1- LA MONTAGNA INCARTATA, DA BEN 17 SOCI, DI VIA SOLFERINO RISCHIA DI SGRETOLARSI 2- IL CROLLO DI VALORE DELLE CONTROLLATE SPAGNOLE POTREBBE COSTARE AL GRUPPO RCS CIRCA 600 MILIONI DI SVALUTAZIONI CHE IMPORREBBERO L’AUMENTO DI CAPITALE 3- MA GRAN PARTE DEI 17 AZIONISTI, DA LIGRESTI A TOTI, DA BENETTON A MARCHIONNE, COMPRESA LA MEDIOBANCA DI NAGEL & PAGLIARO, NON HANNO UN BECCO DI UN QUATTRINO DA GETTARE NEL POZZO SENZA FONDO DI UNA SOCIETÀ MALGESTITA CHE SI È DISTINTA IN INVESTIMENTI FOLLI E SMANIANO SOLO DI SVENDERE SUBITO LE LORO QUOTE 4- GLI UNICI AZIONISTI COL CASH IN MANO SONO GIUSEPPE ROTELLI E DIEGO DELLA VALLE 5- UN DUELLO CHE VEDRÀ IN PRIMA FILA ABRAMO BAZOLI, PRESIDENTE DI INTESA E DOMINUS DEL “CORRIERE” VIA DE BORTOLI, CHE È FACILE IMMAGINARE AL FIANCO DI ROTELLI CONTRO LO SCARPARO CHE LO MALTRATTÒ DA “ARZILLO VECCHIETTO” CHE VUOLE FARE IL PADRONE DEL PRIMO GIORNALE D’ITALIA CON I SOLDI DI BANCA INTESA 6- MARCHETTI IN USCITA, PERRICONE PRESIDENTE (BLOCCATI I PAGAMENTI DEI COLLABORATORI?)

Giovanna Predoni per Lettera43.it

Per Rcs sarà, con molte probabilità, l'ultimo Natale con al vertice una compagine azionaria condominiale composta da ben 17 soci. Presto infatti, complice un poderoso aumento di capitale, la più grande casa editrice italiana troverà finalmente un assetto più definito. E nuovi manager a guidarla.

Piergaetano Marchetti, l'attuale presidente, è dato infatti in uscita la prossima primavera, quando il consiglio d'amministrazione dovrà essere rinnovato. Mentre l'attuale amministratore delegato Antonello Perricone punta a prenderne il posto, lasciando così la guida operativa dell'azienda.

I DUE PRINCIPALI CONTENDENTI. A contendersela, impegnati ad aumentare il loro peso, due protagonisti: Giuseppe Rotelli, l'imprenditore della sanità che attualmente è il secondo socio del gruppo. E Diego Della Valle che, dopo molti tentativi, ha finalmente trovato un modo per liberarsi dalla gabbia di un patto di sindacato che gli ha sin qui impedito di aumentare la sua partecipazione.

Ma andiamo con ordine, partendo dai numeri. Con la chiusura di bilancio dell'attuale esercizio in casa Rcs, gruppo editoriale Rizzoli Corriere della Sera, i revisori della Kpmg riproporranno con forza il tema dell'impairment test sulle controllate spagnole del gruppo editoriale.

L'ESERCIZIO DELL'IMPAIRMENT TEST. Tecnicamente si tratta di un esercizio che deve essere fatto dagli amministratori che redigono il bilancio per verificare se un valore iscritto tra le attività debba o non debba esser soggetto a svalutazioni.
Nel caso in cui l'attività oggetto della verifica sia un avviamento è necessario predisporre un documento che stimi i flussi finanziari in entrata e in uscita della società, o del gruppo, a cui l'avviamento è riferito.

