1. RENZI FA SUL SERIO E ROTTAMA IL QUARTIER GENERALE: REPORT SEGRETO SUGLI SPRECHI DEL PARTITO DI BERSANI
Maria Teresa Meli per "Il Corriere della sera"
«Fino alla fine mi comporterò come un bravo soldatino»: Matteo Renzi aveva avvisato delle sue intenzioni i parlamentari amici, soprattutto quelli che mordevano il freno, e che lo avrebbero preferito meno ligio ai doveri di partito. Aveva spiegato una, due, tre volte che non avrebbe indossato i panni del pugnalatore di Bersani. Ma aveva detto loro anche altro: che finita la partita elettorale, quando la situazione si sarebbe stabilizzata, lui non sarebbe rimasto fermo. E il sindaco di Firenze ha tenuto fede alle promesse fatte.
Ha lasciato chiaramente intendere che, una volta esaurito il tentativo del segretario di metter su un governo (tentativo su cui non scommette un euro ma che non ostacolerà ) si riprenderà la libertà di parola e di azione. Renzi sa che la partita che si apre adesso è complessa. Il pericolo - lo ha ammesso lui stesso - è quello di farsi «fagocitare» dai maggiorenti del Pd. Ma è un rischio che il primo cittadino del capoluogo toscano non pensa di correre. Prima di tutto perché non metterà bocca nei giochi interni. Non si spenderà a favore delle ipotesi che circolano in queste ore nel partito. Né le ostacolerà .
Liberi i parlamentari del Pd di votare come capogruppo alla Camera Enrico Letta e come presidente dei senatori Maurizio Migliavacca. Liberi i big del partito di offrirgli delle vice presidenze dei gruppi. Libero lui di non farsi mettere in mezzo in questi giochi e giochini di palazzo. Sempre per evitare di venir risucchiato nelle spire di un partito in affanno, Renzi che dà ormai per «morto» il tentativo di Bersani presso i grillini, tifa per le elezioni in tempi ravvicinati.
Se voto ha da essere, che sia in ottobre, e persino a giugno basta che non si tenga a febbraio o a marzo del prossimo anno. Già , perché se così fosse andrebbe inevitabilmente a incrociarsi con il congresso del Pd. Esattamente ciò che Renzi non vuole. Il sindaco non intende farsi mettere in mezzo alle dinamiche precongressuali del partito, vuole tenersi lontano da tutto ciò, perché sa che se così non fosse, allora sì che verrebbe «fagocitato» e la sua candidatura alla premiership finirebbe per apparire l'ennesimo espediente dei maggiorenti del Pd per salvare il loro ruolo.
Con le elezioni a ottobre Renzi avrebbe gioco facile nel proporre di rinviare il congresso (che per statuto dovrebbe tenersi appunto nell'autunno di quest'anno) causa primarie e voto. Con le consultazioni in febbraio, invece, questo slittamento non riuscirebbe e il sindaco rottamatore sarebbe costretto a entrare nella dialettica congressuale del partito. E invece è proprio sulla sua funzione di politico avulso dall'apparato che Renzi vuole giocarsi le sue chance prossime future. Non è casuale, in questo senso, il suo insistere sull'abolizione del finanziamento pubblico.
Sarà questa la sua nuova, grande, battaglia: un tormentose incessante per mettere con le spalle al muro i maggiorenti del Pd e dimostrare che certi temi «non li ha inventati Grillo». Proprio per questo qualche tempo fa il sindaco di Firenze si è fatto fare da un «amico» fidato uno studio sulla situazione del partito. Situazione che lo ha lasciato di stucco. I dipendenti del Pd nazionale sono più di 180, tra quelli a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato. Una pletora di segretarie, segretari, impiegate e impiegati, tutti remunerati.
Di più: ad alcuni viene anche pagata la casa. Nel «report» in questione si trovano dei numeri impressionanti: 14 persone all'ufficio stampa del partito, tre persone addette solo a Rosy Bindi, che ha anche un aiuto alla Camera e una portavoce che, è scritto nel rapporto, «non si è capito chi paga».
Il meno importante dei dirigenti del Pd ha almeno due segretarie e 3.500 euro di stipendio. Che lievitano se ti chiami Nico Stumpo, e sotto di te, nel settore organizzativo del Pd, guidi otto persone tra segretari, funzionari e collaboratori. Nel rapporto si fanno le pulci a tutti, al direttore di Youdem, la pasionaria di Bersani Chiara Geloni, a Matteo Orfini, al tesoriere Antonio Misiani: un lungo elenco di nomi, con accanto retribuzione, eventuali secondi contratti e precisazioni sui costi dell'alloggio.
