1. AL “BAR BITURICO” DEL CARO GIULIANO ZINCONE FA CAPOLINO LA “VEDOVA” PAOLO ISOTTA PER NARRARCI LA FAVOLA DEL CORRIERE DELLA SERA E DEL LUPO LICIO GELLI (P2) 2. A SMENTIRE L’INFEDELE RICOSTRUZIONE DEI FATTI DI ISOTTA PROVVEDE QUI L’EX DIRETTORE DEL QUOTIDIANO DELL’EPOCA, FRANCO DI BELLA, CON I SUOI DIARI (AUTENTICI) 3. UNA STECCA IMPERDONABILE PER IL BRAVO CRITICO MUSICALE DEL “CORRIERE DELLA SERA” CHE IL MITOLOGICO INDRO MONTANELLI MISE ALLA PORTA DE “IL GIORNALE” QUANDO SEPPE CHE STAVA BRIGANDO PER TRASFERIRISI, SPARTITO IN MANO, IN VIA SOLFERINO

KOLLODI per Dagospia

Al grande Gioacchino Rossini bastava una "nota della lavandaia" per comporre qualcosa di musicalmente apprezzabile.
Ma a qualche suo imitatore "narcisetto" d'oggidì, accade invece che la stessa nota da sciacqua panni (sporchi), magari attraversata dal venticello della calunnia, si trasformi pure nell'aria settecentesca del Galluppi "Oh che gran bel mestiere ch'è l'impostura!"
Già, "chi dispensa segreti (...) chi vende mercanzia/ Di falsa ipocrisia" (da "Il mondo della luna").

Allora disturba assai Dagospia, rimanendo nel campo del melodramma italiano, che al momento d'indossare le vesti della vedova inconsolata Ermellina, Paolino Isotta, abbracci una falsa verità nel ricordare il suo caro amico scomparso, Giuliano Zincone.
Certo, alte e nobili sono le finalità del maestro della critica musicale del "Corriere della Sera" nella lettera in difesa dell'onore ferito dell'amico Giuliano inviata l'altro giorno al direttore de "il Giornale", Alessandro Sallusti.

Una missiva forse cestinata in via Solferino. Non senza tuttavia una ragione giusta se il suo destino è stato la mancata pubblicazione. E lo capiremo più avanti. Un'esasperata "sonata a Zincone", quella composta dallo stupefacente Isotta. Per aggiungere, recita il testo, "alcune postille atte a ristabilire una verità storica".

Peccato per l'autore, e per la stessa memoria violata di Giuliano, che l'effetto finale della sua composizione non produca un'armonia perfetta, ma solo "grida e strepito" (J. S. Bach).
Già, "lasciate che ciarli" sembra annunciare spavaldo il nostro maestrello di corte, stavolta nelle vesti del Franchetto di Rocca Azzurra.

E, purtroppo, di vecchie e spesso infondate quanto infamanti "chiacchiere" si tratta a proposito dell'infedele ricostruzione isottiana del Corriere ai tempi agri della P2. Dimentico tra l'altro che il mitologico Indro Montanelli lo mise fuori dalla porta de "il Giornale" quando seppe che stava traslocando al Corrierone.

Il ciarliero Paolino, ahimè, torna soprattutto improvvido soprattutto sul mancato rientro del "suo" Zincone al "Corriere della Sera" dopo essere stato "prestato" (scrive Isotta) dalla Rizzoli e da "caro" Franco Di Bella alla direzione de "il Lavoro" di Genova.
Anche se Giuliano, puntigliosamente, ha sempre specificato, di essere stato un "inviato del Corriere distaccato al Lavoro".

Il suo, dunque, fu un lungo esilio "dalla firma" (direttore sott'accusa, il "malmostoso" Alberto Cavallari), perché in quei tre anni e mezzo di astinenza dal rapporto scritto con i lettori, Giuliano ha frequentato regolarmente l'ufficio romano di corrispondenza, incassando la piena solidarietà e l'amicizia di tanti colleghi.

Ma quella nomina a direttore, tanto per dirla "apertis verbis" a Isotta, non fu - a differenza di quanto da lui sostenuto -, un "favore" che la Rizzoli-P2 fece al socialista genovese Sandro Pertini.
Il capo di Stato di allora, tra l'altro, manteneva rapporti a dir poco gelidi con il Psi di Bettino Craxi.

Vabbè che a volte la storia, sosteneva Goethe, è una maniera di "sbarazzarsi del passato", ma stravolgerla, come fa Paolino, significa per lui rinchiudersi in un vicolo cieco. E noi, senza malizia, lo invitiamo dantescamente ad aprir "la mente a quel che io ora ti paleso..."


DAL DIARIO DI FRANCO DI BELLA: "CORRIERE SEGRETO", (RIZZOLI), POSSIAMO LEGGERE:
20 marzo 1979:
"Zincone è il nuovo direttore del "Lavoro" di Genova. Gaspare (Barbiellini Amidei ndr) ed io stimiamo molto Giuliano, specie per la sua onestà. Sono andato all'hotel Raphael a Roma con Angelo Rizzoli per un incontro con Craxi, Martelli e Zincone: i socialisti hanno ancora il 20% del giornale che fu diretto da Pertini. Speriamo che Giuliano non ci deluda...".

E ancora:
5 gennaio 1981
"...condanna a morte del giudice D'Urso da parte dei terroristi (...) Decidiamo l'indomani, Gaspare Barbiellini Amidei e io, di togliere il megafono ai brigatisti e di procedere al black-out. Valiani è d'accordo. Tassan Din decide di estendere l'invito ai direttori di giornali di tutto il Gruppo e avrà la reazione di Zincone, che dissente: darà le dimissioni e sarà sostituito nel giro di poche ore. Gaspare e io andiamo in televisione (...) annunciando il completo silenzio stampa sulle richieste dei terroristi...".

Ecco quanto annotava "il caro e grande Di Bella" che, sempre secondo Isotta, aveva "ingenuamente" aderito alla P2.
Come può Isotta, al tempo stesso, sostenere nella sua lettera-denuncia che la "linea della fermezza" nei confronti delle Br fu imposta soltanto dal Pci? Forse la Dc, il partito di maggioranza relativa, era per la trattativa?

O, forse, il "caro" Di Bella (in combutta con la P2) prendeva ordini sia da Botteghe Oscure sia da Gelli?

Tante, per non dire troppe, sono le "perle" (fasulle) che Ermellina-Isotta infila nella collanina confezionata per "il Giornale" su quegli anni piduisti in via Solferino.
Ma con l'accidia, il risentimento, il negazionismo storico, le verità adottate e le provvisorie tiratine moralistiche si resta sempre, sosteneva Jean Daniel, "in attesa della verità".
E al Bar Biturico, purtroppo, non c'è più seduto Giuliano Zincone, a ricordarcelo con l'immancabile sigaretta accesa e un buon bicchiere di vino ghiacciato.

 

 

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