La stima deve essere costruita basandosi sui più aggiornati budget previsionali approvati dalla direzione aziendale e coprire (come budget o come piano previsionale) un periodo di tre o cinque anni.
La tecnica di impairment prevede che i flussi di cassa previsti nell'ultimo anno vengano proiettati all'infinito per poi esser attualizzati ad un determinato tasso. Va da sé che i dati che influenzano fortemente il risultato dell'impairment sono il flusso di cassa stimato nell'ultimo anno di piano e il tasso di attualizzazione. L'elemento più critico sono quindi i flussi di cassa dell'ultimo anno perché sono i meno "verificabili".

LA (DOLOROSA) QUESTIONE SPAGNOLA
La Spagna per Rcs è il primo dei numerosi problemi per lungo tempo rinviato e che ora dovrà affrontare. 
Gli asset iberici da tempo stanno gravando sui conti del gruppo, che nel terzo trimestre di quest'anno ha registrato perdite per 6 milioni, che portano il rosso dei primi nove mesi del 2011 a 25,5 milioni, contro una sostanziale parità nell'analogo periodo 2010.
Colpa delle difficoltà del mercato pubblicitario, calato del 7% in Italia nei mesi estivi, e soprattutto della Spagna, Paese che più di altri paga lo scotto alla crisi e dove la raccolta di inserzioni è caduta dell'11%.

IL FATTURATO CALA QUASI DELL'8%.
La controllata Unidad Editorial ha visto i ricavi calare a 361 milioni rispetto ai 392 del 2010 (-7,9%). Se i ricavi pubblicitari sono pari a 152 milioni, con una flessione contenuta al 2%, i ricavi editoriali scendono a 170 milioni dai 199 del 2010, per la generalizzata flessione delle diffusioni e per i minori ricavi di prodotti collaterali.
Dall'ultima trimestrale (al 30 settembre), emerge infatti una flessione di 6,1 milioni nei ricavi diffusionali dell'area Quotidiani Spagna derivante dal calo di vendite di prodotti collaterali (-3,6 milioni) e da minori diffusioni.

Come riporta la relazione sui conti, «l'andamento negativo dei ricavi pubblicitari rispetto al terzo trimestre dell'esercizio 2010 è riconducibile per 5,7 milioni all'area Quotidiani Spagna, ed è dovuto ai minori investimenti pubblicitari sul quotidiano El Mundo nonché alla flessione della raccolta pubblicitaria di Marca, sfavorita nel trimestre dalla mancanza di eventi sportivi di rilievo».

GLI EFFETTI DELLA FUSIONE TRA ANTENA 3 E LA SEXTA.
Sullo sfondo si muove intanto la concorrenza: De Agostini, l'altro gruppo italiano massicciamente presente in Spagna, ha finalmente portato a casa la fusione tra la sua tivù Antena 3 e la spagnola La Sexta.
Ciò si ripercuoterà nella partita che vede impegnati un triangolo tutto italiano: da una parte Mediaset Espana che dovrà fare i conti con un concorrente molto più temibile di prima. Dall'altra RcsMediaGroup che avrà serie difficoltà a valorizzare il suo multiplex digitale.

Unidad Editorial aveva infatti cercato di vendere la sua infrastruttura ad Antena3, ma l'operazione non era andata a buon fine.
E ora che l'etere spagnola sarà controllata dal duopolio Antena 3-La Sexta e Telecinco-Cuatro (gruppo Mediaset), che possiedono già il massimo dei mux consentiti per legge, sarà dura per la controllata iberica di Rcs valorizzare la sua infrastruttura.

CROLLA IL VALORE DELLE ATTIVITÀ SPAGNOLE. Insomma, la spina spagnola nel fianco di Rcs potrebbe costare al gruppo circa 600 milioni di svalutazioni (corrispondenti all'avviamento, di 641 milioni, riferito all'acquisizione del gruppo Recoletos) che, se confermate, imporrebbero alla Rizzoli quell'aumento di capitale più volte smentito dai vertici.

