SOFRI HA FINITO DI SCONTARE (A CASA) LA CONDANNA A 22 ANNI COME MANDANTE DELL’OMICIDIO CALABRESI - UNA VICENDA COSÌ INTRICATA DA PREVEDERE QUATTRO EPILOGHI DIVERSI: MARINO EBBE PRESCRITTO IL REATO. BOMPRESSI HA OTTENUTO LA GRAZIA NEL 2006. PIETROSTEFANI È LATITANTE IN FRANCIA DAL 2002 - LA VEDOVA DEL COMMISSARIO CALABRESI, PAROLE COME PIETRE: “ORMAI DA MOLTO TEMPO NESSUNO ERA PIÙ IN CARCERE. HO SEMPRE CREDUTO CHE LA VERITÀ E LA GIUSTIZIA SAREBBERO STATE IL RISARCIMENTO PIÙ GRANDE: SIAMO RIUSCITI A OTTENERLE ENTRAMBE”…

1 - SOFRI TORNA LIBERO. «COME STO? A MODO MIO»
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

Adriano Sofri ha due bassotti nani a pelo ruvido molto divertenti.
«Buoni... Oh! Sshhhh...».
Poi si volta (69 anni, il viso attraversato da rughe profonde, i capelli ancora folti e ormai bianchi, la voce sottile, paziente).
«Vuol sapere se sono felice? Vuol sapere come sto? Sto a modo mio... ecco, sì: sto a modo mio».

I bassotti risalgono il vialetto abbaiando, c'è l'odore buono della legna che brucia nel camino, dalla finestra lo sguardo può scorrere sul bosco, sulla collina che scivola dentro Firenze: ma per sentirsi definitivamente libero Adriano Sofri ha pensato che doveva andarsene in un posto speciale. Così domenica è sbarcato sull'Isola del Giglio.

Ha visto. Ha cercato. Ha chiesto intorno al gigantesco relitto. Poi è tornato qui. E ha scritto il suo reportage. Pochi sapevano che, appena qualche ora prima, aveva ricevuto dall'ufficio di sorveglianza di Firenze il documento che considera definitivamente scontata la pena di 22 anni e conclusa la sua vicenda giudiziaria, una delle più dibattute e complesse nella storia di questo Paese, cominciata il 28 luglio del 1988, quando appunto lui, Sofri, ex leader di Lotta continua, venne arrestato con Giorgio Pietrostefani, Ovidio Bompressi e Leonardo Marino.

Per tutti: l'accusa di essere i responsabili della morte del commissario Luigi Calabresi, assassinato la mattina del 17 maggio 1972 a Milano, sotto casa.
Marino, subito, racconta, confida; e ammette di essere stato alla guida dell'automobile servita per l'attentato: spiegando che a uccidere è stato, però, Bompressi.
Per Marino, Sofri e Pietrostefani sono i mandanti.
Versione sempre negata dai tre accusati, dopo 14 sentenze condannati comunque in via definitiva a 22 anni di reclusione.

Una vicenda così intricata da prevedere quattro epiloghi diversi.
Marino ebbe prescritto il reato.
Bompressi ha ottenuto la grazia nel 2006.
Pietrostefani è latitante in Francia dal 2002.
Sofri adesso è qui, in questa casa di campagna in pietra. Cortese ma a suo modo gelido.
Congeda i cronisti.

«Se volete, potete tornare tra qualche giorno. Magari vi offro un caffè».
Rientra. Sospira. Si guarda intorno. Libri, giornali, un blocco pieno di appunti. È stato agli arresti domiciliari dal 2007: obbligo di non uscire dalla Toscana e di rientrare ogni sera. Due anni prima aveva rischiato di morire. Colpito da una malattia piuttosto rara: la sindrome di Boerhaave. Numerosi interventi chirurgici, l'esofago martoriato.
L'ufficio di sorveglianza di Firenze sostiene che la sua liberazione sarebbe dovuta avvenire a febbraio, e che però è stato Sofri a chiedere di potersi avvalere dell'ultima riduzione di pena: ogni sei mesi, infatti, i detenuti maturano una sorta di «sconto» di 45 giorni per buona condotta.

La prima telefonata, l'altro giorno, al figlio Luca. Poi, una frase laconica al fratello Gianni: «Ciao. Solo per dirti che sono un uomo libero».
Il fratello Gianni dice che «noi Sofri siamo abbastanza controllati nei sentimenti, abbiamo qualcosa di britannico». A rendere lieve la scena ha pensato per anni Randi Krokaa, «la compagna di Adriano scomparsa quattro anni fa».

