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“LA FONTE DELLO SCOOP DI D’AVANZO SU BERLUSCONI? FU GIANNI DE GENNARO” – ILDA BOCCASSINI RIVELA AI PM CIO’ CHE GLI CONFIDO’ NEL 2011 IL GIORNALISTA DI “REPUBBLICA”, PRIMA DI MORIRE: A DARGLI LA NOTIZIA DEL CONTENUTO DEL VERBALE DEL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA, SALVATORE CANCEMI, IL 18 FEBBRAIO 1994 (QUELLO CON CUI CANGEMI SOSTENEVA CHE UN EMISSARIO DI BERLUSCONI, SIA PRIMA SIA DOPO LE STRAGI DI FALCONE E BORSELLINO NEL 1992, STESSE SCENDENDO PERIODICAMENTE DAL NORD PER CONSEGNARE AL BOSS PIERINO DI NAPOLI UNA DELLE RATE DEI 200 MILIONI DI LIRE L’ANNO PATTUITI TRAMITE DELL’UTRI), FU DE GENNARO – LA FUGA DI NOTIZIE, SECONDO IL GIP, “BRUCIÒ DI FATTO LE PRIME INDAGINI SUI PRESUNTI COLLEGAMENTI TRA COSA NOSTRA, MARCELLO DELL’UTRI E SILVIO BERLUSCONI”, E COSÌ “MISE AL RIPARO SILVIO BERLUSCONI DA POSSIBILI SVILUPPI INVESTIGATIVI” – L’IPOTESI DI “UNO SCAMBIO DI FAVORI AD ALTISSIMO LIVELLO ISTITUZIONALE” E LA SMENTITA DI DE GENNARO…

Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”

 

SILVIO BERLUSCONI STRINGE LA MANO A ILDA BOCCASSINI

«Deg…». Da queste iniziali di un nome morsicato tra le labbra — carpite in una intercettazione ambientale tramite un captatore informatico inoculato nel 2022 dalla Procura di Caltanissetta sul cellulare dell’ex procuratrice aggiunta milanese Ilda Boccassini, e nelle quali «il riferimento potrebbe essere a Gianni De Gennaro» — la Procura di Firenze trae «un indizio che sembra corroborare quanto poi riferito obtorto collo dalla stessa Boccassini» in un verbale inedito il 10 giugno 2024, allorché, per non essere condannata per «false dichiarazioni» nel primo silente interrogatorio del 14 dicembre 2021, si è rassegnata a fare il nome taciuto nel proprio libro La stanza numero 30:

SILVIO BERLUSCONI MARCELLO DELL'UTRI

 

e cioè il nome, fattole nel 2011 in via confidenziale dal giornalista Giuseppe D’Avanzo morto dopo pochi giorni per un infarto in bici, della «fonte» istituzionale dello scoop giornalistico del 21 marzo 1994 sull’allora super segreto verbale reso a Boccassini dal collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi il 18 febbraio 1994 negli uffici del Ros di Roma, circa il fatto che un emissario di Berlusconi, sia prima sia dopo le stragi di Falcone e Borsellino nel 1992, stesse scendendo periodicamente dal Nord per consegnare al boss Pierino Di Napoli una delle rate dei 200 milioni di lire l’anno pattuiti tramite Dell’Utri.

GIOVANNI FALCONE GIANNI DE GENNARO

 

Fuga di notizie che, secondo il gip nisseno Santi Bologna, «bruciò di fatto le prime indagini sui presunti collegamenti tra Cosa Nostra, Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi», e così «mise al riparo Silvio Berlusconi da possibili sviluppi investigativi». Un nome spiazzante, perché De Gennaro, allora direttore della Dia-Direzione investigativa antimafia, con governi di ogni colore è stato capo della Polizia, direttore del Dis-Dipartimento e sottosegretario del governo con delega ai servizi segreti, presidente di Finmeccanica, e da luglio 2023 del consorzio Eurolink (gruppo Webuild) per il ponte di Messina.

 

ilda boccassini berlusconi

Boccassini, in pensione dal 2019, nel libro racconta che nel 1994 non conosceva ancora D’Avanzo, di cui in seguito diventò estimatrice e amica di famiglia. E in questo rapporto di reciproca fiducia scrive di avergli per anni chiesto tante volte il nome di chi, disvelando le rivelazioni di Cancemi (pubblicate da Repubblica il 21 marzo 1994 a una settimana dalle elezioni vinte da Berlusconi), aveva bruciato i pedinamenti di Di Napoli delegati in parte alla Dia e in parte al Ros dei carabinieri dell’allora vicecomandante Mario Mori.

