maria per roma

LA ROMA DEI GIUSTI - ARRIVANO I FILM ITALIANI: ''MARIA PER ROMA'' È UN'OPERA STRALUNATA E ALTERNATIVA, UNA BELLA SORPRESA. UN FILM ALLEGRO MA TRAGICISSIMO - ''NAPLES 44'', UN RITRATTO DELLA NAPOLI DOPO LO SBARCO DEGLI ALLEATI CON LA VOCE DI BENEDICT CUMBERBATCH, SI VEDE CON ATTENZIONE, MA AVREMMO VOLUTO QUALCOSA DI PIÙ...

Marco Giusti per Dagospia

maria per romamaria per roma

 

Festival di Roma. Arrivano i film italiani. Bene ha fatto Monda a limitare a quattro titoli la presenza italiana a Roma. Come bene fece del resto l’anno scorso, quando riuscì a far decollare Lo chiamavano Jeeg Robot rifiutato da ogni sezione del festival di Venezia. Alla ricerca di un nuovo Jeeg, Monda ha presentato stamattina come opera stralunata e alternativa questo Maria per Roma, scritto, diretto e interpretato da un’attrice romana, Karen Di Porto alla sua opera prima.

 

maria per roma  maria per roma

E’ un piccolo film, nato dal suo precedente corto, Cesare, prodotto dal mitico Galliano Juso che ha poco o niente a che vedere con Jeeg, ma possiede invece quella leggerezza di certi lavori post-morettiani romani con il protagonista in giro per Roma, da qui il titolo, alla ricerca non si sa di che cosa. In qualche modo non c’è tanta differenza tra la protagonista e i personaggi che vediamo nel film e i tanti attori, attorini, autori, autorini romani che circolano fuori dalle sale del festival.

 

La cosa più sorprendente di Maria per Roma, non è tanto il soggetto, che vede un’attrice che fa altri lavoretti per campare in giro per la città alla ricerca di un’occasione che le cambi la vita, ma l’idea che, ormai, fare l’attore, anzi, voler fare l’attore, fa parte della pratica quotidiana di chi per vivere fa altro a Roma. Il cameriere, o il key-holder, quella che ti porta le chiavi del bed&breakfast e ti apre l’appartamento, come la Maria di Karen Di Porto.

maria  per roma  maria per roma

 

Così non è che la giornata di Maria viva attorno ai suoi appuntamenti di lavoro legati al cinema, provini per ruoli improbabili, prove nei teatrini off, ma esattamente il contrario, vive cioè attorno al lavoro pensato un tempo come secondario dove il cinema o l’opportunità di fare cinema diventano più che degli hobbies quasi dei tic nervosi all’interno della mappa dei suoi spostamenti per la città. “Dammi dieci minuti, arrivo!”, “Posso dire a mia suocera di andare a prendere la bambina a scuola e sono là”, “Eccomi, quanto avete aspettato?”.

 

Maria si muove freneticamente per una giornata col suo vespino accompagnata dalla cagnetta Bea, che la aspetta ovunque, e può interrompere la scena di un film perché ha un problema di lavoro, un turista da accompagnare, o lasciare a metà il teatro. Non dice mai di no, arriva sempre, anche se è sempre in ritardo. La sua frenesia è accompagnata dall’assoluta impassibilità della sua cagnetta e dall’amico che interpreta Gesù per strada e ogni tanto rivediamo nel corso del film.

francesco patiernofrancesco patierno

 

Malgrado una scena finale davvero troppo povera, con la festa elegante ricostruita malamente alla Casa del Cinema, Maria per Roma è una bella sorpresa, un film allegro, ma tragicissimo sulla fine del poter fare cinema come un tempo a Roma. E questa Maria rappresenta un po’ tutti i vorrei ma non posso di varie generazioni che si sono alimentate attorno a una speranza ormai sempre più lieve di poter cambiare la propria vita grazie a un sogno, a un provino, a un “le faremo sapere”. 

 

Ottimo esordio. Monda puntava molto anche su Naples 44 di Francesco Patierno, un ritratto della Napoli del tempo di guerra dopo lo sbarco degli alleati, ricostruito con immagini d’epoca, Combat movie, film, e nuove riprese, a partire appunto dal celebro testo di Norman Lewis, appunto Naples ’44, scritto nel 1978, ma basato sui diari della sua attività militare a Napoli come ufficiale della intelligence inglese tra il settembre ’43 e l’ottobre ’44.

 

In pratica l’idea portante è questo testo meraviglioso, letto dalla bellissima voce di Benedict Cumberbacht in inglese, che ci restituisce uno sguardo autoriale su una città distrutta ma pronta a rinascere dove gli orrori dei bombardamenti si alternano alle ricchezze artistiche dei luoghi e a quelle umane della popolazione.

 

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Patierno non si limita a documenti del tempo, che in gran parte conosciamo, ma inserisce anche film più o meno legati a quella Napoli dei tempi di guerra, come La pelle di Liliana Cavani tratto dal romanzo di Curzio Malaparte, o come Comma 22 di Mike Nichols (ma non era ambientato a Roma?) con Alan Arkin che si divide tra Olimpia Carlisi e Gina Rovere, o come Chi si ferma è perduto di Sergio Corbucci con Totò e Peppino o come Il re di Poggioreale di Duilio Coletti.

 

E’ sempre un problema inserire in questo tipo di documentari, più o meno autoriali, dei repertori spurii, un problema sia proprio per le scelte a volte un po’ azzardate, e un problema per la qualità delle clip. Così vedere materiali non perfetti, tratti da video o non da pellicola, smuove il cinefilo di coccio che è in noi, inserire Totò è sempre un azzardo. Come inserire lo sponsorino di E. Marinella, il negozio di cravatte, tra le immagine nuove (questo ci ha fatto davvero sobbalzare sulla sedia…).

 

E poi abbiamo appena visto un meraviglioso documentario di Jack Clayton, Naples in the Battlefield, girato proprio nel 1944 a Napoli, che racconta la stessa cosa ma in tempo reale con immagini incredibili. E per tutto il tempo che abbiamo visto Naples’44, abbiamo pensato alla celebre ironica canzoncina scritta dal Maggiore Hamish Henderson della 51° Highland Division, cantata allora dai soldati inglesi e resa celebra da Pete Seeger, dedicata ai D-Day Dodgers, cioè ai sopravvissuti allo sbarco del D-Day, quando Lady Astor accusò i soldati inglesi di essersela spassata in Italia mentre in Francia i soldati morivano.

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Cito solo al volo: “We're the D-Day Dodgers, here in Italy/Drinking all the vino, always on a spree/We didn't land with Eisenhower/And so they think we're just a shower/For we're the D-Day Dodgers/Out here in Italy”. E Henderson, come Lewis sapevano bene quanti soldati e quanti civili erano morti nel centro Italia dopo lo sbarco.

 

Detto questo ammetto che la voce di Benedict Cumberbatch è talmente bella e il testo di Norman Lewis così perfetto che Naples 44 si vede con grande attenzione. Ma forse avremmo voluto qualcosa di più. E, soprattutto, riguardatevi il capolavoro di Clayton.

 

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