LA VENEZIA DEI GIUSTI - IL PROTAGONISTA DI "CIME TEMPESTOSE" SEMBRA RONALDO CON LA PARRUCCA - PIACE SOLO AI FAN DEL PIÙ SCATENATO CINEMA JAP, "HIMIZU", MA E' ANCHE IL PRIMO FILM SUL FUKUSHIMA - DIFFICILE NON AMARE OLMI, MA ANCORA PIÙ DIFFICILE AMARE QUESTO FILM. OVVIAMENTE IL DRAMMA MAGGIORE ERA QUELLO DEI CRITICI UFFICIALI CHE SI LAMENTAVANO DI DOVER INTERVISTARE IL VECCHIO OLMI...
Marco Giusti per Dagospia
Settimo giorno di Mostra. Il tempo e' cambiato e i grandi film dei primi giorni sembrano scomparsi. Il "Cime tempestose" dell'inglese Andrea Arnold, regista del celebrato "Fish Tank", malgrado un taglio moderno, macchina a mano, montaggio rapido, inquadrature da cinema realistico, grande occhio per la natura e un Heathcliff decisamente nero, rischia un certo accademismo e ci annoia un po'.
E poi, se fai "Cime tempestose", sara' banale, ma dopo la vecchia versione con Laurence Olivier e Merle Oberon, non puoi presentarti con un Heathcliff che non sia bellissimo. E' lui il motore della storia. Qui funziona l'Heathcliff ragazzino, ma quello adulto sembra Ronaldo con la parrucca degli ultimi tempi. Nessuna Cathy ci cascherebbe.
Tutta la critica si e' commossa per il melo honhkonghese per la terza eta'"A Simple Life" di Ann Hui. Una specie di "Umberto D" con la vecchia colf malata. Tutti a piangere.
E' piaciuto solo ai fan del piu' scatenato cinema giapponese, "Himizu" di Sion Sono, stravagante, violenta versione nouvelle vague della follia della generazione sotto i ventanni del dopo Fukushima. Ma e' anche il primo film sul terremoto che esce dal Giappone.
Un ragazzo e una ragazza si confrontano con famiglie orrende e omicide ("Se tu fossi morto affogato avrei guadagnato i soldi dell'assicurazione!, urla il padre di lei, mentre la madre di lei le prepara la corda per impiccarsi in una stanza della loro casa). Il tutto e' ambientato tra la citta' e gli slums spettrali di un Giappone da "Germania anno zero". E' un film piu' importante e attuale che totalmente riuscito, ma l'idea di una giovane generazione in cerca di futuro e di identita' che deve liberarsi dagli orrori voluti dalla generazione precedente e' notevole. Lo vedremo anche in Italia grazie a Fandango.
Solo i fan di Ermanno Olmi avranno invece apprezzato questo tardissimo, squinternato, dolcissimo "Il villaggio di cartone", dedicato a Suso (Cecchi D'Amico) e a Tullio (Kezich), apologo sul concetto cristiano di carita'.
Michael Lonsdale, doppiato da Olmi stesso, e' un vecchio prete rimasto con una chiesa vuota, senza Cristo in croce e tutto il resto. Ma la sua chiesa vuota si riempira' presto di extracomunitari, bambini, feriti, che costruiranno dentro al luogo sacro un piccolo villaggio. Il dramma e' che Olmi non controlla la poverta' della scenografia (in realta' un palazzetto dello sport) in quel di Puglia, l'arrivo del cattivo Alessandro Haber fa un po' ridere e il grande Lonsdale somiglia troppo a Tatti Sanguineti.
Difficile non amare Olmi, ma ancora più difficile amare questo film. Ovviamente il dramma maggiore era quello dei critici ufficiali che si lamentavano di dover intervistare il vecchio Olmi...






