STOPPA IL PRODINO – D’ALEMA, MONTI, RODOTÀ: DOPO QUESTE 3 TELEFONATE IL PROF CAPÌ CHE ERA STATO UCCELLATO DA BAFFINO E DA RENZI NELLA CORSA AL COLLE (E LO DISSE ALLA MOGLIE: “NON PASSERÒ”)

Fabio Martini per "La Stampa"

È il 19 aprile duemilatredici, manca un'ora alla ennesima votazione per l'elezione del Presidente della Repubblica e i mass media non solo italiani preannunciano la svolta, l'imminente ascesa al Quirinale di Romano Prodi. Ma il Professore, dal Mali dove si trova in missione per l'Onu, telefona al figlio Giorgio e alla moglie Flavia e prevede: «Non passerò». La previsione si rivelerà azzeccata: di lì a poco si materializzerà l'oramai celebre «tradimento» dei 101 parlamentari del Pd.

La convinzione del Professore aveva preso corpo anche a seguito di tre telefonate che lo stesso Prodi aveva fatto nelle ore precedenti: con Massimo D'Alema, con Mario Monti, con Stefano Rodotà, a sua volta legato a filo doppio con Beppe Grillo. Le tre telefonate, assieme a tutto quello che preparò la caduta, sono raccontate da Sandra Zampa, già portavoce del Professore, in un libro che uscirà mercoledì, "I tre giorni che sconvolsero il Pd", editore Imprimatur e che naturalmente è stato letto in anteprima da Romano Prodi.

Un libro senza pretese da «saggio politico», ma che programmaticamente si propone di ricostruire minuto per minuto le 72 ore decisive e - proprio grazie a questo passo da instant book - consente di capire come alcune illustri personalità abbiano contribuito all'affondamento di Prodi a due passi dal Quirinale. Davvero significative sono le tre telefonate che precedono la fatidica votazione, anche se la Zampa non le mette in sequenza logica.

E' Prodi a farle, per la prima volta attivo nella corsa per il Quirinale dopo che nei mesi precedenti aveva fatto prevalere l'indole provvidenzialista tipica di un certo cattolico italiano, per cui se le cose devono accadere, accadono. Nella mattinata del 19, Prodi telefona a Massimo D'Alema che - come ricostruisce Sandra Zampa - gli esprime «profonda contrarietà per le modalità con cui è avvenuta la candidatura». Dunque, annota mentalmente Prodi, una parte del Pd gli è contraria.

L'ex premier telefona anche a Mario Monti, in quel momento ancora presidente del Consiglio. Scrive la Zampa: «Da un esponente di Scelta civica raccolgo l'informazione che da parte di Monti ci sarebbe stata la disponibilità a votare Prodi, se fossero state date garanzie sul reincarico a Monti stesso». Uno scambio che Prodi molto significativamente «lascia cadere nel vuoto».

E sempre nella mattinata che precede la votazione pomeridiana, il Professore cerca Stefano Rodotà, in quel momento candidato del Cinque Stelle: «Stefano, mi dispiace che ci troviamo in una situazione di conflitto...». Ma Rodotà fa capire che a chiamarlo deve essere Bersani e comunque in quelle ore decisive, dichiara: «Per parte mia non sarò d'ostacolo qualora il Movimento Cinque Stelle voglia prendere in considerazione soluzioni diverse». L'essenza del passaggio è chiara: davanti ad una soluzione "alta" come quella di Prodi, Rodotà non si ritira.

E il movimento pentastellato? Il libro ricostruisce il zig-zag dei Cinque Stelle, favorevoli a Prodi quando loro risultano decisivi, irridenti quando sono aggiuntivi. Ma davvero eloquente è una battuta, a cose fatte, di Beppe Grillo da Tolmezzo: «Pensavo che Rodotà rifiutasse la candidatura, perché lui e Prodi sono amici, ma mi ha risposto: "Sono onorato e metto il mio mandato in mano alle Cinque Stelle. Saranno loro a decidere se sarò presidente o no"».

E i famosi 101 "traditori"? Scrive la Zampa: «I nostri elettori vogliono i nomi», ma la portavoce di Prodi dice che produrre un elenco dettagliato oscurerebbe «il vero nodo che riguarda l'intero Pd e la sua classe dirigente». Ma nel racconto dei tre giorni, si dà comunque conto del fatto che alcuni parlamentari hanno preparato «prove a discolpa» e viene citato chi - Beppe Fioroni in testa - esibisce «non richiesto», la foto della sua scheda. E ancora: nelle ore decisive il senatore Ugo Sposetti (dalemiano doc) «faceva telefonate per sollecitare un no a Prodi», ma non era «l'unico telefonista in servizio».

Ripercorrendo nel dettaglio quelle frenetiche 72 ore, si capisce meglio, come la caduta di Prodi non sia stato l'effetto della trama di un "uomo nero", ma di una somma di pulsioni: il calcolo ma anche l' antipatia per Prodi di singoli e di gruppi organizzati, il narcisismo di qualche big, i risentimenti dei popolari per la bocciatura di Franco Marini, dei dalemiani contro Bersani e contro Prodi stesso.

Ma emerge anche la superficialità del gruppo di comando del Pd nelle ore decisive. Inedito un passaggio: quando Bersani, per uscire dalla sfilza di sconfitte fin lì cumulate, annuncia ai parlamentari del Pd la scelta di Prodi, non dice che il Professore «aveva chiesto che il suo nome venisse sottoposto a votazione segreta» e invece «l'intervento di Luigi Zanda aveva chiuso con rapidità la questione». Risultato: Prodi fu acclamato in pubblico e affondato nel segreto dell'urna.

 

 

VLADIMIR PUTIN E ROMANO PRODIprodi dalema 2006 lapprodi dalema 2006 2 lapMatteo Renzi SANDRA ZAMPA LILLI GRUBER E MARIO MONTI Stefano Rodota con la moglie il presidente dell eurogruppo juncker a destra in una rara foto con mario draghi e mario monti aspx

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...