
DALLA SIRIA A GAZA FINO ALL'IRAN: NETANYAHU SGANCIA BOMBE E NOI CONTIAMO I MORTI - IN SIRIA, ISRAELE BOMBARDA UNA COLONNA DI CARRI ARMATI DEI BEDUINI SUNNITI SOSTENUTI DAL GOVERNO DI AHMED AL SHARAA: PIÙ DI 80 I MORTI - NELLA GUERRA CIVILE SCOPPIATA DOPO LA FINE DEL REGIME DI ASSAD, LO STATO EBRAICO HA SEMPRE SOSTENUTO DI VOLER PROTEGGERE I MILIZIANI DRUSI E LA LORO ROCCAFORTE SUWAYDA, DOVE I TANK DI DAMASCO STAVANO TENTANDO DI ENTRARE - MENTRE ISRAELE BOMBARDA IN SIRIA, I NEGOZIATI A GAZA SONO FERMI...
Estratto dell'articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
Dopo il massacro degli alawiti sulla costa orientale, a marzo, la brace della guerra civile torna ad accendersi in Siria nella zona meridionale, al confine con la Giordania e non lontano dalle alture del Golan, dove da giorni sono in corso scontri feroci tra miliziani drusi e beduini sunniti sostenuti dalla forze governative del presidente Ahmed al Sharaa.
Uno scontro settario e confessionale in cui si inserisce Israele, che già a maggio era intervenuto sostenendo di voler "proteggere i drusi" e ieri ha bombardato le colonne di tank di Damasco che provavano a entrare a Suwayda per prendere il controllo della città considerata capitale dei drusi siriani, alcuni dei quali alleati di Israele. Secondo l'osservatorio siriano per i diritti umani, i morti sarebbero più di 80.
La miccia è stata il sequestro da parte di gruppi armati beduini di un giovane commerciante di frutta e verdura druso a un posto di blocco. I ministeri della Difesa e degli Interni siriani hanno inviato forze nella zona per cercare di «ristabilire l'ordine e proteggere i civili», ma hanno attribuito la responsabilità dell'escalation alle spinte autonomiste dei drusi del sud, che invece fiutano odore di trappola negli agguati beduini, un modo per creare il pretesto che serve agli uomini di al Sharaa per provare a prendere Suwayda. [...]
Israele osserva con preoccupazione perché teme l'avanzata di gruppi armati islamisti al suo confine settentrionale: «Proteggeremo i drusi», ha rivendicato ieri il ministro della Difesa Katz descrivendo i raid contro i tank siriani come «un chiaro avvertimento al regime» di al Sharaa. Gli israeliani lo accusano di essere un estremista pericoloso ma hanno avviato trattative indirette con Damasco per una possibile normalizzazione.
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Il mediatore è l'inviato Usa per la Siria, Tom Barrak, che si dice sicuro che la normalizzazione avverrà ma «come sfogliando una cipolla, lentamente». Anche nella comunità drusa tuttavia ci sono posizioni differenti: molti hanno dichiarato di non volere che Israele intervenga in loro favore, altre fazioni che non si fidano di Damasco ne hanno chiesto invece la protezione.
Le tensioni siriane arrivano in un momento di stallo sull'altro fronte di guerra, a Gaza. Dopo una settimana di negoziati, un accordo per la tregua non è ancora all'orizzonte. Il governo Netanyahu fa filtrare di aver fatto nuove concessioni sul ritiro dell'Idf dalla Striscia, ma gli stessi mediatori parlano di una situazione bloccata anche sul fronte umanitario. Ieri a guidare la carica è stato l'Egitto, denunciando la mancata attuazione dell'accordo Ue e Israele sulla consegna degli aiuti.
«La situazione sul campo è orribile. Ogni giorno ci sono oltre 100 persone uccise a Gaza solo perché vogliono ricevere gli aiuti, è una vergogna per tutti noi». Netanyahu intanto ha bocciato il piano ispirato da Katz di realizzare una "città umanitaria" a Rafah, piano che l'ex premier israeliano Olmert ha definito un'idea criminale: se venisse realizzata sarebbe un «campo di concentramento». [...]