à questo il motivo, dicono i renziani, per cui il Pd non potrà mai scavalcare il sindaco nella battaglia contro il finanziamento. Anche perché, tra l'altro, nelle ultime stime fatte, quelle del 2010, il partito aveva in Parlamento 102 dipendenti per la modica cifra complessiva di otto milioni di euro. Sono cifre che hanno lasciato di sasso il sindaco e lo hanno convinto ancora di più a combattere la battaglia per l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti.
2 - ELEZIONI: FT; MUNCHAU PUNTA SU RENZI, PIU' RADICALE DI BLAIR
(ANSA) - Il columnist del Financial Times Wolfgang Munchau, fortemente critico nei confronti di Mario Monti, punta su Matteo Renzi per risolvere la crisi politica italiana. ''La migliore delle soluzioni - scrive oggi sulla versione online dell'Ft - sarebbe di cedere il potere ad una nuova generazione di leader, dalla quale Matteo Renzi, 38 anni e sindaco di Firenze, ha le maggiori probabilità di emergere come primo ministro''.
Munchau sostiene che ''nel contesto della politica italiana, Renzi, uno dei politici di spicco del Partito Democratico di centro sinistra, è addirittura più radicale di Tony Blair all'inizio degli anni Novanta, quando ha riformato un riluttante partito laburista in Gran Bretagna''. Il problema di Renzi, spiega il columnist del Financial Times, è di aver perso le primarie del Pd vinte da Pier Luigi Bersani e di non avere quindi mandato per formare un governo.
Munchau non crede al futuro di un governo di minoranza presieduto da Bersani e teme anche l'emergere di un nuovo governo tecnico, un ''Monti senza Monti'', a suo avviso una delle peggiori soluzioni possibili. Ma il vero incubo sarebbe una maggioranza assoluta per Beppe Grillo in caso di rapido ritorno alle urne.
''In tal caso - scrive - la partecipazione dell'Italia all'eurozona non potrà più essere considerata garantita. Ha promesso un referendum sull'euro. Fino a quel momento, mi aspetto un'Italia prigioniera di una depressione sempre peggiore per la semplice ragione che nessuno investira' in un paese soggetto a incertezze di questo livello''.
3. E MURDOCH ELOGIA IL ROTTAMATORE «UN GIOVANE E BRILLANTE ITALIANO»
Dal "Corriere della Sera"
Matteo Renzi? «Il sindaco di Firenze è un giovane italiano brillante». L'apprezzamento viene nientemeno che da Rupert Murdoch, il re (globale) dei media (in Italia è l'editore di Sky) che ha affidato la sua considerazione a un tweet in cui il nome dello sfidante di Bersani compare insieme a una compagnia non proprio scontata: il sindaco di Londra Boris Johnson, il segretario di Stato per l'Educazione del governo di David Cameron Michael Gove e Nigel Farage, il leader e cofondatore del partito della destra populista e antieuropeista Ukip (United Kingdom Independence Party).
Scrive il capo di News International nel suo cinguettio che ci sono «Boris Johnson, Michael Gove e pochi eccellenti, frustrati ministri. Farage riflette l'opinione (corrente). Il sindaco di Firenze è un giovane italiano brillante». Ma che c'azzeccano politici tanto disparati, e soprattutto quello italiano? Di certo, il cinguettio del media tycoon australiano segue di poco una cena «segreta» tra l'editore e Farage che si sarebbe svolta nell'appartamento londinese di Murdoch su richiesta di quest'ultimo.
Secondo il Telegraph, il giornale che per primo ha dato la notizia, Farage avrebbe annunciato a Murdoch la sua intenzione di sostenere i conservatori alle elezioni del 2015, sempre che l'attuale leader (e premier) David Cameron faccia un passo indietro. I giornali inglesi leggono la cena come una sorta di endorsement dell'editore a favore del partito populista, che alle recenti elezioni dell'Eastleigh ha relegato i tories al terzo posto, ma anche come frutto della freddezza personale di Murdoch nei confronti di Cameron, nata all'indomani dello scandalo che ha portato alla chiusura di News of the world.
Da notare che sia Johnson che Gove sono considerati possibili successori di Cameron. Insomma: mister Murdoch inserisce Matteo Renzi in una curiosa compagnia. Tutti politici di destra, tutti in corsa per sostituire l'attuale leader.










