AGENZIA MASTIKAZZI - MA COME E’ FICO SCODELLARE UN GRILLINO AL TALK-SHOW (E POI RICEVERE I VAFFA DI GRILLO)

Sebastiano Messina per "La Repubblica"

Sarà stata la batosta delle amministrative, saranno state le crepe che affiorano dai sondaggi, sarà stata la scoperta di aver sbagliato, fatto sta che nelle ultime 48 ore è caduto di botto il tabù numero uno dei grillini: il talk show. E sul video sono apparsi uno dopo l'altro tre parlamentari del M5S. Tre figure diverse, tre volti che sono stati scelti - almeno due su tre - da Casaleggio come volti-simbolo del movimento e che dunque ritroveremo spesso: il laureato, il bravo ragazzo e il professore.

Tutti e tre catapultati nei talk show, gli stessi che Beppe Grillo dipingeva come luoghi di perdizione della tv, il peggio del peggio della televisione di regime. Ve lo ricordate? E' lì, diceva l'ex comico, che tu ti ritrovi "in una gabbia di un circo, come su un trespolo, muto per ore, povera presenza rituale di cui si vuole solo lo scalpo, macellato come un agnello masochista, e rispondi per i quattro minuti che ti sono concessi a domande preconfezionate da manichini al servizio dei partiti", è lì che appari sul video "seduto in poltroncine a schiera, accomunato ai falsari della verità, agli imbonitori di partito, ai diffamatori di professione, devastato dagli applausi a comando di claque prezzolate".

Eppure è lì che anche i grillini devono andare, se vogliono dire la loro. Se vogliono far sapere ai loro elettori quello che fanno. Se non vogliono sprofondare nell'oblio della seconda fila. Anche se l'altro ieri vigeva una regola diversa e tassativa: «Chi partecipa ai talk show deve sapere che ora fa una scelta di campo ».

Ma evidentemente le cose sono cambiate, dopo il flop delle comunali. E così, dopo il corso accelerato di oratoria in studio organizzato da Gianroberto Casaleggio nella sua sede milanese, i primi tre ospiti autorizzati sono approdati negli odiati talk show, tra il pomeriggio di domenica e la serata di lunedì. L'ultimo, e forse il più interessante, è stato
il senatore Nicola Morra, professore genovese trapiantato in Calabria, un emigrante controcorrente, che si è ritrovato nello studio di Piazza Pulita nel preciso momento in cui, nella piazza siciliana di Leonforte, Grillo faceva un comizio proprio contro quel talk show.

E si capisce. Fu lì, nella trasmissione di Corrado Formigli, che andò in onda il celebre fuori-onda di Giovanni Flavia in cui il consigliere grillino (immediatamente espulso) rivelava
senza giri di parole: «Casaleggio prende per il culo tutti, da noi la democrazia non esiste». E lì, su uno scomodo divano, facendosi persino bacchettare dal conduttore perché aveva dimenticato il cellulare acceso, Morra ha dovuto spiegare cosa ci faceva. Formigli è stato spietato: «Lei si trova dentro un talk show, se n'è reso conto? Ha realizzato? ».

Il professore - capello brizzolato, senza cravatta e con i jeans - ha provato a ridimensionare la novità («Sto partecipando a un'intervista sui contenuti...»), ha cercato di cambiare discorso parlando di Berlusconi e del Monte dei Paschi, ma alla fine ha ammesso: «La rete sta rivelando i suoi limiti, io sono qui perché me l'ha chiesto il gruppo».

Poco prima, sempre sulla stessa rete - La7 - era toccato a Luigi Di Maio, che a 26 anni è vicepresidente della Camera. Faccia pulita, cravatta blu, sorriso imperturbabile, Di Maio si presenta come un bravo ragazzo e non perde mai la calma neanche davanti alle domande più insidiose. La Gruber gli chiede del turpiloquio di Grillo e lui serafico risponde: «Beppe ha il suo stile». Gli domanda del flop elettorale e lui incassa: «Risultato eccellente». Lo interroga sul suo stipendio e lui, serafico: «Ricevo 21 mila euro e ne restituisco 14 mila».

Gli chiede un'autocritica e lui, senza neanche accorgersi di usare le stesse parole che adoperava Berlusconi sul suo governo, dice: «Abbiamo passato troppo tempo a lavorare in Parlamento e troppo poco tempo a comunicare quello che facciamo». Tutto questo condito da abbondanti «senz'altro», «giustamente», «assolutamente» e «semplicemente».

Portare esempi, usare un linguaggio semplice, mostrarsi sorridenti e soprattutto non farsi mai interrompere: questo, a giudicare dalle prime performances, sono stati gli imperativi di Casaleggio. Con una postilla fondamentale: pretendere interviste dirette, non partecipare ai dibattiti. Lo avevamo già visto con Raffaele Fico, il pupillo di Casaleggio, al tavolo di Lucia Annunziata ("In mezz'ora").

Calmo, assertivo, con il suo accento napoletano Fico ha rivendicato la sua laurea in Scienza delle Comunicazioni come titolo per presiedere la commissione di vigilanza, ma ha rassicurato i giornalisti: non vogliamo punire nessuno. L'esatto contrario di quello che Grillo stava dicendo in Sicilia giusto in quel momento.

 

nicola morra grillo casaleggio LUIGI DI MAIO ROBERTO FICO A IN MEZZORA DA LUCIA ANNUNZIATA Corrado Formigli Lilli Gruber

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...