FLI, UN PARTITO MAI ARRIVATO - GRANATA A FINI: “SENZA CORAGGIO SIAMO FINITI. MANCA LO SPIRITO FONDATIVO DI UN ANNO FA: FLI È AL 3,3%” - ALLA FESTA TRICOLORE DI MIRABELLO, DOVE L’ANNO SCORSO IL PRESIDENTE DELLA CAMERA AVEVA DEFINITIVAMENTE SANCITO LO STRAPPO DA BERLUSCONI, SBARCA ALE-DANNO - RIAVVICINAMENTO? PENTIMENTO PER UNA ROTTURA CHE HA FATTO MALE A ENTRAMBI?...

1 - GRANATA A FINI: "SENZA CORAGGIO SIAMO FINITI. MANCA LO SPIRITO FONDATIVO DI UN ANNO FA: FLI È AL 3,3%"
Alessandro Ferrucci per "il Fatto quotidiano"

La verità è che siamo a metà strada. Siamo a metà di quel deserto che Fini ci ha chiesto di attraversare", sospira Fabio Granata. E forse, qualcuno dei finiani di ferro, inizia ad avere il fiatone. Certo non lui, non il "falco" per antonomasia, acclamato dalla base di Fli per le sue posizioni "bianche" o "nere", mai grigie. Meno apprezzato dai compagni di viaggio, per lo stesso motivo.

Dal primo settembre è tornata la Festa Tricolore di Mirabello, dove l'anno scorso il presidente della Camera aveva definitivamente sancito lo strappo da Silvio Berlusconi. Entusiasmo, gioia, orgoglio, fiducia e speranza tra i suoi. A loro aveva chiesto di essere "granitici". Passato un anno, la roccia si è sgretolata. E chi è rimasto continua a litigare, su tutto.

Onorevole, ora vi siete divisi anche sull'appoggio al referendum contro il Porcellum.
C'è una questione aperta sul metodo. Alcuni di noi pensano che il quesito possa non risolvere il problema. Però a maggioranza abbiamo deciso l'appoggio al comitato.

Qualche divisione c'è stata.
Senta, la nostra gente chiede due cose: di scegliere la forma di governo e di eleggere il proprio deputato. Basta con le deleghe in bianco alle liste dei partiti, anche se non ci conviene.

Altra questione: il Molise. Tra voi c'è chi vuole appoggiare il presidente uscente, Iorio, del Pdl.
Qui è vero, siamo divisi sul territorio: una metà è pronta a sostenere la giunta uscente, mentre l'altra è orientata su Frattura, uomo del centrosinistra (con passato in Forza Italia). Credo che Iorio abbia promesso qualche posto in lista.

La discussione non è solo a livello locale.
Bè sì, è un fatto d'immagine. Sta di fatto che gli ultimi sondaggi ci danno al 3,3 proprio perché non siamo stati in grado di coltivare quello slancio iniziale, nato dalla rottura con Berlusconi.

Quindi?
Non possiamo appoggiare Iorio, sia perché è il candidato del Pdl, sia perché inquisito.

Chi lo sostiene a livello nazionale?
C'è stata una spaccatura.

Bocchino chi appoggia?
Iorio.

Mentre chi è d'accordo con lei?
La Perina, Raisi, Croppi, Della Vedova e altri. La maggioranza.

In questo momento politico, cosa teme?
Siamo stati determinanti per la rottura del sistema berlusconiano e non vogliamo ritrovarci sotto le macerie proprio nel momento in cui sta crollando.

Come potete evitarlo?
Dobbiamo interpretare un ruolo vicino a una certa posizione culturale. Quindi legalitaria, repubblicana e costituzionale. Più una capacità di esprimere innovazione e coerenza aggrappati al filo rosso di quella frattura politica.

Al contrario, sono più frequenti le oscillazioni...
Lo so. E le dirò di più: il problema non è Berlusconi, ma il berlusconismo. Il problema sono La Russa e Bondi. Cosentino e Dell'Utri. Il problema è la questione morale.

Alfano è un interlocutore?
No! E come? È stato il ministro portatore di tutti gli interessi, di tutte le leggi ad personam, principale esecutore degli ordini di un certo berlusconismo. Con lui non possiamo parlare. Eppoi ha anche ricandidato Berlusconi. Tolto lui, sopravviverà quello che ha costruito, e qualcuno al nostro interno deve rendersi conto di questo.

Lei sembra molto lontano dal Bocchino di questi tempi.
Ribadisco: oggi siamo al minimo storico, al 3,3%, mentre a novembre dello sorso anno eravamo all'8,5. Questo è un fatto. Come è un fatto che vinciamo dove ci presentiamo all'opposizione del Pdl. È accaduto in Sicilia e in Sardegna. Lì abbiamo intercettato anche un voto di sinistra e abbiamo sfiorato il 9%.

Lei parla a nuora-Bocchino perché intenda suocera-Fini?
Il presidente deve fare un passo avanti: ben venga il suo tour per il Paese, previsto subito dopo Mirabello. Non solo...

