bob dylan

DYLANIATI DA UN NOBEL! TORNA BOB DYLAN CON “SHADOW KINGDOM”, ALBUM DI RIMASTICATURE, REMAKE/REMODEL DI PEZZI STAGIONATISSIMI, PESCATI NEL REPERTORIO ANNI 60 – "IL FOGLIO": “DAVVERO PENSATE SIA DI PARTICOLARE INTERESSE PER UN UOMO CHE SCRIVE CANZONI DA QUASI SETTANT'ANNI, SFORZARSI A SCRIVERNE DI NUOVE, COME SE NON AVESSE GIÀ ESPRESSO LA PROPRIA VISIONE? NEL COMPLESSO UN'ALTRA OPERAZIONE GENIALE, CHE TIENE CONTO DELL'ASPETTO COMMERCIALE"

 

Estratto dell'articolo di Stefano Pistolini per Il Foglio

 

BOB DYLAN 6

Torna Bob Dylan con un nuovo album, “Shadow Kingdom”. Inizialmente, si direbbe, atmosfere un po' alla “Blood on the Tracks”, ma senza più blood , sangue, urgenza. Piuttosto un bancone del bar da una parte della stanza, certamente rivestita di legno, e al posto dell'ossessione che da sempre lo perseguita – “da dove viene questo nostro suono?

 

Cosa c'è prima di lui, prima della sua generazione? – un concept meno ansioso e più sofisticato: cosa si può fare con una canzone?

 

Dati i parametri essenziali – un testo che dica qualcosa, una melodia aggraziata, un paio di trucchi identitari, soprattutto l'adesione a un canone riconoscibile – cosa permette di fare una buona tecnica del montaggio? Moltissimo di sicuro, quasi all'infinito, è la risposta, ovvero si può rieditare il pezzo in una quantità sbalorditiva di varianti, ottenendone versioni diverse che alla fine cosa sono? Riletture, rimastecature, ripensamenti? Ma no, cosa volete gliene freghi a Dylan, a 83 anni e a 60 dalla stesura di quel pezzo, di esplorarne le “versioni”. Lui vuole ricavarne il gusto di un'indagine più esoterica, diretta all'essenza originale di quella scrittura, all'atto stesso d'aver creato quel mondo, come stesse aggirandosi tra le pagine più stropicciate del dizionario d'uno scrittore.

BOB DYLAN 56

 

(...)

Ed ecco che le canzoni si riconfigurano, si modificano, assumendo fogge differenti, s'adattano al tempo e allo spazio, senza mai smettere di contenere, di portare dentro la volontà dell'artista e dunque la sua personalità, per quanto costellata di dubbi. modellandola, giocandoci, plasmandola come morbida creta. Ed ecco che le canzoni si riconfigurano, si modificano, assumendo fogge differenti, s'adattano al tempo e allo spazio, senza mai smettere di contenere, di portare dentro la volontà dell'artista e dunque la sua personalità, per quanto costellata di dubbi.

 

Diciamo che questa è una possibile premessa di ascolto di “Shadow Kingdom”, per predisporvi a 53 minuti di rivisitazione dylaniana con piccola compagnia cantante (non gli ultimi venuti: pochi ma buoni, tra gli altri Don Was al basso e T-Bone Burnette alla chitarra e rigorosamente niente batteria e percussioni, che hanno solo l'effetto di rintronarti).

 

BOB DYLAN 6

Aggiungendo una postilla: davvero pensate sia di particolare interesse per un uomo che scrive canzoni da quasi settant'anni, sforzarsi a scriverne di nuove, come se non avesse già interamente espresso la propria visione, il suo campionario, le necessità? No, certo che non lo penso. E allora concediamoci serenamente l'ascolto di “Shadow Kingdom”, progetto che nasce in tempo di post-pandemia come laboratorio di restauro, remake/remodel, di pezzi stagionatissimi, quasi tutti pescati nel repertorio anni 60 (fanno eccezione “Forever Young” del '73 e “What Was It You Wanted” che viene da “Oh Mercy”, dell'89).

 

bob dylan 55

Del resto il sottotitolo del progetto è “The Early Songs of Bob Dylan”, originariamente prodotto ed eseguito a favore delle telecamere dirette da Alma Har'el in un fighettissimo b/ne con ambientazione boite di Marsiglia (un “Bon Bon Club” uscito chissà da quale recesso della fantasia del titolare), per uno streaming speciale che successivamente Dylan ha voluto evolvere in un album vero e proprio, per il quale i brani sono stati rifatti in studio. Suoni completamente trovati, tutti gli strumenti a corda, anche la chitarra elettrica amplificata il minimo indispensabile, molta fisarmonica e niente pianoforte. Bob in forma vocale smagliante, su quei timbri più vellutati, flautati, che rispolvera quando è nella fase “nightclub singer”. Una versione prodigiosa di “Tombstone Blues”, come una litania quasi a cappella, a parte qualche accordo aperto di chitarra, in cui riluce un'interpretazione strepitosa, e poi tanti rifacimenti in una veste che definimmo proto-rockabilly, con uno stile che gli esegeti del verbo dylaniano si sono affrettati a collocare all'imbocco degli anni Quaranta.

 

BOB DYLAN

Nel complesso un'altra operazione piuttosto geniale, capace anche di tener conto dell'aspetto commerciale, di cui il nostro mai si dimentica. Perciò si ascolta l'album e si ha la sensazione di affrontare una diversa esperienza dylaniana, che non è poco, vista la sterminata estensione della sua carriera. Perché Dylan sa ancora ritornare e sintetizzare, e tratta prodigiosamente le canzoni come strumenti della propria filosofia, la stessa espressa nel suo recente saggio “Filosofia della canzone moderna”, secondo il quale dobbiamo rifuggire dalla nostalgia, compresa quella evocata da certe melodie, legato a ricordi sostanziosi. Invece dobbiamo penetrare quelle note, afferrarle, metterle in ordine diverso, sentirle di nuovo pulsare di qualcosa che è il presente.

O almeno a lui piace fare così. E scusate se è poco.

BOB DYLAN AL Newport Folk Festival CON LA CHITARRA ELETTRICA bob dylan

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…