIUTO' DI SEGUIRLO IN ESILIO...
Estratto dell'articolo di Claudio Strinati per "la Repubblica"
Napoleone Bonaparte valica il Gran San Bernardo di di Jacques-Louis David
I beni napoleonici al Louvre sono a casa loro. Bonaparte lo considerò il proprio museo portandovi una miriade di opere d'arte destinate a diventare di sua proprietà razziandole in giro per il mondo. Napoleone, semplificando al suo solito le cose, pensava che il possessore dell'arte è soltanto chi la comprende e la desidera e, godendo del favore delle armi, non pensò mai di commettere reato sottraendo ai luoghi d'origine, per lo più pubblici, capolavori di respiro universale.
Appartenendogli di diritto, sarebbero poi appartenuti al mondo intero. Così, mentre si approssimava, nel 1802, l'incoronazione imperiale, il Museo del Louvre divenne il Museo Napoleone e tale sarebbe restato fino al 1815 quando, dopo la morte, la sua vicenda fu globalmente condannata e maledetta.
Poi molte opere da lui sottratte vennero recuperate e per noi italiani fu il principe dell'Accademia di San Luca, il probo e onesto Antonio Canova a compiere questa sorta di miracolo, mentre tanti patrimoni personali accumulati dall'Imperatore e dalla sua famiglia cominciarono a disperdersi e tra questi di certo i gioielli della Corona.
Solo alcuni, ritrovati lentamente nel corso di due secoli, sono stati riportati al Louvre ed esposti nella Galleria di Apollo dove si è svolto il rocambolesco furto compiuto da tre o quattro emuli, brancaleonici all'incontrario, dei tre moschettieri di Alexandre Dumas padre, che diventano quattro con il prode d'Artagnan. [...]
Avverto un analogo spirito di avventura nell'individuare la sede ideale di una bravata del genere nella Galleria di Apollo, spazio solennissimo di vera nobiltà e prestigio proprio nel nome del Bonaparte. Però l'odierna Galleria non corrisponde a quella originaria che nacque come Piccola Galleria del Museo del Louvre ai primi del Seicento su committenza del Re Enrico IV, quello che avrebbe detto che Parigi val bene una messa. Il Re Sole la fece rifare, ma poi ci vollero due secoli buoni per completarla e noi vediamo oggi quella inaugurata nel 1851 da Luigi Napoleone Bonaparte.
Però i mirabili gioielli lì esposti, che costituiscono il pur magnifico relitto degli innumerevoli lavori di oreficeria della Corona di Francia, ancora parlano della gloria e dello splendore e quelli da sempre considerati i più importanti non sono stati rubati. Il mirabile Régent, il diamante di 140,64 carati è ancora lì, aureolato della sinistra fama che accompagna innumerevoli pietre preziose pervenute nelle regali raccolte emananti un fascino sinistro ed è meglio non sfruculiarle troppo. Scoperto fortunosamente in una miniera indiana alla fine del Seicento, venne trasportato in Inghilterra e tagliato a brillante con la prodigiosa tecnica veneziana.
All'inizio del Settecento era ancora considerato il più grande diamante del mondo. Durante la Rivoluzione fu ovviamente rubato e pare fosse stato poi utilizzato per finanziare la campagna d'Italia di Napoleone, che poi lo fece incastonare nell'elsa della sua spada quando fu incoronato Imperatore e così lo si vede nell'immane quadro di David (oggi al Louvre) che rappresentò da par suo l'apocalittica cerimonia.
Non così elevato appare invece il valore e il significato intrinseco degli altri gioielli rubati. Nessuno si direbbe un pezzo di strepitosa ed eccelsa qualità e bellezza ma molto interessanti sono le personalità cui si riferiscono, tutte collegate all'epopea napoleonica ma da ben diverse posizioni.
Alcuni gioielli vengono dall'eredità di Maria Amalia di Borbone, la moglie di Luigi Filippo che regnò dal 1830 al 1848. Magnifica figura di donna dalla vita in verità semplice e austera che non ebbe particolari propensioni e interessi nel campo dell'abbigliamento e dell'ostentazione della ricchezza dei monili, tanto che una celebre fotografia di Antoine Claudet scattata poco prima della morte avvenuta nel 1866 sembra rappresentare una specie di Madre Teresa di Calcutta ante litteram piuttosto che una regina.
Nel furto, però, ci sono anche alcuni pezzi appartenuti a Hortense de Beauharnais, la figlia di Joséphine ma non di Napoleone, che divenne poi moglie di suo fratello minore Luigi Bonaparte, re dei Paesi Bassi. Donna piena di fervore e di spirito artistico (fu musicista di merito), a lei appartenne il diamante Ortensia: una meraviglia che fa parte della raccolta del Louvre ma che non risulta rubato, mentre rubate risultano altre belle cose come un diadema, una collana di zaffiri, orecchini di buona fattura ma non particolarmente significativi.
Ancora il furto annovera pochi pezzi appartenuti a Maria Luisa d'Austria, moglie di Napoleone dopo Joséphine, quella che si rifiutò di seguirlo nell'esilio. Fu duchessa di Parma e Piacenza e come tale degna e solerte amministratrice ma non rifulse certamente nella passione e il gusto per i gioielli. Per non parlare poi dell'altra insigne proprietaria di pochi dei gioielli rubati e cioè l'ultima Regina di Francia, morta nel 1920: l'Imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III. Protagonista di turbinose vicende che la costrinsero in un momento cruciale a vendere gran parte dei suoi gioielli per far fronte a disastrose situazioni finanziarie. [...]
la rapina al louvre 1
la rapina al louvre 2
rapina al louvre 3
ladro in azione al louvre
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furto al louvre 2
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Napoleone