INGROIA QUESTO! - BRUNO FERRARO, PRESIDENTE AGGIUNTO ONORARIO DELLA CASSAZIONE, METTE NEL MIRINO IL PM DI PALERMO: “IL SUO È DELIRIO DI ONNIPOTENZA O ATTEGGIAMENTO DI SUPERBIA INTELLETTUALE? SE VUOLE ESSERE “MILITANTE” DELLA COSTITUZIONE, SI ASTENGA DA SCONFINAMENTI DAL MONDO DELLA POLITICA, ALLA QUALE È DESTINATO DOPO LA SUA ESPERIENZA GUATEMALTECA DI CUI NON RIESCO A CAPIRE NÉ IL SENSO E NÉ L’UTILITÀ PER LA GIUSTIZIA ITALIANA”…

Lettera di Bruno Ferraro* a "Libero"
*Presidente aggiunto onorario Corte Cassazione

Ancora e sempre le intercettazioni! Mi verrebbe voglia di dirlo in presenza delle ultime affermazioni del collega Antonio Ingroia, Procuratore Aggiunto a Palermo. Sentiamolo nelle sue più recenti esternazioni: «La seconda Repubblica è nata sui pilastri eretti sul sangue di magistrati e persone innocenti» - «Non potrà mai diventare una democrazia matura fino a quando non si riuscirà a sapere la verità su quella stagione. Ci si può vaccinare da un peccato di origine, però confessandolo. Se non ci si confessa, non ci si monda da questo peccato originale» - «Credo che da parte della Magistratura non ci siano mai stati sconfinamenti; semmai ci sono stati dalla politica».

«Non condivido le ultime dichiarazioni (di Monti) sull'operato della procura di Palermo» - «Il conflitto di attribuzioni è uno strumento che al di là delle migliori intenzioni di chi lo attiva può dare luogo a polemiche, equivoci, fraintendimenti, disorientamento da parte dell'opinione pubblica. Crea un clima conflittuale tra le istituzioni stesse. E questo alle istituzioni stesse non credo faccia bene» - «Non mi sento militante politico ma militante della verità, della giustizia e della Costituzione».

Cosa dire? Delirio di onnipotenza? Atteggiamento di iattante superbia intellettuale? Autostima priva di qualsiasi capacità di confronto dialettico con chiunque sia portatore di un pensiero diverso? Un misto di quanto sopra? E' sufficiente riflettere su ciascuna delle sue proposizioni per tirare le conclusioni. Che la cd. Seconda Repubblica sia nata sul «sangue dei magistrati » relega in secondo piano, se non nel nulla, l'apporto di tanti altri settori della società civile e del dibattito che lo ha caratterizzato.

Se poi pensiamo allo spregiudicato uso delle regole da parte di P.M. giustizialisti la frase richiede un processo di ripensamento sul percorso di (il)legalità che è alla base della svolta. La frase sulla «democrazia matura» che, per essere tale, deve confessare il suo «peccato originale », mi appare come un'inaccettabile mescolanza di sacro e profano, come un tentativo di far scaturire da un ripensamento in chiave giudiziaria (oltretutto palesemente condotto a senso unico obbligato) un processo politico (non giudiziario) di ben più ampia portata.

Non è meglio che magistratura e politica restino ambiti separati? Il giudizio sul progetto di legge Alfano non è meglio lasciarlo al Parlamento, unico depositario (nella nostra Costituzione, che pure Ingroia dice di amare) della sovranità popolare?

Ed invece, bacchettate per Monti «reo» di aver espresso il proprio parere sulle intercettazioni; per il Parlamento «reo» di aver approvato il disegno di legge dell'allora Ministro Alfano che penalizzerebbe le indagini sulla criminalità organizzata (confesso che non sono riuscito a capirlo leggendo la normativa all'esame delleCamere); per il Presidente Napolitano «reo» di aver sollevato un conflitto di attribuzioni nel caso dell'abusiva intercettazione delle conversazioni intercorse con l'ex Ministro (ed ex Vice Presidente del CSM) Nicola Mancino.

La conclusione? Se davvero Ingroia vuole essere «militante» della Costituzione, si legga ciò che la Costituzione chiaramente enuncia in tema di garanzie e di terzietà della Magistratura (le une e l'altra riferite alla sola Magistratura giudicante); si astenga da continui sconfinamenti dal mondo della politica; si ricordi che la prima virtù del magistrato è l'umiltà; si guardi bene (come Di Pietro prima di lui e diversi altri magistrati PM) dal parlar male della politica, ovvero di un mondo al quale chiaramente è destinato dopo la sua esperienza guatemalteca di cui non riesco a capire né il senso e né l'utilità per la giustizia italiana.

 

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