IRON LADY - “NON SONO STATA FORTUNATA. ME LO MERITAVO” (A NOVE ANNI, RICEVENDO UN PREMIO)

1. FRASI CELEBRI DI MARGARETH THATCHER
Da "La Stampa"

"Non sono stata fortunata. Me lo meritavo" - A nove anni, ricevendo un premio

"Io non sono dura, sono terribilmente morbida. Ma non persisterò nell'esserlo"

"Se un conservatore non crede che la proprietà privata è uno dei principali baluardi della libertà individuale, allora avrebbe fatto meglio a diventare un socialista e farla finita".

"Lasciate che i nostri figli crescano alti, e alcuni più alti degli altri se saranno in grado di farlo"

"Qualsiasi donna che conosce i problemi di gestione di una casa sarà più vicino alla comprensione dei problemi di gestione di un paese"

"I penny non cadono dal cielo, devono essere guadagnati qui sulla terra".

"Nessuno ricorderebbe il Buon Samaritano se avesse avuto solo buone intenzioni. Aveva anche soldi"

"In politica, se vuoi qualcosa di detto, chiedi ad un uomo, se vuoi qualcosa di fatto, chiedi a una donna"

"Non mi importa quanto i miei ministri parlino, fintanto che fanno ciò che dico"


2. QUELL'ALLEANZA CON RONNIE PER VINCERE LA GUERRA FREDDA
Maurizio Molinari per "La Stampa"

Margaret Thatcher è stata l'alleata più importante e decisiva di Ronald Reagan negli anni cruciali che consentirono all'Occidente di porre le basi per la vittoria nella Guerra Fredda contro l'Urss. Da poco arrivata a Downing Street, aprì le basi della Gran Bretagna nel 1983 allo schieramento dei missili Pershing e Cruise con cui Washington rispose all'installazione degli SS20 in Europa Orientale.

Fu una decisione che affiancò Londra a Roma e Berlino ma la Thatcher fece un passo in più perché condivise, in una serie di incontri top secret, la decisione di Reagan di lanciare il programma "SDI", prima versione dello scudo antimissile, che avrebbe dimostrato all'Urss l'impossibilità di reggere la sfida strategica. Per dimostrare il sostegno allo sforzo militare statunitense triplicò il deterrente nucleare britannico. Nel confronto ideologico con il comunismo sovietico e la sfida alle dittature Margaret Thatcher parlò e agì sempre all'unisono con Reagan, come anche in forte sintonia con il Vaticano di Giovanni Paolo II.

Quando a Mosca arrivò Mikhail Gorbaciov fu fra i primi leader dell'Occidente a recarsi al Cremlino per incontrarlo e, ancora una volta con Reagan, scelse di sostenere la sfida della perestroijka, pur esitando di fronte alla prospettiva della riunificazione tedesca nel timore che potesse indebolire la Nato.

La "relazione speciale" della Gran Bretagna con gli Stati Uniti non era mai stata tanto stretta dai tempi di Winston Churchill e Franklin D. Roosevelt: a dimostrarlo fu anche l'intesa contro il terrorismo, che portò al sostegno per il blitz Usa contro Gheddafi nel 1986 in risposta all'attentato alla discoteca LaBelle di Berlino Ovest, e la condivisione con George H. W. Bush della decisione di creare una coalizione internazionale per liberare il Kuwait invaso da Saddam Hussein nel 1991.

A ben vedere le uniche frizioni che ebbe con Washington avvennero nell'Emisfero Occidentale: non condivise l'invasione americana di Grenada e invadendo la Falkland mise in imbarazzo la Casa Bianca, che non poteva accettare una lampante violazione della Dottrina Monroe. E in effetti per la Lady di Ferro c'era, in politica estera, solo un punto di riferimento più importante dell'alleanza con gli Stati Uniti: la difesa di ciò che restava dell'Impero Britannico.