Sofri va alla scrivania e si rimette a scrivere. Ha scritto tanto, in questi anni. Articoli, commenti, libri. Due anni fa ne scrisse uno dal titolo eloquente: La notte di Pinelli.
In 283 pagine, con 36 minuziose note, Sofri ricostruisce, come fosse una messa in scena teatrale, la storia del fermo, degli interrogatori e di tutto quanto accadde dopo che l'anarchico Pino Pinelli precipitò dalla finestra della questura di Milano la notte del 15 dicembre 1969. È la sua versione su un pezzo di storia che porterà poi all'omicidio del commissario Calabresi (e, perciò, alla sua incriminazione e condanna).

L'agenzia Ansa, alle 20.29, raggiunge telefonicamente Gemma Capra, la vedova del commissario Calabresi. «Ormai da molto tempo - dice - nessuno era più in carcere per l'omicidio di mio marito e questo passaggio non cambia i miei sentimenti. Ho sempre creduto che la verità e la giustizia sarebbero state il risarcimento più grande: siamo riusciti a ottenerle entrambe, e le sentenze sono state rispettate».
Fa buio. Adriano Sofri esce di casa. I bassotti scodinzolano.

2 - FINE PENA PER SOFRI MA ERA A CASA DA ANNI
Gianni Barbacetto per il "Fatto quotidiano"

Per Adriano Sofri è "fine pena". Ha finito di scontare la condanna a 22 anni per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi. Da sabato, è un uomo del tutto libero: l'ufficio di sorveglianza del Tribunale di Firenze ha infatti firmato il provvedimento che sancisce la fine della pena per l'ex leader di Lotta continua.

Una storia infinita, quella del processo per l'omicidio Calabresi, che ha inizio alle 9:30 del 17 maggio 1972, quando il commissario viene ucciso davanti casa, a Milano, con un colpo di pistola alla nuca e un altro alla schiena. Sedici anni dopo, nel 1988, Sofri viene arrestato per la prima volta: un ex militante di Lotta continua, Leonardo Marino, si autoaccusa dell'omicidio, ammette di aver guidato l'auto usata nell'attentato e racconta che a sparare fu Ovidio Bompressi, per ordine dei capi di Lotta continua: il "comandante militare" Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, leader carismatico del gruppo di quella che tra la fine degli anni Sessanta e Settanta si definiva "sinistra rivoluzionaria".

Sofri, Bompressi e Pietrostefani negano di essere coinvolti nell'omicidio e parte una poderosa campagna d'opinione a loro favore. Prende avvio così una delle vicende processuali più lunghe della pur tra-vagliata storia giudiziaria italiana. Dopo 12 anni e ben 14 sentenze, nel 2000 Sofri è condannato in via definitiva a 22 anni di reclusione come mandante, insieme con Pietrostefani, dell'omicidio di Calabresi, che secondo la sentenza della Cassazione è stato materialmente eseguito da Bompressi con la complicità di Marino.

Sofri si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda. Nel 2009, in un'intervista al Corriere della Sera, ha ribadito la sua innocenza, ma si è assunto la corresponsabilità morale dell'omicidio, per la violenta campagna organizzata da Lotta continua contro il commissario Calabresi, indicato come il responsabile della morte - nel dicembre 1969, due giorni dopo la strage di piazza Fontana - dell'anarchico Giuseppe Pinelli.

Dopo la condanna definitiva, Sofri è rinchiuso in una cella del carcere di Pisa. Pietrostefani nel 2002 si dà alla latitanza, fuggendo in Francia. Bompressi nel 2006 riceve la grazia per motivi di salute. Nel novembre 2005, Sofri è colpito dalla sindrome di Boerhaave, che gli provoca la rottura dell'esofago.

Dopo il ricovero in ospedale e un delicato intervento chirurgico, gli sono concessi dal luglio 2007 gli arresti domiciliari per motivi di salute e finisce di scontare la pena nella sua casa all'Impruneta, sulle colline di Firenze. Ora, alla soglia dei 70 anni, torna del tutto libero. Il suo primo giorno dopo il "fine pena", sabato, lo ha passato all'isola del Giglio, dove ha assistito alla vicenda della nave da crociera Costa Concordia, naufragata contro uno scoglio, che ha poi raccontato sulle pagine di Repubblica.

 

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