DA EURO ALL’EURO - NEL CALCIO LI ABBIAMO SURCLASSATI, IN POLITICA SIAMO IN PAREGGIO - LA SECONDA DOCCIA FREDDA ALLA MERKEL, INTANTO, È ARRIVATA DA UN ALTRO TEDESCO, SCHULZ, CHE HA SMORZATO I TONI DELLA CULONA ORMAI CHIAVABILE - LA FINLANDIA HA PROPOSTO CHE I PAESI PIÙ INDEBITATI METTANO I LORO TESORI (COLOSSEO COMPRESO?) COME GARANZIA, MA RIGOR MONTIS HA RISPOSTO CON UNA SONORA PERNACCHIA...

Stefano Feltri per il "Fatto quotidiano"

"Non sono venuto qui a chiedere aiuto, ma deve essere chiaro che il problema dello spread e del costo del debito italiano è cruciale per tutta l'Eurozona", ha esordito Mario Monti. Nel vertice che dovrebbe decidere i destini dell'euro e degli europei, il premier italiano è lo snodo di tutti i negoziati.

Perché finalmente, dopo settimane di minacce felpate e richieste implicite, l'Italia ha chiarito la questione: qui, a Bruxelles, si discute se l'Italia, la Spagna (e domani forse la Francia) devono affrontare da sole i mercati andando incontro al loro destino, prevedibilmente tragico, o se l'Europa sceglie di risollevarsi chiudendo le crepe aperte nella sua periferia dai mercati e da politiche sbagliate.

Sono ore complesse e convulse quelle della riunione del Consiglio europeo (l'organismo che raccoglie capi di Stato e di governo dei 27 Paesi Ue), in cui chi ha capacità contrattuale è pronto a tutto. La concomitanza degli Europei di calcio ha favorito metafore sportive per raccontare il vertice e analogie finanziarie nei titoli dei giornali sportivi ("Cacciamoli dall'euro", titolavano ieri quelli italiani).

E ieri sera si poteva riassumere lo stato della trattativa con uno zero a zero tra Monti e Angela Merkel, il primo determinato a trovare soluzioni per l'Italia e quindi per l'euro e la cancelliera ferma nella difesa in primo luogo dei risparmi dei tedeschi. Ma il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, tedesco ma socialista, ha imposto un cambio di linguaggio.

E rivolgendosi ai capi di Stato e di governo ha ricordato: "Novantotto anni fa, il 28 giugno del 1914, l'erede al trono dell'impero Austroungarico, Francesco Ferdinando, venne ucciso a Sarajevo. Quella data segna l'inizio della crudele prima metà del ventesimo secolo". E la lezione "che gli europei hanno appreso da quella catastrofe ha trovato espressione nel processo di unificazione europea". Un altro 28 giugno, quello di ieri, può segnare l'inizio di una nuova fase di disastri, avverte Schulz.

Altro che partita, quella dell'euro è una guerra. Che si combatte con le armi non convenzionali della diplomazia finanziaria. Nella giornata di ieri è diventato ancora più evidente che si sta discutendo di quanto dovranno soffrire i cittadini degli Stati indebitati nei prossimi anni.

"C'è una differenza tra Paesi che guardano a lungo periodo e altri, quelli mediterranei in difficoltà, che si concentrano sull'immediato", spiega il gelido Alexander Stubb, ministro per le Politiche europee della Finlandia, l'unico Paese più duro della Germania nel chiedere rigore, rispetto degli impegni e nessuna solidarietà con i Paesi fragili. Stubbi si aggira nell'atrio del palazzo di Giusto Lipsio, si concede ai giornalisti e alle tv, per promuovere il piano della Finlandia, alternativo a quello dell'Italia: i Paesi indebitati mettono i loro tesori (immobili pubblici, partecipazioni azionarie, il Colosseo scherza ma non troppo qualcuno) in un fondo apposito che poi emette debito pubblico, a prezzo scontato grazie alla super garanzia.

Se questo non basta a ridurre gli spread, intervengono i fondi salva Stati. Operazione umiliante ma anche rischiosa: se l'argenteria viene usata a garanzia di una parte di debito, l'altra apparirà subito più rischiosa e, dunque, più costosa.

NEL CHIUSO della sala del Consiglio, Monti ha risposto subito che è una proposta inaccettabile per l'Italia. Il premier non ha voluto presentare un piano dettagliato, per evitare che la Merkel si attaccasse ai dettagli per fermare tutto. Ma le linee generali sono ormai chiare e ieri il governo, sia nel Consiglio che al tavolo degli sherpa (lo "euro working group"), sono diventate più evidenti: i fondi salva Stati, Efsf e Esm, il primo già pronto ma con poche risorse, il secondo ancora da costruire, devono intervenire comprando titoli pubblici italiani quando lo spread (e quindi il costo) supera una soglia giudicata eccessiva.

Con quali risorse? Sarebbe ridicolo proporre di usare soltanto quelle oggi a disposizione dell'Efsf (alcune decine di miliardi), infatti per mesi Monti ha chiesto alla Germania un aumento delle dotazioni. Niente da fare. Quindi ieri si è definita l'alternativa: trasformare l'Esm, il meccanismo europeo di stabilità, in una specie di banca che possa ottenere risorse illimitate dalla Banca centrale europea per agire, senza aspettare richieste d'aiuto, sullo spread. Il governo italiano sarebbe pronto a firmare anche un memorandum, cioè degli impegni per riforme e risanamento (ma in forma diversa rispetto a quanto ha fatto la Grecia) pur di ottenere questo sostegno.

La presenza di Mario Draghi, presidente della Bce, al Consiglio di ieri è stata considerata un segnale incoraggiante. Il Partito socialista europeo si è riunito ieri a Bruxelles - c'era anche Pier Luigi Bersani, segretario del Pd - e caldeggia una terza via: il redemption fund, una parte del debito pubblico garantita a livello europeo, il resto a proprio rischio e pericolo. Ma la garanzia bisogna meritarsela con altri tagli e altre tasse e, possibilmente, un po' di misure per la crescita.

Ma la discussione ieri sera era agli inizi: nella riunione a 27 si è partiti dal bilancio comunitario, cioè le risorse che l'Unione avrà a disposizione nel periodo 2014-2020 (sempre un punto del Pil di tutta l'Europa, circa 1500 miliardi), argomento rilevante ma che potrebbe rivelarsi secondario se la crisi degli spread spingesse uno o più Paesi fuori dall'euro. Monti tratta sulla politica agricola comunitaria, per evitare che il metodo di calcolo dei sussidi sfavorisca l'Italia a vantaggio dell'Europa dell'est.

Anche così si trovano alleati per i temi più delicati, come quello dell'unione bancaria con la garanzia dei depositi a livello europeo (per arrestare il panico scatenato dalla crisi spagnola). Di questo si è discusso fino a tarda sera e si continua oggi, nel pranzo di lavoro tra i Paesi dell'Eurozona.

Poi la Merkel dovrebbe volare a Berlino per ottenere al Bundestag il voto (anche dell'opposizione) sul trattato del fiscal compact, voluto proprio da Berlino, e sul fondo Esm. Monti la sta minacciando: è pronto a bloccare la Tobin Tax, che alla Merkel serve per avere i voti della Spd, se la Germania non diventa malleabile. Oggi, o forse domattina, si capirà se il più fragile dei Paesi debitori è riuscito a imporsi sul creditore che ha in mano il suo destino. E quello dell'Europa.

 

mario monti e angela merkelMartin SchulzMARIO DRAGHI ALLA BCE BERSANI barroso

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