MENO PAUSA MEGLIO È - CELENTANO IERI SERA HA CONFERMATO A 74 ANNI DI ESSERE L’UNICO DE’ NOANTRI CHE SA CANTARE ROCK - PECCATO DOVER PAGARE LO SCOTTO DELL'ECONOMY - FARE UNA DOMANDA A FITOUSSI È TANTO COMPLICATO? E PERCHÉ L'ECONOMISTA FRANCESE SEMBRA UNO DI “POMERIGGIO CINQUE”? MAH. ERA COSÌ NOIOSO CHE IL PUBBLICO HA COMINCIATO A INFASTIDIRSI. CANTA, ADRIANO, CANTA!...

1 - DA SVALUTATION ALL'UOMO LIBERO UN TRAVOLGENTE CANTANTE NAÏF...
Mario Luzzatto Fegiz per il "Corriere della Sera"

Com'è cambiato Adriano Celentano da quella tournée del 1994 partita da Cava dei Tirreni: biglietti troppo cari, sprechi ed eccessi, un cachet per l'epoca esorbitante (1 miliardo di lire) e alla fine un deficit, di un miliardo e 800 milioni, solo per la parte italiana del tour, che mandò in malora l'organizzatore Enrico Rovelli. A Cava dei Tirreni Celentano si aspettava ventimila spettatori, ne arrivarono cinquemila.

Celentano allora scontava un decennio di scarsa sintonia con la grande platea: le folle lo percepivano come un personaggio poco decifrabile, profeta, predicatore, ecologo, teso soprattutto a rimpiangere la vecchia Italia dell'oratorio e del bar. Inoltre, in quel decennio, non era riuscito a sfornare canzoni in grado di entrare nella coscienza collettiva (come del resto era accaduto a suoi pari quali Mina e Battisti). Album come «Deus», «La pubblica ottusità», «L'artigiano», «Uh Uh» e «Il re degli ignoranti» erano stati dei flop.

Oggi le cose sono molto cambiate per Celentano: l'alleanza con Mogol e la cooptazione di nuovi autori l'hanno rilanciato alla grande. Il marketing, con i biglietti delle gradinate quasi regalati, si è rivelato geniale: ventitremila posti venduti in 127 minuti. Era l'11 luglio, quando allo show mancavano ancora tre mesi. E poi il Celentano di oggi ha idee precise su come costruire uno show (e impiega settimane di prove estenuanti per dar forma alle sue idee).

Pur potendo attingere a un repertorio di canzoni sempreverdi e a buone canzoni recenti ha preferito organizzare le canzoni intorno a un pensiero. Chi si aspettava un greatest hit dei suoi grandi successi è rimasto deluso. Lui ha fatto una scelta tematica, non qualitativa, aprendo con «Svalutation», continuando con la bellissima ma amara «Si è spento il sole» e, più avanti «La cumbia di chi cambia», tormentone efficace nel ritornello e metrica delirante nell'inciso.

A parentesi romantiche come «L'emozione non ha voce» (omaggio a Gianni Bella e Mogol) ha contrapposto una canzone di Fossati che potrebbe essere il suo manifesto, «Io sono un uomo libero», alla intramontabile «Pregherò» ha contrapposto «L'Artigiano», che avrà un testo un po' naif, però sembra scritta ieri: «Il ministro dei soldi degli altri ora sta parlando in tv, dice che ancora non basta bisogna pagare di piu».

Celentano ieri sera è stato travolgente quando ha fatto il suo mestiere, facendo il rock and roll o duettando con Gianni Morandi in una rilettura di «Scende la pioggia» e «Ti penso e cambia il mondo». Peccato dover pagare lo scotto dell'economy...di certi suoi monologhi o il nuovo gioco del pesce nell'acquario col microfono spento.

