“SALINGER ERA MONOPALLA” - I CINQUE “INEDITI” DEL GRANDE “ORSO” DELLA LETTERATURA AMERICANA PUZZANO DI SÒLA

Giordano Teodoldi per "Libero"

Quando il più leggendario scrittore del secolo scorso, Jerome D. Salinger, tirò le cuoia il 27 gennaio del 2010, sarebbe stato facile immaginare che sarebbe dilagato più materiale sui suoi presunti inediti che gli inediti medesimi. Il fatto è che Salinger, come tutti sanno, dopo il 1965, anno in cui pressoché un numero intero del New Yorker fu occupato dalla pubblicazione della novella Hapworth 16, 1924, non pubblicò più niente.

Divenne una specie di creatura mitologica, rinserrato nel rifugio di Cornish, nel New Hampshire, a metà tra il seguace del buddhismo zen e quello della vita solitaria nei boschi predicata da Henry David Thoreau. Finché visse, ogni tentativo di scardinare la sua vita privata, di capire se e cosa scrivesse, e perché dopo il successo epocale del Giovane Holden avesse scelto il silenzio, fu sventato a colpi di azioni legali, anche se non poté impedire l'uscita delle acide memorie di un amore di gioventù, Joyce Maynard, e della figlia, Margaret.

Con il suo lascito patrimoniale e letterario affidato a un fondo rappresentato dal figlio Matt, la vigilanza si è però ulteriormente allentata; a pochi mesi dalla morte di Salinger uscirono le biografie di Paul Alexander e Kenneth Slawenski (da noi inedite), e il 6 settembre l'editore americano Simon & Schuster pubblicherà Salinger di David Shields e Shane Salerno, accompagnato da un documentario dallo stesso titolo del solo Salerno, che avrebbe impiegato nove anni a prepararlo.

La novità è che Shields e Salerno scrivono di avere le prove, da due oracolari fonti «separate e indipendenti», beninteso anonime, che gli inediti di Salinger sono conservati, e sono una miniera d'oro: secondo le volontà dell'autore, saranno dati alle stampe dal 2015 in poi, formando cinque nuovi libri. Uno arricchirà di cinque episodi la saga della famiglia Glass, nota ai lettori di Salinger dalle novelle Franny e Zooey, Alzate l'architrave, carpentieri e Seymour: introduzione e dal testo Un giorno speciale per i pescibanana incluso nei Nove racconti.

Poi ci sarebbe un romanzo sulla prima moglie di Salinger, la tedesca Sylvia Welter, sposata alla fine della Seconda guerra mondiale e scaricata poche settimane dopo essersi installata nella casa dello scrittore a New York. Secondo gli autori di Salinger, lui le fece trovare un biglietto aereo per la Germania sul piatto della colazione. Vi sarebbe quindi un'altra novella che, in forma diaristica, racconta la vicenda di un ufficiale dei servizi segreti durante la guerra e che si collega a quando, nel 1945, Salinger lavorò nel controspionaggio americano per individuare i nazisti sotto copertura.

Un periodo su cui le biografie fanno luce con difficoltà, tra accuse (mosse dalla figlia di Salinger) che Sylvia Welter fosse nazista, o perlomeno informatrice della Gestapo, e nonostante questo, Salinger l'avesse protetta attribuendole nazionalità francese. Poi ancora un manuale sulla filosofia indiana Vedanta, che però non avrebbe forma saggistica, ma di ciclo di storie o aneddoti. Infine, ciliegina sulla torta, del materiale che espanderebbe la storia di Holden Caulfield, l'eroe del Giovane Holden.

A voler essere sospettosi diremmo too good to be true, troppo bello per essere vero, e troppo scontato. È naturalmente possibile che Salinger abbia passato il resto della sua vita eremitica ad arricchire, perfezionare, completare la saga della famiglia Glass e i rovelli esistenziali di Holden Caulfield, ma è anche quello che i suoi non sempre assennati fan si aspetterebbero.

Quanto ai libri sulla sua esperienza durante la Seconda guerra mondiale, anche quelli sembrano provenire dal desiderio di illuminare aspetti controversi della biografia dello scrittore; e che proprio lui, il grande reticente, il muto di Cornish, abbia sciolto nero su bianco gli enigmi, seppure soltanto a beneficio dei posteri, ha un che di romanzesco.

In attesa che arrivi il 2015 per vedere se questi inediti esistano veramente, e corrispondano a quanto annunciato da Shields e Salerno, diciamo subito che qualcosa di equivoco, nel loro Salinger, c'è, e riguarda i biografi, non il biografato.

Come ha scritto Michiko Kakutani, la zarina delle pagine letterarie del New York Times, il volume è una specie di montaggio di informazioni vecchie e nuove, dati di fatto e testimonianze anonime, in cui Salinger spesso figura come colui che «probabilmente pensava», o «potrebbe aver capito che», e le cui motivazioni vengono attribuite a un «potrebbe essere stato che».

Inoltre, l'analisi di Shields e Salerno non è molto originale: Salinger si sarebbe «suicidato al rallentatore», devastato dalle carneficine della guerra cui aveva assistito durante lo sbarco in Normandia, scioccato dal fanatismo di cui venne fatto oggetto Il giovane Holden (Mark David Chapman, l'assassino di John Lennon, aveva con sé una copia del romanzo quando venne arrestato e ne lesse un passo in tribunale quando fu pronunciata la condanna), e quindi sempre più ritirato tra filosofie orientali e Scientology per ottenere quella consolazione metafisica che implicava l'abbandono di vani desideri mondani come pubblicare o anche solo mostrarsi in pubblico.

Peccato che questa ipotesi del trauma bellico e dell'iper - sensibilità a una società sempre più esibizionistica e violenta, mal si concilia con il dato, che ci giunge nuovo, secondo il quale Salinger fosse nato con un solo testicolo. Handicap fisico che, secondo gli autori, «fu uno dei molti motivi per cui si tenne fuori dai fari dei media». Ora, che Salinger, con un solo testicolo, potesse venire arruolato nell'esercito, partecipare allo sbarco in Normandia, entrare nel controspionaggio, non ci torna molto.

Quando un fatto - la misantropia di Salinger, il suo ritirarsi dal mondo - ha un ventaglio di spiegazioni che va dal trauma psichico al testicolo mancante, e tutte frutto di illazioni o rivelazioni anonime, forse siamo più dalle parti del marketing e della speculazione economica che non della biografia letteraria...

 

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