1- IL MONDO CROLLA, IL FUTURO È FOTTUTO, LO SPREAD GETTA L'ITALIA ALL'INFERNO, E A VIALE MAZZINI 14 PASSANO IL TEMPO A DISCUTERE DEL TALK SHOW DI SERENA DANDINI! 2- NON SOLO "PARLA CON ME" COSTA CIRCA 8 MILIONI E LA RAI NE RICAVA SOLO 2,5 DI PUBBLICITÀ, MA SI AVVALE DI BEN 14 AUTORI (RAI DISPOSTA A CONTRATTUALIZZARNE LA METÀ) 3- L'UNICO DISPERATO è L'ULTIMO VELTRONIANO GIORGIO VAN STRATEN: IL CONSIGLIERE RAI CHE SI SVEGLIA SOLO QUANDO SENTE LA PAROLA "FANDANGO". COME MAI? AH, SAPERLO... 4- PERCHÉ LA DANDINI NON PASSA A LA7? CI PENSA 'CANARO' STELLA A RIDURRE LE PRETESE 5- LA PARABOLA DI PARAGONE: POCHI MESI FA ERA TRA I PAPABILI PER DIRIGERE RAI2 O IL TG2, OGGI SCOPRE CHE IL SUO TALK “L’ULTIMA PAROLA” RESTERÀ CONFINATO ALLE 23.30 5- E QUALCUNO RICORDA ARTICOLI SU “LIBERO” E SERVIZI TV CONTRO BOSSI E BERLUSCONI

1- LA RAI ALLA DANDINI: TROPPI 14 AUTORI, NE PRENDIAMO LA METÀ...
Renato Franco per "il Corriere della Sera"

La Rai cerca l'accordo con Serena Dandini. Mentre si infittiscono i rumors di un possibile passaggio della conduttrice di «Parla con me» da Rai3 a La7, viale Mazzini prepara la strategia per far sì che il programma possa continuare ad andare in onda sulla tv di Stato, come da palinsesto.

Al netto delle pressioni politiche («Parla con me» è una delle trasmissioni che non piacciono al presidente del Consiglio), il nodo è la società che produce il programma, Fandango, con cui Serena Dandini lavora in esclusiva. Fandango produce infatti una trasmissione i cui diritti sono al 100% della Rai.

E in tempo di crisi la policy aziendale si adegua: tutti i programmi Rai al 100% dovranno essere realizzati internamente, utilizzando le risorse interne e puntando all'ottimizzazione dei costi. Come uscire dall'impasse?

Il direttore generale Lorenza Lei, concordi i vertici aziendali, mercoledì in consiglio di amministrazione esporrà la sua proposta di mediazione. Il problema sta nei 14 autori del programma, troppi per la Rai, che - ecco l'indiscrezione - sarebbe disposta a contrattualizzarne la metà.

Un invito - questo lo spirito dell'iniziativa - che per viale Mazzini suona come un'apertura nei confronti di Serena Dandini e «Parla con me». Quello che filtra da Roma - in una situazione congelata e di stallo ormai da tempo - è che la Rai vuole trovare una soluzione, che però non è la soluzione «Fandango chiavi in mano», ma si traduce così: parte della squadra Fandango all'interno della squadra Rai.

Un percorso - fanno notare da viale Mazzini - che è già stato avviato con altre trasmissioni (come i «Raccomandati») che poi dovrà valere per tutti: tutti i programmi che hanno una produzione esterna con i diritti al 100% Rai devono rientrare in azienda (il discorso cambia invece se i diritti sono condivisi). I vertici Rai insomma tendono la mano e sperano che Serena Dandini allunghi la sua per siglare l'accordo.

In una situazione bloccata da tempo si aggiunge anche il nuovo scenario che coinvolge la direzione di Rai3, con l'annunciato passaggio del direttore Ruffini a La7, rete a cui nei giorni scorsi è stata accostata Serena Dandini. Ma Paolo Ruffini si è chiamato fuori: «Comincerò ad occuparmi di La7 dopo il 10 ottobre. Sino ad allora sono e resto il direttore di Rai3. Sto lavorando solo e soltanto per la rete e per avere ancora in onda Serena Dandini».

