FRANK ZAPPA RACCONTATO DAL FIGLIO DWEEZIL, A 20 ANNI DALLA SUA MORTE: “LA PRESUNTA TRASGRESSIVITÀ DI MIO PADRE AVEVA A CHE FARE SOLO CON UNA COSA: DIRE LA VERITÀ”

1. FRANK ZAPPA RACCONTATO DAL FIGLIO DWEEZIL A 20 ANNI DALLA SUA MORTE
Bruno Giurato per Lettera 43


È l'uomo-icona i cui baffi e capelli evocano sterminate capacità di sfottò. Ma dietro la faccia da mentula, si celava un totem controculturale. Frank Zappa, scomparso il 4 dicembre 1993, non era solo capace di trasformare qualsiasi fatto o racconto in rumori anche organici, turpiloquio, sberleffi. La sua immaginazione poteva pure tirare fuori orchestrazioni delicate con una preferenza per le armonie del modo lidio. Zappa, è stato scritto, tendeva a una sola, enorme nota, e usava tutti i mezzi e i generi per raggiungerla: rock, jazz, doo wop, contemporanea, blues.

DAL FETORE DI PIEDI ALL'ORIFIZIO DELL'ALIENO. Inventava sinfonie da spunti sordidi, dal fetore di piedi in Stinkfoot, all'urina canina in Don't eat the yellow snow, alla gonorrea in Why does it hurt when I pee, agli extraterrestri (resta il titolo evocativo Alien Orifice, l'orifizio dell'alieno).

La sua era una comicità post-umoristica, agganciata su un'identità musicale e sonora forte: un suo pezzo si riconosce dalla prima nota. Il cazzeggio zappiano, insomma, non è un un capitolo postmoderno.

È rabbia, critica, musicisti esasperati e intimoriti dalle parti impossibili da eseguire: dalla sua band provengono virtuosi come il chitarrista Steve Vai e il batterista Terry Bozzio.
Eccentricità, infine, non come birignao intellettuale, ma come 'vaffa' non populista. Di questa caratteristica in Italia si è accorto per primo Alberto Arbasino. Iin un suo reportage newyorkese del 1966 (ora raccolto in America Amore, Adelphi) raccontava entusiasta di un concerto di Zappa con i Mothers of invention, definendoli capaci di manipolare il valzer «con più sofisticazione addirittura di Ravel» ma allo stesso tempo «selvaggi, blasfemi, pornografici, allucinogenici».

RIPORTA SUL PALCO I PEZZI DEL PADRE. Nel ventennale della scomparsa di Zappa, celebrato da una serie di inziative in tutto il mondo (qui in Italia è uscita la biografia Freak Out di Pauline Butcher, che affianca il classico Frank Zappa for president, ovvero l'edizione dei testi commentati, di Michele Pizzi, entrambi pubblicati da Arcana), bisogna ricordare l'attività del figlio Dweezil, chitarrista, che con un'orchestra di nomi eccellenti è in tour per diffondere la musica del padre. Nome del progetto: Zappa plays Zappa.

«Abbiamo iniziato nel 2006 e abbiamo suonato in più di 500 spettacoli in tutto il mondo», racconta Dweezil a Lettera43.it. «Nell'insieme mi pare che abbiamo fatto un buon lavoro. Ora stiamo eseguendo Roxy and Elsewhere, classico di Zappa con le Mothers of invention, che ha compiuto 40 anni».

DOMANDA. Quando ha iniziato a suonare non amava molto la musica di suo padre, preferiva il rock duro, vero?
RISPOSTA. Mi piaceva la sua musica, ma non la conoscevo molto. Per un ragazzino alle prime armi è impossibile apprezzarla subito: troppo complicata. Ascoltavo l'hard rock perché era più popolare: Ozzy Osbourne, i Van Halen.

D. Zappa ha distrutto molti miti romantici del rock e del pop. La mentalità peace&love dei Beatles è stata da lui massacrata in canzoni come Oh no...
R. Nelle sue opere era capace di tutto, anche di irridere ferocemente. Non aveva confini musicali e poteva inglobare qualsiasi stile in qualsiasi momento. In più la sua attenta osservazione sociale lo portava a essere molto spesso sarcastico.

D. E questo, dal punto di vista ideologico, ne ha fatto un distruttore di qualsiasi forma di romanticismo: I cuori spezzati sono roba per stronzi, era il titolo di un suo pezzo.
R. Diciamo che non scriveva le tipiche canzoni d'amore. Non ne era interessato. Anzi, cercava di prenderle in giro. Ma un fan della sua musica capisce che l'intento non era solo di distruggere. C'era una differente prospettiva....

