“AMMAZZATELI TUTTI! (LA FALLACI AVEVA RAGIONE?) – CROCIATA DELLA “FILIALE” YEMENITA DI AL QAEDA CONTRO I DIPLOMATICI AMERICANI NEL MONDO - IL FILM-FANTASMA SUL MAOMETTO HA RAGGIUNTO LO SCOPO: GUERRA TOTALE TRA ISLAM E OCCIDENTE - VIOLENTI SCONTRI CON MORTI E FERITI IN TUNISIA, LIBIA, EGITTO, SUDAN, E PROTESTE DI PIAZZA PERFINO IN AUSTRALIA - LA “PRIMAVERA ARABA”, PATROCINATA DA SARKOZY E CAMERON ED IMPOSTA A COLPI DI BOMBE, E’ AFFOGATA NEL SANGUE…

LaStampa.it

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato nel modo più fermo la serie di attacchi e violenze contro ambasciate e consolati degli Stati Uniti ed altri paesi occidentali nel mondo arabo. Il Consiglio ha affermato che «questi atti non sono giustificabili qualsiasi sono le loro motivazioni», con un riferimento al film anti-Islam che ha scatenato le proteste, ed ha ricordato i principi fondamentali che tutelano l'inviolabilità delle sedi diplomatiche.

Il ramo di Al Qaeda nello Yemen ha esortato i musulmani ad uccidere i diplomatici americani, nel nome di una «crociata» dopo la diffusione di un film su Maometto considerato blasfemo. «Chiunque incontri ambasciatori o emissari americani dovrebbe seguire l'esempio dei libici, che hanno ucciso l'ambasciatore Usa», è il messaggio lanciato dal gruppo terroristico.

«il film pubblicato in America insulta il nostro profeta Maometto, che la pace sia con lui, e fa parte della continua crociata contro l'Islam», si legge in un comunicato, di Al Qaeda nella penisola arabica. Nel comunicato un invito ai musulmani che vivono in Occidente a colpire obiettivi chiave. «Sono maggiormente in grado di fare del male e colpire il nemico più agevolmente di noi».

Oltre 500 persone sono scese in piazza a Sidney, in Australia, per protestare contro il film anti-islam prodotto negli Stati Uniti che da due giorni sta scatenando manifestazioni in tutto il mondo. Lo riferiscono media locali che parlano di arresti tra i manifestanti dopo scontri con la polizia che ha lanciato lacrimogeni. «Decapitazione per tutti quelli che insultano il profeta», hanno gridato i manifestanti.

Da ieri il mondo musulmano è in fiamme. Migliaia di islamici sono scesi in piazza ieri dal Nord Africa al Sud-Est asiatico, nel primo venerdì di preghiera dopo la messa in rete su Youtube di un offensivo film su Maometto, costato la vita all'ambasciatore americano in Libia, morto martedì notte insieme a tre connazionali.

Sono state attaccate le ambasciate Usa un po' ovunque e le sedi diplomatiche tedesca e britannica in Sudan. Proprio qui ci sono stati tre dei 10 morti rimasti sul terreno negli scontri - in alcuni casi violentissimi, in altri più blandi - con le forze di sicurezza intervenute a impedire saccheggi e vandalismi e a fermare gli assalti con ampio uso di gas lacrimogeni e idranti, ma anche sparando ad altezza d'uomo.

Tunisia
Secondo il sito Tunisie Numerique, che cita fonti ospedaliere, è salito a quattro il numero dei morti negli scontri di ieri davanti all'ambasciata americana a Tunisi. Tunisie Numerique cita fonti dell'ospedale Mongi Slim dove ieri sono stati portati molti dei feriti. Il sito, solitamente molto attendibile, riferisce che tre delle vittime sono decedute per ferite d'arma da fuoco. La quarta, un uomo, non è sopravvissuto ad un grave trauma cranico, pare dopo essere stato travolto da un automezzo impiegato dalle forze dell'ordine. L'uomo sarebbe deceduto durante il trasferimento all'ospedale militare della capitale, specializzato per lesioni come quelle subite dalla vittima.

Sudan
A Khartoum, in Sudan l'ambasciata tedesca è stata temporaneamente invasa da alcune decine di dimostranti che sono anche riusciti a strappare la bandiera tedesca, mentre la grande massa è stata bloccata all'esterno e si è poi avviata, in una marcia furiosa, verso la sede diplomatica statunitense. In diecimila si sono riversati verso il compound senza però riuscire a sfondare. E anche i britannici sono riusciti a difendere i loro edifici, bloccando a distanza i fondamentalisti che agitavano i vessilli neri dell'integralismo e bruciavano - al grido di "Allah Akhbar" - le bandiere americane e israeliane.

L'altro Paese pesantemente coinvolto nelle rabbiose manifestazioni di ieri è stata la Tunisia. Anche qui giovani inferociti sono riusciti a penetrare oltre la cinta muraria dell'ambasciata Usa, nonostante le forze di sicurezza sparassero anche ad altezza d'uomo. Sono stati respinti solo dopo alcune ore lasciando sul terreno decine di feriti, due dei quali sono poi morti in ospedale. Nel frattempo, anche la scuola americana a Tunisi era stata incendiata e gravemente danneggiata.

Egitto
Difficile anche la situazione al Cairo, benchè i Fratelli musulmani del presidente Mohamed Morsi avessero ritirato un loro precedente appello a scendere in piazza in tutto l'Egitto. Centinaia di persone hanno continuato per tutta la giornata a fronteggiare la polizia, schierata massicciamente a protezione dell'ambasciata americana. E in serata è stato trovato nei pressi di una moschea il cadavere di un giovane.

Libano
In Libano l'uomo ucciso dalle forze di sicurezza aveva dato l'assalto a un fast food americano a Tripoli, seconda città del Paese. Anche qui i feriti sono stati una trentina. In difficoltà, dopo i quattro morti di ieri, anche le autorità yemenite che a Sanaa sono nuovamente intervenute in forze con lacrimogeni e idranti, riuscendo a tenere i manifestanti a circa 500 metri dalla sede diplomatica Usa.

La situazione è però molto pesante, tant'è che Washington, dopo aver inviato marines e droni a Bengasi in Libia, ha comunicato l'invio di altri marines a protezione delle installazioni occidentali nella capitale yemenita. Ma i Paesi che hanno visto ieri gli Stati Uniti sotto attacco con dimostrazioni di massa "globali" sono stati veramente molti.

In Iran migliaia di persone si sono radunate a Teheran al grido di "Morte all'America" e "Morte a Israele"; in Iraq altre migliaia di musulmani hanno sfilato a Bassora scandendo "Non c'è libertà quando si offendono un miliardo di musulmani". Il continente Africa ha registrato altre dimostrazioni in Marocco, Mauritania, Kenya e Nigeria ma qui le forze di sicurezza hanno mantenuto con decisione il controllo delle situazioni più a rischio.

Fino all'Algeria, dove il governo ha tagliato alla radice il problema, vietando e impedendo qualunque tipo di assembramento. In Asia, dopo l'Iran, la protesta più imponente ha visto diecimila persone in piazza a Dacca, in Bangladesh: anche qui bandiere americane e israeliane bruciate oltre a slogan rabbiosi contro «gli insulti al nostro grande profeta». Come in numerose città del Pakistan, a Giakarta in Indonesia o in India, a Madras, dove 86 persone sono state arrestate mentre marciavano verso il consolato Usa, e in Afghanistan.

 

 

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