VERDONE DI CARTA - “LA CASA SOPRA I PORTICI” È IN CIMA ALLE CLASSIFICHE: OLTRE 100 MILA COPIE IN 15 GIORNI (SI STARANNO MANGIANDO LE MANI LE CASE EDITRICI COME FANDANGO, MONDADORI ED EINAUDI, CHE NON HANNO VOLUTO PUBBLICARLO) - A NATALE USCIRÀ LA SECONDA PARTE DEL LIBRO - “POSTI IN PIEDI IN PARADISO”, PUR RESTANDO PRIMO, E’ TAMPINATO DAL FRANCESE “QUASI AMICI” (CHE PERÒ NELL'INCASSO GIORNALIERO DI IERI L'HA SUPERATO)…

Michele Anselmi per Dagospia

Non stupisce che Carlo Verdone vada ripetendo nelle interviste sui giornali e in tv che «questo libro è il mio film più importante e sofferto». Sembrerebbe un'esagerazione, invece c'è del vero. "La casa sopra i portici", Bompiani, uscito mercoledì 29 febbraio con una tiratura iniziale di circa 37.000 copie, è già arrivato a 100.000, con sette ristampe in dieci giorni e un venduto altissimo, non solo a Roma ma su scala nazionale. Non solo: è primo/secondo tra gli e-book più scaricati e primo/secondo nella classifica generale dei libri più venduti.

Un risultato per molti versi inatteso, anche sorprendente. Mentre il film "Posti in piedi in Paradiso", storia di tre padri separati ridotti in povertà dalle rispettive mogli, fatica un po' a imporsi al box-office nel generale calo di presenze, pur restando primo, seguito a ruota dal francese "Quasi amici" (che però nell'incasso giornaliero di ieri l'ha superato), il libro autobiografico di Verdone marcia come un treno in classifica.

Pensate: il cardinale Vallini, responsabile del Vicariato romano, alla fine di una riunione, qualche sera fa, ha invitato caldamente i prelati a leggere il libro perché tratta di un edificio a loro molto caro, appunto in Lungotevere dei Vallati 2. Una volta quell'edificio, situato per paradosso a un passo da via delle Zoccolette, si chiamava "Cento Preti", era un ospizio per sacerdoti anziani.

Racconta Verdone: «Dal 1930 una parte di esso fu affittato a famiglie romane di buona fama e acclarata etica. Tra queste i genitori di mia madre. Con la morte di mio padre tutto il palazzo è tornato ad essere residenza di anziani sacerdoti e cardinali. Niente più condomino per famiglie». Aggiunge l'attore-regista: «Chiunque sento, in questi giorni, mi dice cose gentili sul libro.

Racconta che è bello partecipare alle vicende di una famiglia come la mia. Sarà perché la famiglia è un'istituzione in crisi? Può darsi. C'è nostalgia e rimpianto per un altro tipo di rapporti familiari. Io non pensavo minimamente che potesse vendere così tanto. Ritenevo fosse, alla fine, una storia molto personale. Invece stavo trattando con delicatezza un tema universale».

Dev'essere così. Curato e ordinato insieme a Fabio Maiello, ma materialmente scritto da Verdone, "La casa sopra i portici" è un'elegia malinconica con sprazzi di feroce comicità nella quale riversare patimenti vicini e risate lontane, fatti e fatterelli, memorie familiari e ricordi buffi, secondo un andamento non convenzionale, un po' da flusso di coscienza.

Come già raccontato da Dagospia, stupisce che all'inizio nessuno volesse pubblicarlo. Fandango, Mondadori, Einaudi, Baldini Castoldi Dalai, Aliberti rispedirono più o meno gentilmente al mittente il progetto, nato come una lunga intervista tra autobiografia, cinema e rock.

Non così Elisabetta Sgarbi, più lesta a intuire, al di là della popolarità acclarata di Verdone, la particolare "necessità" psicologica di un libro dedicato a una casa. «La mia bella casa di Lungotevere dei Vallati 2, un grande appartamento di fine Ottocento, con un magnifico terrazzo, che ha regalato i più bei colori alle nostre anime» scrive Verdone. La casa rossa a un passo dal ghetto ebraico dove si trasferirono appena sposati i genitori Mario e Rossana, entrambi scomparsi; la casa dove nacquero Carlo e i fratelli Luca e Silvia; la casa delle risate e delle sorprese, pure di qualche atroce dolore.

Proprio mercoledì pomeriggio, nella romana Galleria Sordi, l'autore l'ha presentato insieme al critico letterario e compagno di scuola Filippo La Porta. Pienone di gente, alla fine una fila di cento metri per farsi firmare il libro. Tuttavia non era scontato. "La casa sopra i portici", invece, ha colto uno spirito del tempo, trasformando la confessione verdoniana - 24 capitoli e 283 pagine - in una sorta di ricordo condiviso, più denso e schivo, a tratti depresso ma non deprimente.

La notizia è che non finisce qui. Siccome il libro era venuto troppo lungo, oltre 650 pagine, Verdone e Bompiani hanno deciso di fare un po' come Quentin Tarantino con "Kill Bill". A Natale uscirà la seconda parte, titolo ancora da definire, nella quale il romanzo dell'infanzia e dell'adolescenza lascia spazio al discorso sui singoli film, ma sempre in una chiave mista di ricordi, aneddoti e commenti, con aggiunta di fotografie rare e pagine originali di sceneggiature.

Pur stampato su carta pessima, "La casa sopra i portici" colpisce, al di là degli episodi rievocati, alcuni spassosi, altri agri, non tutti inediti, per il palpito emotivo che l'attraversa. Si vede che Verdone s'è impegnato a scriverlo. Una qualità, anche espressiva, che emerge specialmente nel primo capitolo.

L'attore ricostruisce il giorno, «non ricordo esattamente la data, ma era la metà di aprile del 2010, forse ho rimosso il numero perché mai avrei voluto che arrivasse quel momento», nel quale riconsegnò la casa, ormai svuotata di tutto, ingrigita e senza luce, all'addetto del Vicariato. Il Vaticano l'aveva data in affitto 80 anni prima, nel 1930, agli Schiavina, la famiglia della mamma.

Un po' come succede nella "Famiglia" di Ettore Scola, la casa ampia e patrizia, con le stanze che si aprono sul lungo corridoio pieno di quadri, mobili e vetrate, fa da collante allo srotolarsi dei ricordi. Tate contadine, donne di servizio disinvolte, scherzacci da prete, le serate con Sordi, De Sica, Zeffirelli, Rossellini e Blasetti, i futuristi così amati da papà Mario Verdone, le ossessive telefonate di Pasolini per suggerire correzioni a questo o quel saggio, il sofferto debutto teatrale all'Alberichino, le fidanzate straniere, la morte a quindici anni dell'amico Francesco Anfuso, quel "pallonaro" di Christian De Sica che poi avrebbe sposato la sorella Silvia... Si parte dalla casa ormai spoglia e lì si ritorna nell'epilogo, riscaldato dal canto serale di un Muezzin portato dal vento.

 

VERDONE CON IL SUO LIBROELISABETTA SGARBI VERDONE POSTI IN PIEDI IN PARADISOhpa19 mario verdone

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