D. E allora chi era suo padre? Un rocker o uno strano tipo di compositore d'avanguardia?
R. Da ragazzino povero qual era ha cominciato come autodidatta. Andava a studiare in biblioteca con l'intento di diventare un compositore classico. Infatti tutta la sua musica è in sostanza orchestrale.

D. Però suonava con una band.
R. Per molto tempo ha lavorato con rock band perché è il modo più accessibile, economico e meno complicato per far sì che una musica sia suonata.

D. Era molto esigente coi suoi musicisti, a volte terrorizzante. Qual è il suo pezzo più difficile?
R. Uno dei più difficili per qualsiasi orchestra è Mo'n herb's vacation, richiede una concentrazione impressionante.

D. Qualcuno ha detto che la musica di Zappa è tutta cervello e niente cuore. Che ne pensa?
R. Chi lo dice non ha ascoltato le sue opere nel dovuto modo.

D. Ma ha registrato più di 70 album...
R. Dipende con quale disco si comincia. Se non tocca subito le tue corde, allora ti fai l'idea di una musica fredda. Ma quando ci entri in connessione, allora non puoi dire che non ci sia cuore...

D. Lei cosa consiglierebbe per cominciare?
R. Un pezzo come Dog Meat è uno dei più bei lavori orchestrali di ogni tempo. Però se uno parte da Bobby Brown, o Dont' eat the yellow snow, si fa subito l'idea di un musicista esclusivamente ironico.

D. Lou Reed ha detto che Zappa era solo un «accademico pretenzioso».
R. Probabilmente parlava di se stesso. Non ho mai trovato alcun valore musicale nel lavoro di Lou Reed. Era un arrogante, probabilmente geloso del talento di mio padre.

D. Suo padre una volta disse di sé: «Penso di essere un ottimo genitore. Amo i miei figli, e i miei figli mi amano. Tutto qui».
R. Beh, sono d'accordo. Era un padre fantastico. Certo, non convenzionale, ma tutt'altro che matto o selvaggio. Siamo stati una famiglia molto legata.

D. È stato presente nella sua infanzia?
R. Quando ero piccolo stava spesso in tour. È stato più presente in seguito, quando io e mia sorella Moon Unit eravamo adolescenti. Stava a casa, in studio, a lavorare. E a controllarci.

D. Un padre ordinario...
R. Semplicemente non voleva che ci mettessimo nei casini. Poi non sopportava la gente che beveva o si drogava. Per certi versi si sarebbe definito un conservatore.

D. Ma suo padre era l'emblema della controcultura e della trasgressione...
R. La presunta trasgressività di mio padre aveva a che fare solo con una cosa: dire la verità. Era su questo che si basava la sua critica sociale e il suo apparire controverso.

D. Ora la trasgressione è diventata mainstream e la troviamo anche nella pop music per ragazzini, dal twerking di Miley Cyrus in poi...
R. Essere trasgressivi non c'entra niente col fatto che qualcuno voglia agitare il culo.

D. La canzone Titties and beer fu attaccata dalle femministe. Una canzone come He's so gay oggi, se qualcuno ci facesse caso, rischierebbe la censura.
R. Anche Nigger Business e Jewish Princess, se è per questo. Ma sono solo canzoni che mostrano, romanzescamente, un punto di vista specifico. Descrivono comportamenti stupidi.

D. Sì, però prendono di mira categorie specifiche.
R. Lui si è sempre concentrato sugli stereotipi, che esistono perché in molti casi sono precisi, accurati e reali. E se qualcuno si sente attaccato, vuol dire che merita di accollarseli.

2. COSÌ LA SUA MUSICA E LA MIA MEDUSA HANNO RESO ZAPPA IMMORTALE
Ferdinando Boero per "la Stampa"

Anche se i dischi di Frank Zappa continuano a uscire, perché la sua famiglia scava negli archivi e continua a sfornare musica nuova, biologicamente Frank Zappa è morto venti anni fa, il 4 dicembre 1993. La sua frase preferita era una citazione di Edgar Varèse, uno dei suoi modelli musicali: «Il compositore del giorno d'oggi rifiuta di morire». E un compositore rimane vivo fino a quando la sua musica continua a sorprendere chi la ascolta, anche se l'ha già sentita tante volte.