2 - SERMONI E SILENZI: ALL'APERTO SI PERDE L'EFFETTO METAFISICO...
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

Dopo «Rockpolitik» ecco «RockEconomy», lo show della crisi, la canzone nell'era Monti. Nel tempio dell'opera lirica per turisti, Adriano Celentano esordisce con l'eterna «Svalutation». E poi via al revivalismo più spinto: per dire, c'erano ancora le lucciole quando usciva «Si è spento il sole». E poi ancora Jovanotti e Fossati, ma solo con «Pregherò» (cover parrocchiale di «Stand by me») ci mette il cuore.

La rivoluzione di iTunes e la pirateria non solo hanno rivoltato come un guanto l'industria discografica, ma hanno anche costretto monumenti come Celentano a scendere dal cavallo di bronzo e a misurarsi di nuovo con i concerti dal vivo, 18 anni dopo. Con lo stesso Clan di Sanremo, ormai esonerato dal festival: Gianmarco Mazzi, Lucio Presta, Gianni Morandi. Celentano ha però bisogno del pubblico generalista della tv: l'ideale, per età e nostalgia, sarebbe stato quello di Raiuno, ma dopo il diniego di Viale Mazzini è subentrata Mediaset, che pur di avere il Molleggiato sopporta persino i sermoni sulla decrescita.

Niente da fare: la crescita non gli va proprio giù, sembra il meteorologo di Fazio. Però s'interrompe perché forse il gobbo non funziona e addio predicozzo. Il live porta inevitabilmente a qualche errore e sbavatura (così difficile una dedica a Gianni Bella?), che sembrano persino sceneggiati apposta, in uno spettacolo di coreografie con decine di coristi e figuranti, a richiamare quei mutismi e quelle lunghe pause (se potesse il marketing Mediaset le riempirebbe con decine di spot) che un'apertura affidata alla sola musica rischiava di trascurare.

Anche questo può essere rassicurante, in qualche modo: è sempre lui. Bravo a cantare, meno a sermoneggiare. Sovrumani silenzi e profondissima quiete, al solito, ma con il pubblico vociante e urlante dell'Arena sono decisamente meno solenni e maestosi che nel chiuso di uno studio tv... E l'effetto metafisico si perde. Lo spettacolo tv, pur estremamente curato, non si stacca più di tanto dai canoni del concerto ripreso per il piccolo schermo (o per un dvd): i primi piani intensi, il palco, le riprese dall'alto sul pubblico, i vip (o presunti tali) che ascoltano il concerto, lo sguardo d'insieme sull'Arena.

Se non fosse per la grande scenografia, a metà fra Hugo Cabret e Lady Gaga, lo scrittoio e altri innesti che richiamano le serate Rai, sembrerebbe quasi la finale del mai troppo rimpianto Festivalbar. Dopo lunghe pause e «Il ragazzo della via Gluck», quattro amici al bar (che volevano cambiare il mondo, secondo Gino Paoli) commentano l'economia mondiale. Ma fare una domanda a Jean-Paul Fitoussi è tanto complicato? E perché l'economista francese sembra uno di «Pomeriggio Cinque»? Mah. Era così noioso che il pubblico ha cominciato a infastidirsi. Canta, Adriano, canta!

3 - CELENTANO CANTA MOLTO E PREDICA POCO...
Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

L'ex ragazzo anche senza divisa è comunque un soldato. Non mostra più il lato B come all'epoca in cui era già un divo e per farlo approdare a Sanremo servì la firma del ministro della Difesa Andreotti. Non si gira perché rifiuta di dare le spalle all'esistenza, le rughe insegnano e il disco della sua vita va ascoltato tutto. A 50 anni dai 24 mila baci nella città dei fiori, con le stesse spine di ieri e la carezza ancora stretta nel pugno, lo aspettano al varco. L'eterogenea corte marziale evocata con concitazione da Claudia Mori: "Giornali e Chiesa" è pronta a condannare senza appello. Costi, contenuti e ambiti artistici. Celentano, come sempre, se ne infischia.

