BEPPEMAO PUÒ ESULTARE: GLI INTELLÒ SINISTRATI CHE AMMICCAVANO AL M5S ORA SONO IN FUGA - DA FLORES D’ARCAIS ALLA SPINELLI, TUTTI CONTRO. A DIFENDERE GRILLO, SOLO TRAVAGLIO

Jacopo Iacoboni per "La Stampa"

Il «dialogo» non c'è più. Molta di quella sinistra intellettuale (non tutta) che tentava appelli a Grillo ora lo critica, con aggettivi che tra l'altro slittano, non misurando la persistenza del fenomeno nella società italiana. Si va dal «fascista» al «padronale». Michele Serra aveva lanciato attraverso l'Ansa un appello «per un governo» (assieme a nomi come Roberto Saviano, Jovanotti, Fazio), non chiamando direttamente in causa Grillo ma sostanzialmente rivolto a lui; a dicembre, commentando gli attacchi a Maria Novella Oppo, parlò di «insulti e minacce dalla canea di linciatori che usa il web come i fascisti usavano il manganello».

Paolo Flores D'Arcais dopo il voto del 2013 scrisse al M5S una lettera in cui ragionava così, «non si tratta di scegliere tra un isolamento che diventa facilmente autismo politico e una opportunistica alleanza di schieramento con Sel e pezzi di Pd. Si tratta invece di scegliere tra autismo e azione».

Oggi scrive su Micromega che molti italiani sono senza rappresentanza democratica «ma avranno crescenti difficoltà a provare a darsela con il M5S, troppo spesso in balìa degli umori "padronali" di Grillo e Casaleggio, logica incompatibile con quella della rappresentanza democratica». Stefano Rodotà, commentando la richiesta di impeachment, ha detto che «le critiche politiche sono legittime, il resto è populismo degradante».

Barbara Spinelli no. All'indomani delle elezioni «non vinte» dal Pd cult de «lo smacchiamo lo smacchiamo», rivolse al fondatore del Movimento un appello con altri sei intellettuali (Remo Bodei, Roberta De Monticelli, Tomaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa, Salvatore Settis).

Ora, nei giorni delle scenate in aula e degli insulti sessisti, non deflette: «La difficoltà odierna è enorme. Richieste di democrazia giuste sono avanzate dai parlamentari del M5S, ma loro in questi giorni sono totalmente inguardabili, e purtroppo tutto si giudica alla luce di questa condensazione di eventi recenti. Da questo punto di vista mi sento totalmente castrata, ma vado oltre e ricomincio a analizzare ed esplorare quel che i 5 Stelle propongono».

In che direzione? «E' ovvio che gli insulti alla Boldrini sono biechi. Non li accetto. Ma non bisogna neanche cadere nella trappola dell'autocensura. Se io e altri riteniamo che la presidente della Camera nel suo lavoro difenda la maggioranza a danno dell'opposizione, devo poterlo continuare a dire, il fatto che lo dica anche Grillo non dev'essere un problema, per me o per altri».

Atteggiamenti violenti dei parlamentari dei cinque stelle non finiscono per danneggiare proprio quella parte di opinione pubblica che non li demonizzava per principio? «Certo, è così, ma naturalmente io non mi farò mettere a tacere, continuerò a fare le mie critiche. Alla Boldrini, o alla presidenza della Repubblica. Napolitano non è un "boia", questa frase prima che ingiuriosa non corrisponde alla realtà. Ma rivendico lo spazio per poterlo criticare».

Il giudizio sul M5S «non si riduce certo a questi giorni di caos, anche se il Movimento ha fatto parecchio per consentire questa reductio ad unum. Penso ancora che se si fosse continuato a votare a oltranza per l'elezione del capo dello stato non saremmo a questo. Su Rodotà, ma io credo alla lunga anche su Prodi, un accordo si sarebbe potuto trovare».
Il M5S, ragiona adesso Spinelli, «è un po' come Syriza.

Al suo interno ci sono componenti settarie e antidemocratiche, è certo. Anche se Grillo non ha la vocazione politica di Tsipras». Ma creando ghetti di otto milioni e mezzo di elettori non si favorisce l'unico processo davvero necessario: ridare effettività alla nostra democrazia.

L'appello lo rifarebbe, Spinelli? «Certo che sì. L'appello va rifatto ogni giorno. Non era un appello in nome del Pd. Anche recentemente, quando Renzi ha proposto di discutere una legge elettorale insieme, il M5S doveva andare a vedere se era un bluff o no. Il loro vero problema è che non rischiano; ma non rischiando, nel mezzo di una crisi così devastante e non finita, rischiano molto lo stesso: conquistano forse voti, ma cosa ne faranno?».

 

 

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