 

DELLUTRI, BERLUSCONI

Pedinamenti che potevano riscontrare o smentire in diretta il racconto un mese prima alla pm Boccassini dal reggente del mandamento di Porta Nuova. «Proprio pochi giorni prima della sua morte improvvisa il 30 luglio 2011, alla mia ennesima sollecitazione — scriveva Boccassini nel libro del 2021 — finalmente D’Avanzo mi raccontò cos’era avvenuto 17 anni prima. Non c’è dubbio che la persona che si era rivolta a Peppe era consapevole del danno che sarebbe derivato alle indagini, né ho mai dubitato della genuinità del racconto di D’Avanzo […]».

 

ILDA BOCCASSINI LA STANZA NUMERO 30

Boccassini, per non tradire la confidenza del giornalista, non fa quel nome ai pm di Firenze e Caltanissetta che la convocano come teste il 14 dicembre 2021, e di cui si intuisce il dubbio che il nome taciuto nel libro potesse essere Mori, assolto nei processi sulla trattativa Stato-mafia e sulla mancata perquisizione del covo di Riina, ma attualmente di nuovo indagato a Firenze per le ipotesi di strage e associazione mafiosa: in realtà già pochi giorni dopo, il 20 dicembre 2021, il collega di D’Avanzo nello scoop del 1994, Attilio Bolzoni, pur opponendo il segreto professionale sulla fonte, con grande lealtà (nonostante le aspre tensioni avute con Mori) testimonia che «si trattò di investigatori diversi dai comandanti Ros».

 

Ma il silenzio sul nome si traduce per Boccassini in «false dichiarazioni al pm», reato su cui infatti il 28 aprile 2024 riceve l’avviso di conclusione delle indagini. Da qui la scelta, in un secondo interrogatorio il 10 giugno 2024 ai pm fiorentini Tescaroli e Turco, di guadagnarsi (nell’archiviazione firmata il 19 luglio dalla gip Antonella Zatini) una sopravvenuta causa di non punibilità costituita dalla ritrattazione: «Sì, non avendo altre alternative farò quel nome. Fu un dialogo brevissimo dove, dopo varie insistenze che io nel corso degli anni avevo già fatto al giornalista Peppe D’Avanzo, lui, proprio nel momento in cui stava per andare via da casa mia, mi disse... Fece un nome secco...

gianni de gennaro a villa taverna per la festa dell indipendenza usa

ehm... del prefetto Gianni De Gennaro».

 

E lei non gli chiese di più? «No, rimasi un po’ stordita da questo nome… Dopodiché, chi poteva immaginare che dopo pochi giorni una persona di 50 anni morisse durante una corsa in bicicletta? L’unico dato è che… sì, fu fatto quel nome, così, senza ghirigori, senza aggiunte, senza niente».

 

Fine dei colpi di scena? No, perché dieci giorni dopo, il 20 giugno 2024, Firenze riceve atti dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca. Emerge così che nel 2022 l’ufficio nisseno, convocando come teste l’ex pm, con un trojan sul cellulare di Boccassini ne aveva intercettato in particolare due conversazioni per strada il pomeriggio del 4 e la mattina del 5 aprile 2022 con un giornalista in pensione amico sia suo sia di D’Avanzo.

 

In esse Boccassini ipotizzava la ragione della convocazione: «Immagino sarà sulla stessa cosa del libro… di Firenze… il fatto di Peppe… la fonte… Non vedo altra cosa se non il solito… quattro righe… su Deg…».

 

ilda boccassini

Inoltre Caltanissetta trasmette a Firenze anche una archiviazione — fatta il 25 settembre 2023 (un anno prima che Boccassini a Firenze facesse il nome di De Gennaro) di un fascicolo a ignoti iscritto nel 2021 — nella quale il gip nisseno Bologna ragiona se la fuga di notizie nel 1994 sul verbale di Cancemi sia stata «uno scambio di favori ad altissimo livello istituzionale — comunque grave, ma riconducibile ad una logica privatistica di scambio di reciproci vantaggi —, o una manifestazione di quella continuativa cabina di regia volta ad inquinare tutti i filoni buoni che avrebbero potuto sbrogliare la complessa matassa della strategia stragista».

 

A quel punto a Firenze il pm Tescaroli convoca come teste l’allora vicedirettore della Dia.

E De Gennaro, manifestando dolore per essere accostato alla fuga di notizie, nega di esserne stato l’origine, ma nel contempo non mette in dubbio quanto affermato da Boccassini e quanto confidatole da D’Avanzo, dei quali anzi testimonia serietà e correttezza, sperimentate negli anni in cui anch’egli ne era stato amico.

 

Silvio Berlusconi con Marcello DellUtri Foto di Alberto Roveri

Due facce che in una stessa medaglia di ricostruzione storica possono conciliarsi — nell’ipotesi che De Gennaro prospetta alla Procura di Firenze — solo con l’eventualità che in quel 1994 il giornalista fosse stato indotto in errore da chi, a conoscenza nella Dia di una delega di indagini su Cancemi che come destinatario non aveva direttamente De Gennaro ma appunto gli uffici della Dia, avrebbe veicolato il segreto facendo falsamente intendere di farlo col placet di De Gennaro.

giuseppe davanzo

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