COLOMBE CON LA LUPARA - DALLA RELAZIONE SULLA “TRATTATIVA” SPUNTA UNA LETTERA ANONIMA DEL ’93, SPEDITA ALLA DIA DI MILANO E GIUDICATA ATTENDIBILE DA DE GENNARO - SAREBBE OPERA DALL’ALA ANTISTRAGISTA DI COSA NOSTRA - “SIAMO CONTRO LA DIRIGENZA DI COSA NOSTRA CHE STA PORTANDO AL SUICIDIO DELL'ORGANIZZAZIONE CON LA RECENTE ASSURDA CAMPAGNA DI ATTENTATI” - LE “COLOMBE” ASPETTANO IL CONTATTO DEI SERVIZI…

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

Di lettere anonime ne circolarono molte, nella stagione sanguinosa delle stragi di mafia, fra il 1992 e il 1993. Alcune attendibili, altre meno. Ma ce n'è una, spedita dopo le bombe di Roma e Milano del 27 luglio '93, che può aiutare a fare un po' di luce sulla presunta trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra. E su coloro che erano informati delle intenzioni dei boss di scendere a patti con le istituzioni, usando gli attentati come arma di ricatto. Rimasta sepolta nei cassetti e in qualche antico faldone processuale, viene ora svelata da una nota a pie' di pagina della relazione del presidente della Commissione antimafia Beppe Pisanu.

Si tratta di quaranta righe dattiloscritte, giunte per posta ordinaria agli uffici milanesi della Direzione investigativa antimafia guidata all'epoca dal futuro capo della polizia Gianni De Gennaro. Un foglio che fu valutato degno di attenzione se proprio De Gennaro si preoccupò, dopo averlo classificato come «riservato», di trasmetterlo alla segreteria speciale del ministro dell'Interno Nicola Mancino «per opportuna conoscenza».

Era l'11 agosto 1993. L'elaborato pare concepito da qualcuno che faceva parte dell'ala anti-stragista di Cosa Nostra, e svela i propositi mafiosi di «trattare patteggiamenti con nuovi governanti politicanti per preparare il terreno». A questo dovevano servire le esplosioni di Roma e Milano e prima ancora quella di Firenze, scrivono gli anonimi estensori della lettera che parlano al plurale».

«Siamo contro la dirigenza di C.N. (Cosa Nostra, ndr) che sta portando al suicidio dell'organizzazione con la recente assurda campagna di attentati», si presentano gli autori. «Siamo fuori e vogliamo aiutarvi a distruggerla». Riferiscono progetti risalenti, a quanto dicono, al febbraio '93, cioè subito dopo la cattura di Riina avvenuta il 15 gennaio per mano dei carabinieri del Ros. E che, alla luce degli attentati di maggio e luglio, «si rivelano veraci e servono a capire».

Secondo gli autori del documento la mafia aveva elaborato una cosiddetta «fase uno» della nuova strategia, che prevedeva di piazzare «vetture-bomba dimostrative su avvertimento nel centro delle città e presso consolati all'estero, di notte e senza vittime». E subito dopo la fase due: «Attesa di contatti su iniziativa dei sevizi per poi trattare il f... (illeggibile, ndr) alle indagini su C.N. e per l'arrangiamento dei processi in corso».

La fase uno si era concretizzata con gli attentati sul continente, tutti avvenuti, effettivamente, nel cuore della notte. Le vittime (dieci morti e molti feriti tra Firenze, Milano e Roma) furono causali, nel senso che non erano nelle intenzioni dei dinamitardi, come poi confesseranno i pentiti. In quei giorni di agosto '93, dunque, si sarebbe attivata la fase due, cioè l'attesa di un contatto da parte dei servizi segreti per mettere fine alla campagna stragista.

Secondo l'anonimo, l'obiettivo era un freno alle indagini sulle cosche e un aggiustamento dei processi, ma ora sappiamo che in quelle stesse settimane - come ricostruisce la relazione di Pisanu - cominciò il lavorio tra gli uffici ministeriali e alcuni apparati per discutere le problematiche del «carcere duro» per i mafiosi. Che con ogni probabilità approdarono alla decisione del ministro della Giustizia Conso, nei primi giorni di novembre, di non rinnovare 334 decreti «41 bis» per altrettanti detenuti.