Operazione complicata e ad alto rischio inoptato con la crisi che morde, ma che però porterà con sè l'indubbio vantaggio di semplificare l'affollata linea di comando dell'azienda. Molti soci infatti, soprattutto i piccoli, rinunceranno a sottoscriverlo, spianando così la strada a una modifica degli equilibri interni.

DELLA VALLE ALLA RICERCA DELLA SCAPPATOIA MIGLIORE
Ma chi farà la parte del leone? Di certo l'imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli che, stando agli ultimi aggiornamenti Consob del 7 novembre, risulta detenere indirettamente (tramite a Pandette srl ) l'11,309% del capitale votante. E che non ha mai fatto mistero di voler crescere. Oltretutto l'industriale ha le mani libere non facendo parte del patto di sindacato che governa la società.

ROTELLI, MEGLIO COMPRARE IN AUMENTO CHE DA TOTI.
Nelle scorse settimane Rotelli ha smentito l'esistenza di trattative in corso con i costruttori romani Toti che voglioni liberarsi del loro 5% di Rcs pagato a suo tempo lautamente.
In realtà, riferiscono fonti finanziarie, la trattativa c'era ma sarebbe stata interrotta in attesa del verdetto dei revisori sull'eventuale aumento la cui adesione potrebbe rappresentare un'opzione preferibile per Rotelli e anche per gli altri soci.

C'è poi colui che sarà sicuramente l'altro grande protagonista del riassetto, ovvero Diego della Valle, che in questi mesi ha studiato, trovandole, tutte le scappatoie possibili per defilarsi, dopo quello di Mediobanca, anche dal sindacato della Rcs.
Il patron della Tod's, la cui richiesta al presidente del patto di sindacato Giampiero Pesenti di poter aumentare la sua partecipazione era stata respinta, non si è rassegnato. E ora ha confessato ad alcuni amici di aver trovato la scappatoia legale per uscire dall'accordo e avere così mano libera per aumentare la sua partecipazione, ora ferma al 5,4%.

ATTENZIONE ANCHE SU BENETTON. Nel frattempo, il mercato monitora i movimenti di Benetton che, come Toti, starebbe valutando la possibilità di cedere il proprio 5%, della Fiat, azionista con il 10,5% (se Sergio Marchionne decidesse di uscire dal Corriere per concentrarsi sul core business a quattro ruote e sulla frontiera americana) e soprattutto dei Ligresti.

Accompagnati educatamente alla porta da Mediobanca e Unicredit, per evitare la ricapitalizzazione e dunque la perdita del controllo in Fonsai, dovranno al più presto vendere il 5,4% della Rizzoli.

Insomma, un tourbillon di pacchetti azionari che potrebbero passare di mano proprio in vista del rinnovo del consiglio di amministrazione della Rcs previsto in primavera. Il board in carica si è riunito il 19 dicembre per esaminare il budget 2012 del gruppo e il prossimo appuntamento importante dei soci dovrebbe tenersi a febbraio con la riconvocazione, oltre che del consiglio di amministrazione, anche del patto di sindacato.

I PROBLEMI DI BILANCIO E LE TESTATE DA CEDERE.
Nel frattempo, le criticità finanziarie investono anche i giornalisti del gruppo. L'azienda sarebbe infatti intenzionata a bloccare i pagamenti dei collaboratori fino a febbraio, mentre i tagli di molti benefit sono stati accolti con malumore dai dipendenti. In particolare il divieto di usare la business class per gli spostamenti.

Nel 2012, fra l'altro, il colosso editoriale dovrà riaprire il dossier dei periodici, il cui progetto di vendita è stato "congelato" lo scorso giugno dopo che le offerte pervenute erano state giudicate inadeguate.
In ballo ci sono le sorti di cinque testate: Il Mondo, Novella 2000, Visto, Astra, Max e Ok Salute, anche se non è esclusa l'intera vendita della divisione se mai arrivasse un'offerta - ma visti i tempi l'ipotesi è assai remota - degna di interesse.

 

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