UFFICIO SINISTRATI - D’ALEMA SU RENZI: “GIOCA A FARE LA VITTIMA” – IL SINDACO: “NON DEVO CHIEDERGLI IL PERMESSO PER CANDIDARMI” - A QUANDO LA SCISSIONE?

1. PD, RIUNIONE SENZA RENZI. D'ALEMA: FA LA VITTIMA
- IL SINDACO: «NON DEVO CHIEDERE PERMESSI A LUI»
Nino Luca per corriere.it


«Non nasce nessun correntone, questa è un'idiozia, non so chi l'abbia scritta. Renzi? Credo che giochi un po' a fare la vittima. Secondo me sbaglia, dovrebbe essere qui». Massimo D'Alema non va per il sottile. E, a margine dell'iniziativa promossa al Partito democratico a Roma, nega che la riunione dei big del partito sia un'occasione per compattare un fronte anti-Renzi, criticando l'assenza del sindaco di Firenze.

Anche Renzi è nella Capitale, ma per incontri in vista dell'elezione del nuovo presidente dell'Anci. In serata il sindaco interviene al Tg5: «Non debbo chiedere il premesso a Massimo D'Alema per candidarmi. Il Pd piuttosto si dia una mossa e la smetta di seguire le mie mosse. Si dessero loro una mossa», dichiara.


«FARE IL PD» - All'incontro dei promotori del documento «Fare il Pd» c'è stato il pienone. All'iniziativa organizzata dai bersaniani in vista del congresso, infatti, sono stati invitati esponenti di tutte le anime del partito. E in molti hanno accettato, salvo i renziani. Tutti tranne uno, in realtà: in sala ma per sbaglio. È Giacomo D'Arrigo, già coordinatore dei giovani Anci. «Avevo lasciato la borsa al piano di sotto, poi ho visto tutta questa gente che saliva e mi sono accodato per curiosità: ma cosa c'è qui?», ha chiesto entrando nella sala riunioni al terzo piano della sede Pd.

Appena il tempo di recuperare la borsa galeotta, capire dove era finito, e D'Arrigo ha girato i tacchi: «Sei testimone, sto andando via», ha puntualizzato al cronista lasciando la sala. Nessun parlamentare vicino al primo cittadino ha accolto la sollecitazione partita da Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre e Maurizio Martina. Presenti invece, oltre a Pier Luigi Bersani, il segretario Guglielmo Epifani, Massimo D'Alema, Gianni Cuperlo, Anna Finocchiaro, Luigi Zanda, Cesare Damiano, Giovanni Legnini, Nico Sumpo, Davide Zoggia, Marco Meloni e Margherita Miotto.


2. I DALEMIANI E LA VERA ACCUSA A RENZI: 
«CAMBIA SPESSO IDEA»
Tommaso Labate per "Il Corriere della Sera"

«L'idea del correntone anti-Renzi è una follia. Io con Renzi ho parlato tante volte. Ma è una persona che ha l'abitudine di cambiare spesso idea e anche di fare la vittima». E comunque, «che sia chiaro a tutti che non permetteremo a nessuno di far cadere il governo».

Mercoledì sera, Roma, quartiere Testaccio, ristorante Antico Forno - tra l'altro a pochi metri dalla casa di Enrico Letta - prenotato per una trentina di persone. Amici e compagni, vecchi e nuovi. E lui, Massimo D'Alema, il politico che rispetto ai «tavoli» rimane ancora fedele alla sua vecchia regola, «capotavola è dove mi siedo io».

È in quella sede che il presidente di ItalianiEuropei lascia intendere ai suoi che la base del suo dialogo con Renzi - che avrebbe dovuto aspettare un giro e candidarsi alle primarie per la leadership del centrosinistra - di fatto non c'è più. Perché il sindaco di Firenze, che questo dialogo l'aveva reso pubblico omettendo il nome di D'Alema («I capicorrente vengono a sussurarti all'orecchio di aspettare un giro»), nella versione dalemiana, è ormai un ragazzo che cambia spesso idea.

Al tavolo del ristorante di Testaccio c'è anche un dalemiano con un piede fuori dall'emisfero del Lìder Maximo. Come Nicola Latorre, le cui simpatie renziane sono in continua ascesa, convinto che «o Matteo si candida adesso alla segreteria o non avrà una seconda possibilità». La serata è all'insegna del dialogo e della riflessione, e quindi D'Alema ascolta e dialoga con tutti. Ma le sue colonne d'Ercole sono fissate. «Il governo non si tocca in nessun caso».

L'eco della cena dei dalemiani arriva ieri pomeriggio al Nazareno, a quella che doveva essere un'iniziativa dei fedelissimi di Bersani destinata a aprire i primi varchi per la candidatura alla segreteria di Stefano Fassina. E invece, come dopo un colpo di scena che finisce per spiazzare tutti, la riunione dell'area «Fare il Pd» si trasforma nel punto d'incontro di tutti i «governisti». Di tutti quelli che, per proteggere l'esecutivo dalla tensioni congressuali, hanno come unico obiettivo quello di evitare le condizioni perché il sindaco di Firenze scenda in campo.


I ministri in quota del Pd si presentano tutti. Ci sono Dario Franceschini e Flavio Zanonato, Andrea Orlando e Maria Chiara Carrozza. Manca solo il premier. Ma il messaggio da portare alla «ditta» è chiarissimo. «La verifica all'interno della maggioranza è andata benissimo», confida Franceschini ai suoi, che per una parte hanno disertato l'evento. «Persino Brunetta», è l'entusiasta rivendicazione del ministro dei Rapporti col Parlamento, «durante la riunione ha detto che il governo deve durare cinque anni. Adesso vogliamo far casino noi?».

La risposta alla domanda retorica è nel fuoco di fila pro governo che si sente in tutti gli interventi, a cominciare da quelli degli ex popolari. E Renzi è il convitato di pietra a cui tutti i messaggi sono indirizzati. «Il nostro modello di partito è quello di David Serra e Flavio Briatore?», chiede ironicamente Beppe Fioroni, convinto che «le regole del congresso non possono essere costruite contro Letta, altro che Renzi». E si fa vedere anche Franco Marini: «Questo governo sta facendo di più di quello che pensavamo possibile».

E quando tocca a Franceschini salire sul podio, ecco che il neo-ministro contesta quella frase sui «piccoli passi» che il sindaco di Firenze aveva detto durante l'intervista alla Faz: «Questa sfida la stiamo affrontando benissimo. In un momento del genere, che cosa possiamo fare se non piccoli passi? Dovremmo fare grandi annunci? Persino se fosse tra noi De Gasperi - è la chiosa franceschiniana - «si sarebbe mosso nello stesso modo di questo governo».

Una risposta anche a Bersani, che qualche minuto prima era tornato evocare il governo di cambiamento. Segno che le tensioni, anche nel fronte anti-renziano, ci sono ancora, eccome. D'Alema, nel frattempo, aveva abbandonato l'incontro lanciando dietro di sé poche parole: «Non c'è un correntone anti-renziano. Renzi ha sbagliato a non esserci, gioca un po' a fare la vittima». La convinzione generale, quando il sipario cala, è che adesso bisognerà solo capire se il sindaco di Firenze scenda in campo o no. Nel secondo caso, le iscrizioni al congresso saranno rivoluzionate. E anche il «no» di Epifani, che continua a negare il suo interessamento alla riconferma, potrebbe essere rivisto.

 

 

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