3. LADIES DI FERRO - DIECI ANNI DI GELO E STOCCATE TRA LA REGINA ELISABETTA E MARGARET THATCHER - LA SOVRANA DICEVA: "VUOLE SEMPRE PARLARE LEI" - IL GAFFEUR PRINCIPE FILIPPO LA DEFINIVA: "FIGLIA DI UN FRUTTIVENDOLO"

Paola De Carolis per "il Corriere della Sera" del 9 novembre 2009

Tra regina e primo ministro il rapporto non è mai facile. Tra Margaret Thatcher ed Elisabetta II c'era notoriamente anche una punta di gelosia e antipatia. Fino a che punto lo si scopre adesso, con l'arrivo di un documentario di Channel 4 per il quale sono state interpellate centinaia di persone tra ministri, dame di compagnia, collaboratori, biografi ed amici.

Le due donne che insieme, per più di dieci anni, mandarono avanti il Regno Unito non condividevano le stesse opinioni. Erano pochi gli argomenti sui quali si trovavano d'accordo. Entrambe personalità forti, non accettavano di inchinarsi l'una alla politica dell'altra. Ogni tanto, così, volava un commento eccessivamente sarcastico.

Come quando la Lady di ferro raccontò alla sovrana di essere in procinto di acquistare casa a Dulwich, un quartiere periferico di Londra. L'inquilina di Buckingham Palace la liquidò duramente: «E dove si trova esattamente? Vicino a Peckham?», zona che allora era tutt'altro che salubre.

Se la scarsa simpatia personale ostacolava il rapporto - il principe Filippo definiva la Thatcher «figlia di un fruttivendolo», mentre la regina lamentava il fatto che con il premier era difficile riuscire a dire qualcosa, voleva parlare sempre lei - il vero nodo era rappresentato dalla politica. In particolare la mancanza di una presa di posizione forte contro l'apartheid in Sudafrica preoccupava Sua Maestà, che vi vedeva la possibile causa di una crisi nel Commonwealth.

Elisabetta avrebbe voluto le sanzioni, mentre la Thatcher era tutt'altro che convinta dell'efficacia della misura. Quando il premier annunciò alla sovrana che intendeva spedire in Sudafrica il ministro degli Esteri, la regina rispose piccata: «Sono certa che il resto del mondo aspetta con il fiato sospeso». Troppo poco, in pratica.

Per Richard Ingham, storico portavoce della baronessa, la divergenza di opinioni era comprensibile. «L'apartheid e la continua richiesta di sanzioni nei confronti del Sudafrica erano una questione spinosa che negli anni 80 divise il Commonwealth, preoccupando di conseguenza la regina. Per Margaret Thatcher le sanzioni non erano la risposta al problema».

Ugualmente problematico il trattamento dei minatori nel 1984 e la politica sociale della Thatcher. Per Lord Parkinson, ex presidente del partito conservatore, la regina considerava l'atteggiamento del premier eccessivamente duro. «Non mi sorprende - racconta alle telecamere - che Sua Maestà si sia chiesta se il Paese avrebbe resistito».

Stando al documentario - cinque episodi sulla vita della sovrana, di cui uno centrato sul rapporto con la Thatcher - alla regina non andavano giù altri atteggiamenti del capo del governo. Come l'abitudine di parlare di se stessa al plurale o di non lasciarle spazio per esprimere le sue opinioni: «Mi risulta che la regina Vittoria avesse lo stesso problema con Gladstone», si sfogò Elisabetta con il segretario personale, Sir William Heseltine.

Alla Thatcher, invece, davano fastidio «le continue interferenze politiche » di Buckingham Palace. Ma se in privato si detestavano, in pubblico dimostrarono sempre grande rispetto reciproco.

«La Thatcher era spesso emozionata e nervosa prima di incontrare la regina e faceva sempre inchini lunghi e profondi», ricorda Graham Turner, biografo della regina madre, mentre Dickie Arbiter, che diventò l'addetto stampa della regina nel 1988, fa notare che a volere il titolo di baronessa per la Thatcher fu la regina in persona. «Non lo avrebbe mai fatto se non avesse provato per il primo ministro rispetto e stima».
Cherie BlairCherie Blair

 

 

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