La Rai, come tante, è un'azienda in difficoltà. C'è il problema della pubblicità (circa 1000 milioni di raccolta pubblicitaria a fronte dei 2400 di Mediaset) e quello dell'evasione del canone (il 27% non viene pagato, fanno quasi 500 milioni di euro l'anno). Dunque - questo il ragionamento - l'azienda non può assumere 14 persone in un momento in cui sta facendo una politica di tagli e attenzione alla gestione dei costi.

Senza contare la pressione dei sindacati che chiedono che i programmi Rai vengano fatti dalla Rai. Inoltre - fanno notare da Roma - «Parla con me» costa circa 8 milioni di euro e la Rai ne ricava solo 2,5 di pubblicità. Che senso ha far fare fuori un programma con i nostri diritti?, si chiedono a viale Mazzini. La palla passa ora a Serena Dandini. Un negoziato, si sa, richiede l'avvicinamento di entrambe le parti verso un punto di mediazione che sia di reciproca insoddisfazione.

1 - SGAMBETTO A PARAGONE: L'«ULTIMA PAROLA» TORNA ALLE 23.30...
F. Spe. Per "Libero"

Cosa sta succedendo all'«Ultima parola» di Gianluigi Paragone? Perché, una volta uscito di scena Michele Santoro, l'unico talk show politico di Raidue, dopo aver cambiato studio e affilato gli autori, viene sì spostato in prime time - come s'era impuntato lo stesso Paragone - ma solo per la prima puntata di venerdì 16, mentre dalla settimana successiva tornerà al suo alveo naturale delle 23.35, in un inconsueto e inedito shakeraggio della programmazione?

La domanda scivola, in questi giorni, nei corridoi di viale Mazzini. Assieme a una piccola polemica che gli addetti ai palinsesti si accingono a spegnere sul nascere: Paragone, richiesto di un'intervista politica dal «Fatto Quotidiano», si sarebbe visto respingere il nulla osta dalla direzione generale «per motivi di opportunità». «Ultima parola» nel senso etimologico del termine, verrebbe da dire. In realtà, nella Rai delle continue mutazioni che gattopardescamente cambia tutto perché nulla cambi, la figura di Paragone pare, ultimamente assai ridimensionata.

Solo fino a un mese fa il giornalista vicino alla Lega ma benvoluto pure dal premier doveva addirittura diventare prima direttore di rete, poi direttore del Tg2; oggi si trova invischiato in un guado tecnico. Le prossime 33 puntate dell'«Ultima parola» saranno anticipate dal tg e da ben tre telefilm diversi, tra cui una serie inedita a cui ancora il pubblico deve affezionarsi.

Fino all'anno scorso erano trainate dal seguitissimo telefilm «Criminal Minds»: Paragone prendeva la linea al 6% di share e riusciva, a volte, a portarla fino al 15%. Questa anno, in virtù dei buoni risultati trascorsi e della dipartita santoriana, il vicedirettore/conduttore aveva chiesto un atto di fede e coraggio a Raidue e al suo neodirettore Pasquale D'Alessandro, tecnico di riconosciuto valore già braccio destro di Paolo Ruffini e di Antonio Marano.

Paragone aveva chiesto per sé lo spostamento alla prima serata del venerdì (non del giovedì: la massa d'ascolto di Santoro in fondo è un fantasma scomodo per tutti...). A detta degli estimatori di Paragone, gli ospiti politici, le inchieste, lo schermo touchscreen in grado d'evocare simboli, grafiche e filmati, dovevano cambiare: tutto, insomma, dell'«Ultima parola», avrebbe dovuto evolvere in un programma più popolare e su cui il centrodestra poteva puntare.

Poteva. Ma qualcosa oggi sta andando storto. Qualcuno ricorda di Paragone gli ultimi articoli su «Libero» critici nei confronti di un Pdl e di una Lega che avrebbero deluso i propri elettori. Ma sono sicuramente dicerie.

 

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