Cosa?
Deve arrivare un messaggio più chiaro.

Ce lo dica...
Se la scelta del Terzo polo è strategica, deve essere ovunque e al primo turno.

Rispetto a un anno fa, cosa avete perso?
Siamo nel cuore della traversata del deserto.

Siete stanchi?
No, ma non dobbiamo perdere il senso e la direzione di marcia.

E qual è?
Costruire un'Italia diversa dal berlusconismo, altrimenti ci dissolviamo.

E poi?
Tornare alla forza, all'intuizione che ha avuto Fini nel creare un soggetto identitario attraverso argomenti chiave. Senza questi, anche lui cade nel gradimento.

Quali argomenti?
Legalità, difesa dei diritti civili, cittadinanza per i figli di immigrati, contro gli sprechi della politica. E anche il voto sull'Ici alla Chiesa mi lascia perplesso. Noi dobbiamo separare ciò che è di Cesare, da ciò che è di Dio.

Sarà contenta l'Udc...
Bè, in certe cose ci possiamo anche dividere.

Ancora?
Senta, noi dobbiamo ritrovare lo spirito di un anno fa, altrimenti è finita.

2-
Renato Pezzini per il Messaggero

Tra le mosche e le zanzare della bassa padana va in scena un piccolo evento a suo modo storico: un pidiellino originario di An accolto dagli applausi alla festa dei finiani del Fli. Visto poi che il pidiellino in questione è Gianni Alemanno, l'incontro fa ancora più notizia. E libera interrogativi: riavvicinamento? pentimento per una rottura che ha fatto male a entrambi? O semplice dialogo fra simili che camminano su strade diverse? «Niente di tutto questo» replica il sindaco di Roma «ma solo la necessità di guardare al futuro e rimettere insieme il centrodestra».

Dallo stesso palco di Mirabello, esattamente un anno fa, Gianfranco Fini prese a schiaffi il Cavaliere in quello che fu il rumoroso prologo di un addio annunciato. Dodici mesi più tardi le conseguenze di quello strappo sono distintamente visibili non solo nelle divergenti posizioni politiche di chi è rimasto e chi è andato via, ma anche nelle ferite che mettono in sofferenza sia gli ex An che hanno seguito il presidente della Camera, sia quelli che sono andati con Berlusconi.

Così, quando all'arrivo di Alemanno il primo a farglisi incontro è Italo Bocchino (il più rappresentativo fra i colonnelli finiani), il loro sembra un abbraccio fra reduci che invocano una tregua prima che la situazione peggiori ancora.

Del resto Bocchino lo dice esplicitamente («ormai la parabola di Berlusconi è conclusa»), Gianni Alemanno glissa: «Il Cavaliere candidato nel 2013? Io continuo a sostenere che la cosa migliore siano le primarie». Ma resta il desiderio forte di una ripresa di dialogo fra quelli che fino a tre anni fa stavano nella stessa casa di An.

Alemanno, poi, è l'uomo ideale per riprendere un discorso interrotto. Un po' perché, come dice lui, «non ho mai partecipato al gioco del lancio del fango». Un po' perché, di questi tempi, ai militanti del Fli è gradita la sua voce critica all'interno della maggioranza. Pure prima di salire sull'aereo che lo ha portato fin qui, il sindaco non ha mancato di dirne quattro alla finanziaria di Tremonti-Bossi-Berlusconi: «L'aspetto più grave di questa manovra è che ricade sui cittadini. Rimango convinto che ci siano strade di sviluppo e di risanamento diverse e più efficaci».

Convinzione apparentemente non turbata dalle polemiche che si accendono nelle stesse ore in cui Alemanno giunge a Mirabello. Gira voce, infatti, che sindaci e presidenti di Regione siano turbati da un emendamento che salverebbe Roma dalla mannaia dei tagli governativi agli enti locali: «Se così fosse, sarebbe un problema» dicono all'unisono Vasco Errani (Pd) e Roberto Formigoni (Pdl), preoccupati dal pericolo che il ventilato premio alla Capitale possa sottrarre la voce del sindaco di Roma al fronte degli amministratori locali. La stessa Polverini sarebbe sul piede di guerra.

Alemanno replica seccato. Nessun favore a Roma, dice: «Queste voci sono sciocchezze visto che nel testo della finanziaria non ci sono nuovi fondi per la nostra città. L'emendamento a cui si fa riferimento sposta al cosiddetto Fondo Letta una piccola parte dei fondi inutilizzati e già destinati al piano di rientro della Capitale».

In poche parole: ogni anno lo Stato passa 500 milioni di euro a Roma per sanare il deficit di bilancio. Quest'anno ne sono arrivati finora solo 300 milioni. Ne mancano 200 e la manovra prevede che un quarto dei soldi dovuti (50 milioni) possano essere trasferiti.

 

GIANNI ALEMANNO GIANFRANCO FINI - Copyright PizziFABIO GRANATA BERLUSCONI STRINGE LA MANO A FINI - ANSAGIANNI ALEMANNO

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