Nell'esposto senza firma le «colombe» della mafia avevano indicato anche le fasi 3 e 4, di reazione all'eventuale rifiuto statale al «patteggiamento» coi boss: «Attentati alla frontiera slovena, organizzati da amici croati per scambi di armi e traffico di droga», prima dell'attacco finale: «Ingresso sul campo di tutte le famiglie di Cosa Nostra per una enorme offensiva spettacolare di colombizzazione su tutto il territorio».

Eventi che per fortuna non sono avvenuti: chissà se perché nessuno mai li progettò, e dunque gli anonimi esageravano o mentivano; se i capimafia non hanno avuto la forza di realizzarli, oppure se qualcuno si mostrò effettivamente disponibile alla trattativa. Magari lanciando il segnale della mancata proroga degli oltre trecento «41 bis» decisa da Conso, come oggi accusa la Procura di Palermo.

Disponibilità da cui la stessa Dia, in una relazione di quegli stessi giorni, aveva messo in guardia i vertici politici dello Stato: «L'eventuale revoca anche solo parziale dei decreti che dispongono l'applicazione dell'articolo 41 bis potrebbe rappresentare il primo concreto cedimento dello Stato, intimidito dalla "stagione delle bombe"».

L'ex ministro della Giustizia ha spiegato, diciassette anni dopo, di aver deciso da sé quelle mancate proroghe, anche in virtù del fatto che nella mafia si stava affermando la linea più dialogante con le istituzioni di Bernardo Provenzano: con Riina in carcere, disse Conso, «subentra questo vice che aveva un'altra visione, sempre mafioso, però puntava sull'aspetto economico». All'epoca tra gli investigatori e gli inquirenti non si aveva la consapevolezza di questa spaccatura.

Strano l'avesse il professore divenuto Guardasigilli. L'anonimo citato da Pisanu sembra ora confermare che effettivamente qualcuno, all'interno degli apparati, poteva avere almeno il sospetto che tra i mafiosi ci fosse qualcuno contrario al proseguimento della strategia stragista. E nelle sue conclusioni lo stesso presidente dell'Antimafia sottolinea: «I servizi segreti potevano esserne informati, e quindi anche il governo».

 

 

lettera di cosa nostraToto RiinaGianni De GennaroStrage CapaciLA STRAGE DI VIA D AMELIO IN CUI MORI BORSELLINO borsellino stragestrage bolognaBernardo ProvenzanoGiovanni ConsoNICOLA MANCINO

Ultimi Dagoreport

pupi avati antonio tajani

DAGOREPORT! PUPI, CHIAGNE E FOTTI – ASCESE, CADUTE E AMBIZIONI SBAGLIATE DI PUPI AVATI, “CONSIGLIERE PER LE TEMATICHE AFFERENTI AL SETTORE DELLA CULTURA” DI ANTONIO TAJANI - IL REGISTA CHE AI DAVID HA TIRATO STOCCATE ALLA SOTTOSEGRETARIA AL MIC, LUCIA BORGONZONI, È LO STESSO CHE HA OTTENUTO DAL DICASTERO FONDI PER OLTRE 8 MILIONI DI EURO TRA IL 2017 E IL 2023 – L’IDEA DI UN MINISTERO DEL CINEMA AVALLATA DA TAJANI (“IL GOVERNO VALUTERÀ") PER TOGLIERE I QUASI 700 MILIONI DI EURO CHE IL MIC HA IN PANCIA PER PROMUOVERE, A SPESE DEI CITTADINI, IL CINEMA ITALICO – IL SEQUESTRO DEI BENI PER EVASIONE IVA DA 1,3 MILIONI CON L'INCREDIBILE REPLICA DI PUPI: “NON E’ UN BEL MOMENTO PER IL CINEMA ITALIANO...” - LA SUA SOCIETA', ‘’DUEA FILM’’, CHE DA VISURA PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI ROMA È IN REGIME DI CONCORDATO PREVENTIVO, DEVE A CINECITTÀ CIRCA 400 MILA EURO PER UTILIZZO DEGLI STUDI - L’86ENNE AVATI STA PER INIZIARE IL SUO 46ESIMO FILM (“NEL TEPORE DEL BALLO”) PER UN BUDGET DI 3,5 MILIONI CHE GODE GIÀ DI UN DOVIZIOSO FINANZIAMENTO DI RAI CINEMA DI UN MILIONE... – VIDEO

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...