
“IN UN MONDO IN CUI TUTTI POSSONO ESSERE CELEBRI, NESSUNO LO È DAVVERO” - LO SCRITTORE TOMMASO PINCIO ANALIZZA LA TRISTISSIMA FINE DELL’UOMO CONTEMPORANEO INCOLLATO ALLO SMARTPHONE: “NEL NOSTRO MONDO, PROPRIO PERCHÉ TUTTI SIAMO IMMAGINE, DISPONIAMO DI UN'ENORME QUANTITÀ DI INFORMAZIONI CHE CI INDUCONO A VEDERCI PIÙ DIVERSI DAGLI ALTRI DI QUANTO SIAMO. IL CHE CI PORTA A SCANSARE LA FRATTURA, A CERCARE RICOMPOSIZIONE, CONSENSO, ACCETTAZIONE. È UNA RIVOLUZIONE COPERNICANA, PER CUI, ANCHE SE CI SENTIAMO SOLI VOGLIAMO ESSERE COME LORO, COME TUTTI…”
Estratto dell’articolo di Tommaso Pincio per “la Stampa”
[…] una buona parte dell'umanità controlla uno schermo ogni quindici minuti circa, trascorrendo oltre due ore al giorno a scorrere contenuti disparati, perlopiù effimeri e insulsi, selezionati da algoritmi pensati per tenerci agganciati. […]
Ogni secondo, su questo pianeta, c'è qualcuno che parla a uno schermo pur non avendo nessuno davanti, tranne la propria immagine riflessa. Poi posta quel monologo su uno o più social, dove altre persone lo guardano, lo giudicano, lo commentano.
L'inizio di questo mondo nuovo ha una data precisa: il 7 giugno 2010, quando Steve Jobs presentò l'iPhone 4 e la novità che avrebbe cambiato i social network appena nati: l'introduzione della fotocamera anteriore. L'obiettivo del telefono non era più soltanto un prolungamento dell'occhio, ma poteva ribaltarsi e diventare uno specchio.
Quando si parla della fotocamera anteriore si cita spesso il selfie. I più avveduti le imputano la fine della fotografia come rappresentazione della realtà e la sua trasformazione in post-fotografia.
Che la realtà sia diventata modificabile ovvero instagrammabile – come si sente dire – è una rivoluzione copernicana: stravolge il valore della verità, e quindi il senso dell'esistere.
Ciò che davvero controlliamo ogni quindici minuti è un dispositivo che è insieme schermo e specchio. Pensare che il telefono diventi specchio solo quando azioniamo la fotocamera anteriore è illusione. Quello specchio è sempre presente, come un fantasma in una casa infestata. Si manifesta in forme che trascendono la fotografia. Si manifesta nella matematica, negli algoritmi che ci profilano in base all'uso che facciamo del nostro schermo-specchio.
Algoritmi che ci propongono contenuti sempre più simili a noi, o meglio, all'idea migliore che abbiamo di noi. Perché anche loro, in fondo, sono un filtro bellezza.
Torniamo […] a uomini e donne comuni del passato, persone non in conflitto radicale con la società come Travis. Immaginiamoli guardarsi allo specchio ogni quindici minuti, come oggi. Non è forse folle, oltre che insensato guardarsi allo specchio con una simile frequenza?
Per una coincidenza forse non casuale, quindici minuti sono esattamente la durata della celebrità diffusa profetizzata da Andy Warhol […] «Nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti». Aveva ragione? Sì e no. La celebrità oggi è alla portata di chiunque, ma in un mondo in cui tutti possono essere celebri, nessuno lo è davvero.
Un tempo essere famosi significava diventare immagine. E se c'è una cosa che ci distingue dagli esseri umani del passato è che solo una minoranza dei nostri antenati diventava immagine, e solo in rare occasioni. La natura non ci ha dotati di un occhio ribaltabile. Per millenni gli esseri umani non hanno avuto immagini di sé. Potevano solo immaginarsi, ovvero pensarsi simili agli altri. […]
C'è una frase nelle Memorie del sottosuolo di Dostoevskij che esprime bene questa frattura: «Io sono solo, loro sono tutti». Nel nostro mondo, proprio perché tutti siamo immagine, disponiamo di un'enorme quantità di informazioni che ci inducono a vederci più diversi dagli altri di quanto siamo.
Il che […] Ci porta a scansare la frattura, a cercare ricomposizione, consenso, accettazione. Che sia un bene o un male è questione oziosa.
Biasimare il proprio tempo non ha mai prodotto grandi risultati. È tuttavia certo ed essenziale avere consapevolezza di questa rivoluzione copernicana, per cui, anche se ci sentiamo soli […] vogliamo essere come loro, come tutti.