Arena di Verona. Rockeconomy Un programma tutto suo. Ospita Mediaset. Se alla Rai le strategie aziendali coincidono con il timore della propria ombra, il filo rosso di Adriano arrotolato tra deriva mistica e mistero, restituisce il solito insopportabile, incodificabile accentratore di sempre. Organizza lui. Decide lui. Si chiama talento.

Quello che apre con "Svalutation" è lo stesso Celentano che prima di accettare il Festival sventolava ironiche pretese: "Devo fare il presentatore, il regista, il concorrente e la giuria", che si sposa di notte, ha paura di volare, ripara orologi di giorno e con il tempo, gioca a dadi. Così a 74 anni, ritrovarsi in un'Arena distante da quella in cui correva da ala destra sognando l'ingaggio dell'Inter, fa uno strano effetto. Lo annulla cantando, non senza emozione, giocando con il barista nel cuore della scenografia (un pezzo di via Gluck, un anfratto di memoria), dedicando testi a Mogol e Fossati.

La costruzione di un amore richiede fede. Anagraficamente, Adriano sarebbe vecchio, ma avendo anticipato la contemporaneità da un un quarantennio, lo aspettano cori, striscioni adolescenziali dalla rima facile ("Nella tana del re", "forte più di te/ non si sa chi c'è", "Adri 6 rock"), ragazzine dal credo monolitico e meno teste bianche del previsto. Il signore che si stupisce di avercela fatta, al sermone preferisce le canzoni. In ognuna c'è un triste Tango di presente, una traccia personale, un sole che si spegne, un riverbero di energia da opporre all'orrore.

La sensazione che tra uno studio tv e una clausura brianzola, l'istante sia stato rimandato troppo a lungo. Per il vasto mondo che avrebbe voluto salutare il suo ritorno dal vivo a 18 anni dall'ultima volta, L'Arena non basta. 23.000 biglietti bruciati in 2 ore. Avvenirismo tecnologico. 500.000 richieste. Domani, forse, accadrà. Tra le rovine urlano, fotografano e pregano. Sull'altare, Celentano il domatore, quello che a tavola lasciava un posto libero per "Gesù" è suo agio. Sventola la fierezza di un primato non solo musicale e con le fiere in basso, che ne seguono le orme, non usa lo scudiscio.

Canta pezzi magnifici, duetta con Morandi dando briglia alla gag, lascia intonare ad altri le prefiche sulla deriva contemporanea, sull'antropologia dominante del denaro e sulla diseguaglianza. Fa leggere Rikfin e Latouche, offre voce alle apparenti contraddizioni di Fitoussi, dialoga con Stella e Rizzo. Sullo sfondo devastazioni ambientali, città in fiamme, l'antica poetica di Adriano, il pasto nudo dell'Italia decadente. E poco importa se da Bocca, Celentano si era sentito definire "cretino di talento".

Solo i cretini non cambiano idea. E Adriano l'ossimoro, il furbo e l'idealista, il generoso e l'egocentrico, ne ha attraversate un'infinità senza mai smettere di essere curioso. Dividendo. Irritando. Conquistando. Sparigliando schemi e appartenenze. Quando bloccò l'Italia davanti al padre putativo di questa sera strana e profonda, Rockpolitik, piacque a Giuliano Ferrara: "È un vero, grande maestro" e allarmò uno che la Milano di ringhiera descritta da Adriano la conosceva bene, Gianni Mura: "Se Celentano tutela la nostra libertà, meglio chiedere asilo a Lugano".

Da giocatore di poker, Adriano sa quando bluffare e Verona non meritava carte sotto il tavolo. Il re è rimasto un artigiano: "Il ministro del soldi degli altri ora sta parlando in tv/ dice che ancora non basta, bisogna pagare di piu'". Come disse un giorno: "L'universo si divide tra chi sa e chi non sa. Lo sa". Scusate l'ignoranza.

 

 

FITOUSSI E ADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO FITOUSSI GIAN ANTONIO STELLA SERGIO RIZZO IN ROCK ECONOMY jpegADRIANO CELENTANO E GIANNI MORANDI IN ROCK ECONOMY jpeg

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