VIGNE AVVELENATE - IN BORGOGNA UN PRODUTTORE BIODINAMICO DI VINO SFIDA LA LEGGE CHE LO OBBLIGA A USARE PESTICIDI - RISCHIA 6 MESI DI CARCERE E UNA MULTA

Luciano Ferraro per il "Corriere della Sera"

«Non userò mai i pesticidi sulle mie vigne sane». Emmanuel Giboulot, 51 anni, francese di Beaune, è un viticoltore biodinamico che rischia il carcere. Possiede un vigneto di dieci ettari in Borgogna, sulla Côte de Beaune e la Haute-Côte de Nuits. Fa parte dell'associazione Renaissance des Appellations, guidata da Nicolas Joly, guru della biodinamica.

Ha ricevuto un ordine del prefetto che impone di ricorrere alla chimica per combattere la cicalina, un insetto vettore della flavescenza dorata, malattia che ha effetti mortali sulle piante dell'uva. La Borgogna, una delle zone più redditizie al mondo per il vino, teme un flagello, per questo per la prima volta è stato deciso di obbligare i produttori all'uso preventivo dei pesticidi antiflavescenza dorata.

La malattia è comparsa anche da noi, ad esempio in Piemonte, nel 1998. Come in Italia, la Francia impone la lotta obbligatoria a questo flagello, per bloccarne la diffusione. Giboulot, che si occupa di Pinot nero e Chardonnay nella sua azienda, in novembre si è schierato contro questo obbligo, diventando il simbolo di una spaccatura, nel mondo dell'agricoltura, tra il mondo bio e quello convenzionale.

È disposto ad affrontare le conseguenze della sua battaglia: sei mesi di carcere e una multa di 30 mila euro. «Questi trattamenti chimici non risolvono il problema - ha spiegato il vignaiolo al sito Bastamag.net - anzi, distruggono anche molti altri insetti e sconvolgono l'ecosistema della zona. Noi invece, con la biodinamica, ci basiamo sull'equilibrio biologico della terra».

È nato un comitato di sostegno a Giboulot, che raccoglie firme anche su Facebook . I due fronti, bio e convenzionale, sono ancora più contrapposti tra le vigne da quando sono usciti i dati di una ricerca sulla presenza di residui di pesticidi nei vini francesi. È risultato che 9 bottiglie su 10, da zone diverse, presentano tracce di queste sostanze chimiche.

La Francia, d'altra parte, è uno dei maggiori consumatori di pesticidi: al terzo posto mondiale dopo Stati Uniti e Giappone, 110 mila tonnellate l'anno, al primo posto in Europa. Persino alcuni campioni di vini bio sono risultati positivi al test, per «contaminazione» dai vigneti vicini o forse perché qualche vignaiolo ha usato prodotti non compatibili con l'agricoltura che si richiama alle regole del biologico o della biodinamica.

Giboulot, con il suo rifiuto, ha fatto finire sulla stampa e sui siti di tutto il mondo il dilemma di molti agricoltori sull'uso o meno di trattamenti chimici. «Non li voglio sulla mia terra - ha spiegato il vignaiolo - il prodotto che mi vorrebbero imporre dalla prefettura non è selettivo, distrugge ad esempio l'acaro antagonista dei ragnetti rossi che tolgono linfa alle viti. Noi coltiviamo con il metodo bio dal 1970 e non vogliamo cambiare».

Lapôtre Olivier, capo del dipartimento regionale della Direzione regionale dell'alimentazione, dell'agricoltura e delle foreste in Borgogna, gli ha ribattuto che se non si interviene l'epidemia si scatena, moltiplicando per dieci il numero delle piante infette in un solo anno. Un altro vignaiolo, di Vaucluse, si era opposto ai fitofarmaci contro la flavescenza dorata. Era stato condannato ma la multa è poi diventata simbolica perché ha capitolato, spargendo il pesticida sulle sue vigne.

Giboulot invece resiste, il prefetto l'ha convocato prima a novembre, poi il 24 dicembre per contestargli la violazione del codice rurale. L'ultima udienza è stata rinviata. Intanto cresce la solidarietà: verdi, sindacalisti e imprenditori agricoli si sono mobilitati per Giboulot. Dice Marcellin Babey, dell'associazione ambientalista Capen 71: «Si sta formando una sacra alleanza tra produttori e consumatori, con un grande sostegno della società civile contro l'obbligo illegittimo di usare pesticidi».

La controproposta è sviluppare la resistenza delle viti alla flavescenza dorata, delimitare le zone contaminate con un monitoraggio costante. «Dobbiamo pensare alla nostra salute e a quella dei consumatori - ha dichiarato il vignaiolo antipesticidi - la soluzione non può essere un trattamento preventivo a largo raggio anche su piante non ammalate con pesticidi di cui tra l'altro non conosciamo del tutto gli effetti sulle piante e sull'uomo».

Agli ispettori che nel luglio scorso gli hanno chiesto perché si rifiuta di usare il pesticida, ha spiegato che intende preservare la biodiversità. E al sito Sorgente del vino ha raccontato che in estate «quando tutti trattavano i vigneti, la presenza dei pesticidi nell'aria era chiaramente avvertibile». Per non spargere quello che pensa sia veleno, Giboulot è pronto a tutto, anche a una condanna al carcere.

 

 

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