filippo turetta

“NEI RAGAZZI È CAMBIATO IL MODO DI GESTIRE LA FINE DELLA RELAZIONE” - LO PSICOTERAPEUTA PIETROPOLLI CHARMET: “IN PASSATO SUSCITAVA DEPRESSIONE, ORA PREVALE LA VIOLENZA. I RAGAZZI SPESSO SONO TROPPO COCCOLATI, SORVEGLIATI. MA QUESTO NON VUOLE DIRE CHE SIANO CAPITI” - MASSIMO RECALCATI: “SUBIRE IL RIFIUTO DI UNA RAGAZZA SIGNIFICA RICONOSCERE I PROPRI LIMITI. IL RICORSO ALLA VIOLENZA SOSTITUISCE LA DOLOROSA CONSTATAZIONE DELLA PROPRIA INSUFFICIENZA. È UNA TENDENZA DEL NOSTRO TEMPO: RIFIUTARE L’OSTACOLO, LA PERDITA, IL FALLIMENTO, IL DOLORE

Gustavo Pietropolli Charmet

1 - «I FIGLI SORVEGLIATI E SPESSO COCCOLATI MA LA SFIDA È CAPIRLI»

Estratto dell’articolo di Alfio Sciacca per il “Corriere della Sera”

 

Si tiene alla larga dagli «aspetti sociologici» di molte analisi e preferisce restare concentrato sull’individuo. Sul carnefice, sul «mostro», che potrebbe nascondersi in ognuna delle nostre case. Un’analisi che ha quasi una dimensione onirica in cui poteva anche esserci un finale diverso, se Filippo avesse trovato sulla sua strada «qualcuno in grado di trasformare la sua rabbia e la voglia di vendetta “solo” in parole di morte». […]

filippo turetta giulia cecchettin

 

Professore Gustavo Pietropolli Charmet, chi è Filippo?

«Uno stalker che uccide chi l’ha abbandonato. In questi soggetti, nella relazione, più che l’amore e la sessualità, prevale qualcosa di misterioso che tende a guarirli da un dolore inespresso […]. Ciò regala alla relazione un carattere irrinunciabile: una questione di vita o di morte».

 

Una «magia» che può portare ad uccidere?

«In una prima fase ci si accanisce in pedinamenti e agguati per riportare lei alla ragione. Se poi l’abbandono si concretizza, viene fuori non solo rabbia o malinconia, ma la disperazione di chi si sente definitivamente perduto. E, ai suoi occhi, la responsabile di ciò è la persona che aveva fatto il sortilegio e poi l’ha rotto. Scatta così un mix atroce di rabbia e voglia di punizione». […] «[…] Tipico di questi soggetti è proprio far sentire tutto il peso dell’assenza, arrivando persino alla minaccia del suicidio […]».

filippo turetta

 

Ci sono dei segnali premonitori da non sottovalutare?

«Non sempre. Per Filippo, però, non era normale che a 22 anni andasse a letto con un orsacchiotto per compensare la perdita del calore della persona desiderata. […]».

 

I genitori avevano già appuntamento con uno psicologo. Avevano colto qualcosa? «Probabile. E non solo per l’orsacchiotto. Ci saranno state altre manifestazioni di sofferenza eccedente il normale lutto amoroso. […]».

la macchina di filippo turetta

 

[…] i ragazzi, fanno fatica ad accettare di essere aiutati?

«No. […] Solo una tipologia di soggetti, che va verso l’antisocialità e ha tratti delinquenziali, rifiuta di aprirsi».

 

Se Filippo avesse potuto raccontare quello che covava dentro si poteva evitare questo tragico epilogo?

«Penso di sì. […] se si riesce a far venire fuori fantasie e rabbia, trasformandole in parole e in narrazione, può servire a impedire che diventino invece azioni».

massimo recalcati

 

Casi del genere, anche senza arrivare ad uccidere, sono in crescita?

«Sì. Soprattutto i giovani maschi prendono molto male la delusione amorosa. Nei ragazzi è cambiato il modo di gestire la fine della relazione. Se in passato suscitava sentimenti che portavano alla depressione, ora invece prevale la reazione violenta». […] «[…] Oggi nei ragazzi c’è tanto disagio, sofferenza, solitudine. […] Spesso i ragazzi sono troppo ascoltati, coccolati, curati, sorvegliati. Ma questo non vuole dire che siano conosciuti e capiti».

 

2 - RECALCATI “QUEI RAGAZZI COSÌ PIENI DI NARCISISMO DA NON TOLLERARE UN RIFIUTO”

Estratto dell’articolo di Maria Novella De Luca per “la Repubblica”

 

Professore, per cercare di capire cosa può aver armato la mano di Filippo Turetta, abbiamo molto citato in questi giorni il “retaggio del patriarcato”. O sarebbe più giusto parlare di quella ferita narcisistica che spesso lei ha chiamato in causa per descrivere il malessere dei nostri adolescenti e post adolescenti?

LA RICOSTRUZIONE DELL OMICIDIO DI GIULIA CECCHETTIN

«Il mito del nostro tempo è quello del successo individuale. Si tratta di un nuovo imperativo che rende impossibile l’esperienza del fallimento. […] vero e proprio culto della prestazione e del perfettismo. Subire il rifiuto di una ragazza significa riconoscere i propri limiti, che non si può essere tutto né avere tutto. Significa accettare una sconfitta delle proprie aspirazioni. Per questo a volte il ricorso alla violenza sostituisce la dolorosa constatazione della propria insufficienza. È una tendenza del nostro tempo: rifiutare l’ostacolo, la perdita, il fallimento, il dolore».

FILIPPO TURETTA

 

Possiamo provare a spiegare che cosa intendiamo quando parliamo del narcisismo di questa generazione? È davvero il loro malessere?

«Il narcisismo dei figli è sempre un prodotto di quello dei genitori. Oggi una delle angosce più diffuse tra i genitori è quella di tutelare i loro figli proprio dal rischio del fallimento e della caduta. Questo non aiuta i figli ad assumere la responsabilità delle loro parole e delle loro azioni. E, soprattutto, a comprendere che è proprio attraverso la caduta e il fallimento che la vita dei nostri figli acquista una forma effettiva. Sono gli adulti responsabili di non trasmettere ai figli il senso della legge, ovvero che non si può essere tutto, avere tutto, sapere tutto, fare tutto…».

 

Quanto lo specchio dei social influisce nello spingerli al confronto esasperato provocando anche depressioni e frustrazioni?

FILIPPO TURETTA

«Il mondo social nei suoi aspetti più patologici esalta il perfettismo e il principio di prestazione. […] È una virtualità narcisistica dove tutto deve apparire ideale».

 

[…] «[…] Da sempre gli uomini che odiano le donne sono uomini che non sopportano la loro libertà. […] Per questa generazione specifica di maschi il problema si è complicato […] perché riconoscere di non essere tutto per l’altro è una ferita narcisistica insopportabile. Ma non dobbiamo dimenticare che al fondo di ogni narcisista c’è il buio della depressione. […]». […]

 

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