EGO-MANIACI ALL’ATTACCO - L’85ENNE GUNTER GRASS NON CI STA A SPARIRE DALLE SCENE E SPARA A ZERO CONTRO IL “ROSSO”, E SEMI-RITIRATO, LAFONTAINE: “SEI UN TRADITORE”

Alessandro Alviani per "la Stampa"

Günter Grass torna a far sentire la sua voce nel dibattito politico tedesco. E lo fa con un affondo dai toni pesanti: Oskar Lafontaine è un traditore, è il senso dell'attacco lanciato dall'autore de Il tamburo di latta in un librointervista che uscirà a settembre e di cui ieri la Süddeutsche Zeitung ha pubblicato un'anticipazione.

«Non c'è mai stato nella storia del partito socialdemocratico un tradimento più sordido di quello commesso da Oskar Lafontaine nei confronti dei suoi compagni», spiega Grass. Il riferimento è alla decisione presa nel 1999 da «Oskar il rosso», allora leader della Spd e ministro delle Finanze nel governo Schröder, di dimettersi da tutti gli incarichi. In seguito Lafontaine ha lasciato la Spd e ha contribuito alla nascita della Linke, partito di cui è stato leader fino al 2010.

La frase sul «tradimento», sorprendentemente sgrammaticata per un Nobel per la Letteratura (in tedesco Grass usa per il comparativo di maggioranza «wie» al posto del corretto «als», una forma che ormai si può ascoltare spesso nel tedesco di tutti i giorni, ma che resta stilisticamente errata), non è però l'unica critica mossa da Grass, il cui ruolo di istanza morale in Germania s'è fortemente incrinato da quando nel 2006, dopo oltre sessant'anni di silenzio, confessò di aver fatto parte delle Waffen-SS.

Dovrebbe essere nell'interesse sia del partito socialdemocratico che di quello della sinistra radicale Die Linke avvicinarsi l'uno all'altro, ma «un ostacolo su questa strada è una persona: Oskar Lafontaine», argomenta l'intellettuale. «C'è bisogno di una mancanza di carattere senza pari per abbandonare tutti gli incarichi, inscenare una svolta a 180 gradi e attaccare il proprio partito sulla Bild », rincara. Per la Linke, aggiunge, averlo è «una vittoria di Pirro, con la sua strategia del rifiuto impedisce al partito di assumersi responsabilità».

La replica di Lafontaine, che si è ritirato ormai in gran parte dalla politica nazionale, non si fa attendere: Grass molte cose non le coglie più, altrimenti saprebbe che ho proposto più volte alla Spd di formare il governo federale o dei governi regionali con la Linke, mentre «la Spd si rifiuta fino ad oggi», ha spiegato il «Napoleone della Saar» alla Süddeutsche Zeitung.

Da quando è noto che ha incalzato dei socialdemocratici come l'ex ministro Karl Schiller a rivelare il loro passato nazista, mentre lui stesso ha taciuto sulla sua appartenenza alle WaffenSS, Grass «non dovrebbe più esprimersi su questioni relative al carattere», aggiunge Lafontaine. Il botta e risposta scatena decine di commenti sui siti dei media tedeschi, coi lettori che si dividono tra chi (in molti) attacca Grass, chi critica Lafontaine e chi coglie l'occasione per accusare la Spd di aver compiuto una svolta a 180 gradi.

Con la sua uscita Grass non conferma solo di voler continuare a dire la sua in vista delle elezioni di settembre in Germania: in fondo negli ultimi cinque decenni ha spesso sostenuto attivamente la Spd in campagna elettorale e al giornalista Manfred Bissinger, autore del libro-intervista, intitolato Cosa direbbe Bebel al riguardo? , che gli fa notare che a 85 anni si meriterebbe un po' più di riposo, replica: «col riposo Lei mi può punire».

Grass riaccende in realtà anche una polemica che si trascina ormai da anni. Già nel 1999, in un'intervista concessa pochi mesi dopo le dimissioni di Lafontaine, Grass ci andò giù pesante: «mi succede raramente di rompere l'amicizia con qualcuno, ma quella con Lafontaine è finita», spiegò, prima di definirlo «un cinquantenne immaturo» e un «egomaniaco».

«Il danno che ha provocato al suo partito è troppo grande e posso solo dirgli: chiudi il becco! Bevi il tuo vino rosso, va' in vacanza, cercati un'occupazione sensata». E nel 2005, a pochi giorni dalle elezioni che segnarono l'arrivo alla cancelleria di Angela Merkel, rilanciò: «Per me Oskar Lafontaine è finito», non è nient'altro che «un demagogo».

 

 

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