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“LE MIE DIMISSIONI ERANO FRUTTO DI UN ACCORDO POLITICO” – CHI È DAVVERO GIOVANNI MARIA ACRI, IL CONSIGLIERE COMUNALE DI BRESCIA CHE SI SAREBBE DIMESSO IN CAMBIO DELL’ASSUNZIONE DEL FIGLIO DA PARTE DI CARLO FIDANZA?  SECONDO LE CHAT DEGLI INDAGATI, SAREBBE STATO UN FEDELISSIMO DELLA SANTANCHÈ, CHE L’AVREBBE ADDIRITTURA DEFINITO “IL MIO CANDIDATO” – LA SUA VERSIONE: “GIOVANNI DONZELLI SAPEVA DELL’ACCORDO” – IL DEBITO CON IL FISCO DA DUE MILIONI E L’INVITO AL MATRIMONIO A DUE UOMINI ESPONENTI DELLE FAMIGLIE DELLA LOCRIDE CONDANNATI PER ESTORSIONE

Estratto dell’articolo di Emiliano Fittipaldi per “Domani”

 

CARLO FIDANZA GIORGIA MELONI

Spulciando le carte giudiziarie dell’inchiesta della procura di Milano su alcuni fedelissimi della Meloni come l’eurodeputato Carlo Fidanza e il deputato Giangiacomo Calovini si capisce perché, in queste ore, negli uffici di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e nella sede nazionale di Fratelli d’Italia si respiri aria pesante.

 

[…] Ora, al netto delle responsabilità penali tutte da dimostrare (Fidanza è già stato archiviato per l’inchiesta della lobby nera) altri documenti inediti dell’inchiesta rischiano di creare altri grattacapi politici e reputazionali al cerchio magico della premier. In primis al ministro del Turismo Daniela Santanché e a big del partito come Giovanni Donzelli.

giangiacomo calovini 1

 

AMICIZIE PERICOLOSE

Al centro dell’affaire c’è infatti un medico calabrese finora quasi sconosciuto alle cronache, l’urologo calabrese Arci. Che nel 2018, riesce ad entrare a Palazzo Loggia ai danni del suo collega di partito Calovini, primo dei non eletti. Ma chi è Arci?

 

Secondo le chat degli indagati, un sodale politico della Santanché. Dopo la sua elezione Fidanza scrive infatti a Calovini: «Comunque la “Santa” al telefono con (Isabella) Rauti si è “bullata” del risultato di Acri, “il mio candidato”». Calovini risponde: «Beh ovvio, ognuno dirà che è il suo fino a quando succederà qualche casino, e allora sarà il candidato di nessuno...lui comunque ha detto che risponde a Ignazio (La Russa, attualmente presidente del Senato, ndr).

 

il video di ferragosto di daniela santanche' 4

Ieri la Santanché, citata nelle carte come la dirigente che ha tentato di convincere Acri a non dimettersi per lasciare il campo a Calovini, ha spiegato a chi vi scrive che nulla sapeva dell’accordo che i pm milanesi considerano frutto di corruzione. Aggiungendo che Acri non è affatto un suo uomo, e che lo chiamò solo «come coordinatrice del partito in Lombardia».

 

Sia come sia, il profilo di Acri non è banale. Secondo le carte di alcuni procedimenti penali e i commenti dei suoi stessi colleghi di partito, il dottore emigrato a Brescia avrebbe frequentazioni borderline. La Finanza segnala per esempio come Calovini invii a una sua amica degli screenshot delle carte giudiziarie di un procedimento penale della procura di Brescia del 2019.

 

CARLO FIDANZA E IL SALUTO DEL LEGIONARIO

Interrogatori in cui un investigatore e il pubblico ministero fanno cenno ad Acri durante un’udienza del processo contro terzi. I documenti fanno riferimento al matrimonio di Acri con una donna russa, avvenuto il primo luglio del 2017 in una chiesetta a Paderno Franciacorta.

