salvini secessione padania sicilia

L’AUTONOMIA E’ VOLATA VIA - DE BORTOLI: “IL DISEGNO DI LEGGE, SE MAI SARÀ PRESENTATO, DOVRÀ AVERE L'APPROVAZIONE DELLA MAGGIORANZA ASSOLUTA DELLE CAMERE. AI 5STELLE NON PIACE. E POI SALVINI OGGI È VOTATO ANCHE AL CENTRO E AL SUD. C'ERA UNA VOLTA LA LEGA FEDERALISTA. CHI HA VOTATO AL REFERENDUM SULL'AUTONOMIA DI LOMBARDIA E VENETO AVVERTE GIÀ IL SAPORE AMARO DI UNA PRESA IN GIRO”

Ferruccio De Bortoli per il “Corriere della Sera”

 

de bortoli

Dobbiamo riconoscere al premier Giuseppe Conte insospettate qualità di mediatore tra le due anime della maggioranza. E anche una discreta conoscenza del marketing politico. Conte è riuscito a far digerire a Salvini e a Di Maio una spettacolare marcia indietro sulla legge di Bilancio. I mesi persi in inutili sceneggiate con la Commissione europea pesano già - e peseranno - sui conti delle famiglie e delle imprese. Tagli sgraditi, tasse nascoste.

L'effetto della manovra sulla crescita è del tutto incerto.

 

Se non avverrà, si darà la colpa in campagna elettorale ai vincoli europei. Il copione è già scritto. Gli attori, nel frattempo, non disdegnano di rivestire diversi e contraddittori ruoli. La fantasia non manca, la disinvoltura pure. In attesa del reddito di cittadinanza, si tolgono soldi al volontariato che è la forma più solidale di cittadinanza. I pensionati con più di 1.522 euro al mese sanno che i loro assegni non verranno più rivalutati come un tempo.

salvini zaia 4

 

E si interrogano sul significato di «pensione di cittadinanza». Alcune migliaia di italiani (300 mila circa) usufruiranno di quota cento. Gli altri, alcuni milioni, si accingono a fare piccoli e grandi sacrifici. Va così. È la manovra del popolo. Ma c'è un'altra e più delicata questione che potrebbe ulteriormente dividere la maggioranza ed è quella dell' autonomia differenziata richiesta da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

 

Dalle prime due, Lombardia e Veneto, a guida leghista, con due referendum dal valore esclusivamente consultivo, svoltisi nell' autunno del 2017. L'articolo 116 della Costituzione, dopo la riforma del Titolo V del 2001, recita che «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» possono essere attribuite dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario. Lombardia e Veneto hanno chiesto la «devoluzione» su 23 materie; l'Emilia-Romagna su 15. La Lega non può venir meno a una sua battaglia storica e identitaria.

 

giorgetti

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha minacciato la crisi se gli alleati Cinque Stelle dovessero opporsi. Il vicepremier Matteo Salvini è sicuro che la legge si farà. Con un Paese «più unito nella diversità». Anche perché altre Regioni, come Piemonte, Toscana, Liguria e Marche vorrebbero più autonomia.

 

Il premier si è affrettato a dire che sarà «garante della coesione nazionale» come se già ne temesse i contraccolpi. Del resto far convivere l'impronta sovranista della coalizione con il sussulto nostalgico federalista, ammesso che ci sia ancora, di una sua componente equivale alla quadratura del cerchio. Un esercizio acrobatico. Sotto tutti i punti di vista.

 

Per ora è stata discussa solo una bozza e promessa una firma definitiva con le Regioni interessate entro il 15 febbraio. La ministra agli Affari regionali Erika Stefani, veneta e autonomista, ha parlato di un «percorso nuovo» per il trasferimento delle competenze alle Regioni. I presidenti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, sono però preoccupati.

zaia salvini maroni

 

Al di là delle espressioni compiaciute per lo «storico passo», sanno che le maggiori resistenze provengono dai ministeri a guida grillina. E non solo. La ministra della Salute Giulia Grillo avrebbe dato risposte, ritenute irridenti dalla Stefani, alla richiesta di collaborare alla scrittura di un testo di legge. Anche il titolare dell'Istruzione Marco Bussetti avrebbe fatto molte resistenze. Il «percorso nuovo» si annuncia più accidentato. Il nodo, tanto per cambiare, è quello delle risorse. In un primo momento verrebbero trasferiti i fondi statali necessari per assolvere ai vari servizi decentrati (scuola, ambiente, lavoro, salute) a costi storici.

SALVINI E MARONI

 

La quota trasferibile è di 21,5 dei 71,5 miliardi che lo Stato impegna per le tre Regioni. Se queste spendono di meno, impiegheranno autonomamente la differenza. Gestendo direttamente, potrebbero realizzare efficienze, risparmi e offrire servizi migliori. La definizione dei costi standard e dei livelli essenziali di prestazione verrebbe realizzata in un quinquennio. Un rodaggio in attesa di premiare i più virtuosi che, restando sotto la media dei costi standard, riceverebbero dallo Stato più di quanto spendono. Gli altri, penalizzati, dovrebbero essere indotti a migliorare le gestioni.

 

attilio fontana

L'intesa firmata il 28 febbraio scorso da Roberto Maroni, Luca Zaia e Stefano Bonaccini con il governo allora presieduto da Paolo Gentiloni - il sottosegretario era Gianclaudio Bressa - prevedeva anche la compartecipazione al gettito dei tributi erariali, di cui non si parla più. Il paradosso politico è quello di due governatori leghisti, Fontana e Zaia, posti nella scomoda condizione di sperare che un governo amico non mandi all' aria un' intesa raggiunta con l'esecutivo guidato dall' odiato Pd.

 

Nel suo libro Il rito ambrosiano (Rizzoli), Maroni teme che si voglia mantenere lo status quo. «Salvini all'epoca del referendum sull'autonomia - scrive l'ex governatore lombardo Maroni - non si dannò l'anima. Anzi qualcuno sostiene (ma io non gli credo) che abbia fatto il tifo per il no». Il disegno di legge, se mai sarà presentato, dovrà avere l'approvazione della maggioranza assoluta delle Camere. Ai Cinque Stelle non piace, meglio tirarla in lungo. E poi Salvini oggi è votato anche al Centro e al Sud. C'era una volta la Lega federalista. Chi ha votato al referendum sull'autonomia di Lombardia e Veneto avverte già il sapore amaro di una presa in giro.

stefano bonaccini

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…