Zappa ha curato molto la sua immagine di persona stramba, con baffoni e pizzetto, ed è diventato un'icona iconoclasta. Non cerca di essere bello, di piacere. Vuole scandalizzare e contesta tutto, anche se stesso. Ma tutte le sue stramberie sono niente, sono solo confezioni. Quello che vuole davvero è fare musica. Crearla, scriverla, produrla, suonarla, sentirla, venderla.

Zappa sapeva la musica, la sapeva bene. E sapeva arrangiare magistralmente tutto quello che sentiva nel suo cervello. Inventava un pezzo e sapeva farlo suonare da una piccola rock band, un gruppo di jazzisti, una grande orchestra sinfonica, o un computer. Aveva scelto di fare il rocker perché solo in questo modo avrebbe potuto suonare la «sua» musica e non patire la fame. Era conscio che i compositori di musica contemporanea «seria» non hanno modo di campare suonando la loro musica, mentre le rockstar possono diventare ricche. Benissimo, e allora ha suonato la sua musica come se fosse rock. Ma era tutt'altro, o era anche quello.

Avrebbe potuto benissimo essere altro, come ha mostrato diverse volte, quando l'ha fatta suonare a gente «seria», come l'Ensemble InterContemporain di Pierre Boulez, o la London Symphony Orchestra di Kent Nagano, o la Los Angeles Philarmonic Orchestra di Zubin Metha, o L'Ensemble Modern di Peter Rundel, per non parlare del suo terzo disco, «Lumpy Gravy», in cui dirige lui stesso un'orchestra sinfonica.

Tanto per mostrare quel che voleva fare davvero. L'anno dopo, nel 1968, produce l'album più convenzionale (in apparenza) di tutta la sua carriera: «Cruising with Ruben and the Jets», canzoni d'amore cantate in falsetto da Ray Collins, con testi così stupidi da sembrare vere, testi che ancora sentiamo nelle canzoni d'amore di oggi, quelle in cui i due amanti si giurano amore eterno.

Si sarà capito che per me Frank Zappa è un musicista speciale, uno dei più grandi, quello che mi piace più di tutti. Modestamente, ho dato un piccolissimo contributo per farlo restare vivo. Ovviamente resterà vivo per la sua musica. Ma io, che non so suonare, l'ho omaggiato dedicandogli una medusa.

Carlo Linneo inventò, tanti anni fa, un modo per dare il nome alle specie e introdusse la nomenclatura binomia. Noi, per esempio, siamo Homo sapiens, Homo è il genere e sapiens è la specie. Si calcola che ci siano otto milioni di specie attualmente viventi sul nostro Pianeta, ma noi ne abbiamo descritti solo due milioni. Quando si descrive una specie nuova, le si deve dare un nome. E, dal momento della descrizione, quella specie avrà quel nome. Se una specie porta il vostro nome, siete diventati immortali.

Ho dato il nome a molte meduse che ancora non erano conosciute. E una l'ho dedicata a Zappa, si chiama Phialella zappai. L'ho trovata in California, nel 1983, durante un periodo di studio al Bodega Marine Laboratory. Scrissi a Zappa, dicendogli che avrei voluto dare il suo nome a una medusa, e lui rispose che «Niente al mondo gli avrebbe fatto più piacere che avere una medusa col suo nome». Diventammo amici e lui, per ricambiare la cortesia, mi dedicò un concerto, a Genova, nel 1988, e pubblicò la canzone improvvisata durante quel concerto per celebrare la «sua» medusa e il biologo marino che l'aveva scoperta: «Lonesome Cowboy Nando». Nando sono io.

Frank Zappa mi manca moltissimo come amico. Come musicista no, non mi manca. A ogni ascolto mi sorprende ancora. E la sua famiglia continua a scavare nei suoi archivi, e trova sempre nuove cose strabilianti. La copertina di «Hot Rats» ritrae uno zombie che sembra voler uscire da una tomba. In effetti è Christine, che faceva la baby sitter per la famiglia Zappa, e la tomba è la piscina vuota di casa Zappa.

Per me quello zombie era proprio lui, Zappa, inquietante personaggio sogghignante, che rifiuta di morire. Sono stato in quella casa, ho visto quella piscina, e ho avuto il privilegio di essere amico di Zappa: era tutt'altro che uno zombie, era la persona più gentile e professionale e allegra che io abbia mai conosciuto. E la normalità era la sua caratteristica più eccezionale, vista la sua eccezionalità.

 

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