 

L’evento «viene attenzionato» dalle forze dell’ordine, e un investigatore spiega: «Acri tramite Stefano Tripodi invita Massimo Sorrentino, che non potrà partecipare. Riscontrammo anche la presenza di Saverio Tripodi, Gaetano Fortunio e Mario Attilio Macrì» Se i Fortunio sono una famiglia celebre della Locride («Gaetano era l’unico dei Fortunio libero in quel momento libero»), dice l’investigatore che testimonia, Massimo Sorrentino, titolare della pizzeria a Brescia “I tre monelli”, qualche mese fa è stato condannato in appello a 10 anni di carcere per estorsione, ricettazione e incendio. Il pm aveva chiesto anche l’aggravante del metodo mafioso, ma i giudici non l’hanno accolta.

giovanni donzelli francesco rocca foto di bacco

 

[…] Leggendo il fascicolo si scopre poi che i dirigenti di Fratelli d’Italia sapevano pure che il suo gettone in consiglio comunale veniva regolarmente pignorato dal fisco. Questo, scrive la Gdf, perché «è in essere un atto pignorativo sui redditi percepiti da Acri da parte dell’Agenzia delle entrate». I debiti con il fisco del «candidato della Santanché» ammontano nel 2022 alla bellezza di oltre due milioni di euro.

 

giangiacomo calovini 2

«Queste so cose vecchie» dice l’ex consigliere «Colpa del mio commercialista, che poi è stato radiato. Adesso il mio avvocato sta facendo le nuove pratiche per risolvere tutto. Una maxi evasione? Guardi, il fatto è venuto fuori quando mi volevano dare un’onorificenza. Quella di Cavaliere della Repubblica. Facendo i controlli preventivi sul mio nome, si sono accese tutte le lucine degli alert, tipo albero di Natale. Risultava non avevo pagato un sacco di cose, ma non per colpa mia».

 

carlo fidanza inchiesta di fanpage

FRATELLI COLTELLI

La vicenda di Acri sorprende perché dentro il partito, almeno nel 2021, in molti conoscevano bene il suo profilo. Qualcuno lo definiva addirittura «un mafius’». Oppure uno – come dice Calovini in una chat - che fa accordi «con qualche membro della criminalità organizzata».

 

Com’è possibile dunque che i dirigenti di Fratelli d’Italia abbiano deciso di fare una trattativa politica con Acri per convincerlo a dimettersi, tanto da incontrarlo due volte in via della Scrofa e a proporre poi l’assunzione di suo figlio al Parlamento europeo? Chi conosceva a Roma i dettagli di quelli che gli indagati chiamano “Operazione Acri”?

 

daniela santanche' al senato

Il medico calabrese dà a Domani la sua versione. Ricorda che a Brescia era stato già in passato consigliere nelle file del Pdl, e che era stato richiamato dai meloniani (ma non dice da chi) per le elezioni del 2018. «FdI era a livello di prefisso telefonico, sul 3 per cento, e mi dissero le solite cose: “Guarda che c’è bisogno di una faccia pulita, un persona conosciuta”. Così sono stato eletto di nuovo, poi però mi sono rotto le balle perché le promesse poi non venivano esaudite», spiega.

 

Poi Acri per chiarire l’assenza di illeciti nell’operazione-dimissioni fa il nome di Giovanni Donzelli, deputato e responsabile nazionale di Fdi: «Le mie dimissioni erano frutto di un accordo politico. Per me contano ancora le vecchie maniere. Noi ci diamo la mano, ed è la parola che conta. Noi (lui e Calovini ndr) siamo andati a via della Scrofa a parlare con i dirigenti nazionali, ed eravamo tutti d’accordo. Allora, mi dite da dove verrebbe l’anomalia dello scandalo? La corruzione dov’è? Sono accordi politici normali. Donzelli ha detto “va bene”.

 

GIOVANNI DONZELLI GIORGIA MELONI

L’assunzione di mio figlio da parte di Fidanza? Non ne accennai in quell’occasione, era una cosa mia. Ai dirigenti del partito dissi: “Guarda che deve essere questo, questo, questo e quest’altro”. A me interessava fare o il console per la Russia in Sicilia, o diventare consigliere regionale. Meglio ancora deputato. Con questa mossa della procura però mi hanno fatto fuori. Comunque Donzelli è stato messo al corrente di quello che dovevamo fare». […]

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