MAXXI-COMA - VISTO IL TRAILER, FERRARA SMONTA IL DOCUMENTARIO ANTI-BANANA (E ANTI D’ALEMA-VELTRONI) - “SPERO CHE EMMOTT ABBIA MESSO NEL CONTO DEL DECLINO ITALIANO COSIDDETTO, A PARTE LE SOLITE SCIOCCHEZZE SUL MONOPOLIO DEI MEDIA DA PARTE DI BERLUSCONI, L’ANDAMENTO DELLE VENDITE E IMMATRICOLAZIONI DELLE AUTOMOBILI, CHE SOLO LA SOLERZIA E L’ASTUZIA E IL POTERE DI ‘LEVERAGE’ DI UN MARCHIONNE HANNO CONSENTITO DI TRASFORMARE IN UNA FORMIDABILE SCALATA ALLA CHRYSLER”...

1- TRAILER DI "GIRLFRIEND IN A COMA"

 

 

 

2- L'INUTILE CENSURA SULL'INUTILE FILMETTO DEL SOLITO EMMOTT
Giuliano Ferrara per "il Giornale"

Bill Emmott ha diretto per molti anni una rivista settimanale molto importante e autorevole, l'Economist. Ha scritto libri sulla crescita asiatica, ha fatto campagna contro Berlusconi («unfit to lead Italy»), poi si è preso del tempo per sé ed è venuto da qualche anno a vivere in Italia.

È editorialista della Stampa, spende volentieri il suo ingegno per capire il Paese d'adozione recente, ha firmato un documentario sul declino italiano in cui si parla, a partire dal titolo, di una cara ragazza finita in uno stato di coma (Girlfriend in a Coma), che poi sarebbe questo Paese.

Il trailer, come genere, è un breve filmetto promozionale. Il suo intento è ovviamente attrarre chi lo guarda, di spingerlo a pagare il biglietto e a vedere il film, a parlarne con gli amici, a fare tam tam o passaparola, a scriverne sui giornali e a divulgarne il contenuto negli altri media. Il trailer del film di Emmott, che è stato stupidamente escluso da una proiezione già programmata al Museo di arte moderna di Roma, piccola censura da cui ricava grande pubblicità, sembra fatto per il motivo opposto: scongiurare lo spettatore intelligente di scegliersi un altro film, pregarlo di non considerare roba seria un'infilata di battute e banalità già viste e sentite, insomma un'autostroncatura, un gesto di autolesionismo senza ironia, nemmeno involontaria.

Nel trailer del nostro caro ospite e amico britannico si vedono in sequenza Saviano che difende le istituzioni nella solita postura fotogenica di scrittore-profeta, Eco in versione acqua e sapone che elogia il senso dello Stato, Jaki Elkann turiferario dell'ottimismo (e lo credo, con un Marchionne che ti fa i conti in tasca), un Berlusconi comiziante che ce l'ha con i comunisti, culi danzanti a strafottere, insomma non c'è risparmio di mediocrità luccicante, di stellari idiozie, di convenzionalismi da piccolo salotto.

Non posso escludere che la visione integrale del documentario, rinviata a dopo le elezioni nella sala del museo romano, ma possibile in mille modi diversi nell'era della multimedialità militante in tempo reale, riservi qualche intelligente sorpresa: Emmott è tutt'altro che fesso, sarebbe strano che nel suo filmato non si nascondesse anche qualche cosa di interessante. Ma non posso nemmeno escludere che il filmatino, strepitosamente baldante a giudicarlo dal suo pietoso trailer, si riveli nella sua integrità una boiata pazzesca, una turlupinatura per palati fini, un giochetto cinico sulla pelle di questo ospitale e gioioso Paese che sembra fatto apposta per essere sputtanato da chi lo ama e lo sceglie.

Vedremo. Intanto sarei curioso di sapere se del declino italiano secondo Emmott facciano parte, oppure no, gli intrecci bancari sui quali il governo Monti ha messo solo in parte le mani con il divieto di incrocio nella governance oppure i conflitti di interesse derivati dalla proprietà finanziaria dei mezzi di informazione governati dall'establishment (La Stampa, il Corriere della Sera, la Repubblica).

Penso che un capitolo della versione integrale del documentario sia dedicato, ma non ne sarei così certo, al fenomeno ributtante dei pubblici ministeri che ostentano le loro inchieste giudiziarie sulla mafia e poi le giocano come fiches alla roulette della politica più faziosa, fenomeno inesistente in ogni altra parte del mondo, almeno con questo clamore e questa assurda lesione del prestigio e dell'imparzialità delle istituzioni. Chissà che nel film non si racconti anche la storia di Tonino Di Pietro e del suo personale declino da vecchia conoscenza dei consolati anglosassoni e della gente che piace, e che da Londra e Washington ha scommesso sulle mani callose di quel contadino furbo, scarpe grosse, venuto da Montenero di Bisaccia a miracol mostrare, fino alla fine ingloriosa di oggi.

Spero che Emmott abbia messo nel conto del declino italiano cosiddetto, a parte le solite sciocchezze sul monopolio dei media da parte di Berlusconi, l'andamento delle vendite e immatricolazioni delle automobili, insomma quella crisi dell'industria-stato che solo la solerzia e l'astuzia e il potere di leverage di un Marchionne hanno consentito di trasformare in una formidabile scalata alla Chrysler.

Ci sarà certamente un racconto malinconico sulla vetocrazia sindacale e sulla cultura di classe che spinge i nemici di Marchionne e del suo sindacalismo aziendale a stremanti battaglie per la pianificazione e il controllo degli investimenti, mentre i salari e le condizioni di lavoro dei rappresentati finiscono sempre più in basso.

Se queste e altre cose non ci fossero, e tutto si risolvesse nella tiritera nota del Palasharp, del moralismo e del puritanesimo da bordello, sarebbe una vera delusione, un brodino di noia e di inelegante conformismo. Bisogna aspettare le elezioni, se si sia adepti del museo romano, per vedere l'opera, che godrà della risonanza di un'inutile censura. Da quando in qua in campagna elettorale una fondazione privata esclude dal diritto di parola un giornalista con la sua operetta? Volete toglierci anche il diritto al banale?

 

BILL EMMOTT CON PUPAZZETTO DI BERLUSCONI BILL EMMOTT CON IL CIAK DEL FILM GIRLFRIEND IN A COMA UMBERTO ECO IN GIRLFRIEND IN A COMA TRAVAGLIO IN GIRLFRIEND IN A COMA MARCHIONNE IN GIRLFRIEND IN A COMA GIRLFRIEND IN A COMA GIULIANO FERRARA BRUNETTA BERLUSCONI FERRARA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”