CULATELLO A FETTINE – TRA TUTTI QUELLI DEL SENNO DEL POI, BRILLA L’AUTOCRITICA DI PANSA: “ANCH’IO AVEVO GIUDICATO BERLUSCONI UN MORTO CHE PRETENDEVA DI CAMMINARE. MA IL MORTO VERO ERA IL SUO AVVERSARIO” - “BISOGNA DARE RAGIONE A DE BENEDETTI CHE DICEVA CHE BERSANI COME LEADER DEL PD È TOTALMENTE INADEGUATO” - “IL SUO ERRORE FATALE È STATO DI METTERSI CON VENDOLA E SOTTOVALUTARE GRILLO. PENSAVA DI VINCERE COMUNQUE” -...

Giampaolo Pansa per "Libero"

A qualcuno non piacerà, ma dobbiamo rendere onore a Carlo De Benedetti e alla sua perspicacia. Nel 2010, interpellato su Pier Luigi Bersani che l'anno precedente era diventato segretario del Pd scalzando Dario Franceschini, l'Ingegnere si espresse così: «Bersani è stato un eccellente ministro. Ma come leader del Partito democratico è totalmente inadeguato». Confesso che anche a me la bocciatura apparve eccessiva. De Benedetti aveva sparato a Bersani due colpi alla nuca.

Con un avverbio senza scampo, «totalmente», e un aggettivo micidiale, «inadeguato». Conoscendo bene l'Ingegnere, mi sembrò soltanto uno dei molti verdetti che ama stilare, con la boria del potente che si considera un vincitore perenne. E giudica il prossimo con arroganza un po' sadica. Ho cominciato a pensare che forse De Benedetti aveva ragione qualche mese dopo.

Accadde la sera che madama Gruber, sempre splendida nel completino Armani, a Otto e mezzo su La7 ebbe di fronte Bersani. La rossa Lilli chiese al segretario del Pd che cosa replicava all'Ingegnere. Lui cominciò a bofonchiare anche più del solito. Borbottò: «Quello di De Benedetti è un giudizio legittimo, sul quale non concordo, forse dettato dal fatto che non è stato lui a scegliermi come segretario del Pd, e bla, bla, bla...». Avrei voluto gridare a Bersani: un leader politico non replica con tanta pavida prudenza, deve tirare un cazzotto verbale all'Ingegnere.

E anche al suo giornalone-partito, la Repubblica, che insieme a lui pretende di guidare la sinistra senza farsi eleggere. Ma il povero Pigi si guardò bene dal farlo. Se avesse avuto tra le dita il sigaro toscano, vietato negli studi televisivi, forse lo avrebbe ingoiato, per aiutarsi a tacere.

LA SENTENZA DELL'INGEGNERE

Mi sono rammentato della sentenza dell'Ingegnere il pomeriggio di martedì quando, con un giorno di ritardo, Bersani si è deciso ad affrontare la prima conferenza stampa dopo il voto. L'esperienza mi ha insegnato che la faccia dei politici rivela sempre il loro stato d'animo. Bersani mi è sembrato un uomo perso.

Era stanco, nervoso, ancora choccato dalla sconfitta o dalla non-vittoria. Ho pensato che anch'io, come tanti altri, avevo giudicato Silvio Berlusconi un morto che pretendeva di camminare. Ma forse il morto vero era il suo avversario, un Bersani alle prese con un kappaò terribile. Sono stati i suoi elettori a mandarlo al tappeto. Il passivo del 24-25 febbraio è orrendo per il Pd. Nelle politiche del 2008 aveva conquistato 12 milioni e mezzo di voti, il 34,2 per cento. Adesso si ritrova con 8 milioni e 600 mila suffragi, il 25,4 per cento, con una perdita secca di quasi 4 milioni di votanti.

A Bersani sono sfuggiti di mano anche molti elettori di aree cruciali: meno 300 mila in Emilia Romagna, idem in Toscana, meno 400 mila nel Lazio, meno 330 mila nella Puglia di Nichi Vendola. Tutta colpa di Grillo? In parte sì. Ma il vero fattore negativo si è rivelato la campagna elettorale condotta da Bersani. Prima o poi, i politologi diranno la loro. Per il momento la cronaca suggerisce qualche spiegazione. La famose primarie dell'autunno 2012 erano state una trappola congegnata al solo scopo di battere Matteo Renzi. Eppure il vertice del Pd ne aveva ricavato una sicumera sfrontata. Bersani si affrettò ad annunciare che il suo partito era «una squadrone», pronto «a una nuova avventura: la conquista del governo».

Poi arrivò la droga dei sondaggi. Dicevano che il Pd stava sul 36 per cento e la coalizione con Sel e i socialisti addirittura al 43 per cento, ventidue punti in più rispetto al Pdl di Berlusconi e soci. Queste previsioni spinsero Bersani a concepire la campagna elettorale come una guerra di posizione. Al riparo di uno slogan da vittoria annunciata, «L'Italia giusta», bastava rimanere fermi in trincea per incassare i voti di chi stava lasciando Berlusconi. E Grillo? Al Nazareno, la centrale democratica, ruggivano: «Chi se ne frega di quel comico esagitato! Comunque vada, il governo lo faremo noi». Tuttavia, la mela pronta a essere mangiata nascondeva un verme.

Lo ha spiegato a Fabio Martini della Stampa un dirigente politico che la sinistra ha dimenticato con troppa fretta, Iginio Ariemma, il portavoce di Achille Occhetto: «Dare per scontata la vittoria è stato uno di quegli errori che la sinistra ha sempre cercato di evitare. Dal momento che così liberi due sentimenti. Da una parte, ti viene addosso il voto di protesta. Dall'altra la prospettiva di successo induce i più incerti a votare per liste diverse, perché tanto si vince lo stesso». L'errore fatale di Bersani è stato di mettersi con Vendola e di sottovalutare Grillo.

Eppure era facile non compiere questi passi falsi. All'inizio di febbraio, tre settimane prima del voto, tutti i sondaggi dicevano che il Napoleone stellare stava crescendo. Aveva già superato il 17 per cento e si avviava a raggiungere quota 20. Nel vertice del Pd pochi se ne curavano. Max D'Alema e Walter Veltroni lanciavano segnali d'allarme, ma i pasdaran del cerchio magico di Pigi alzavano le spalle. Adesso la frittata è fatta.

E sta seminando il caos nel vertice democratico. Bersani si è dichiarato disposto a trattare con Grillo, però è stato subito respinto. Napoleone lo ha irriso con disprezzo. Definendo Pigi un morto che parla. Oppure, nel caso migliore, uno stalker, un molestatore che fa proposte indecenti agli eletti delle Cinque stelle. Il disordine sotto le tende democratiche acceca troppi dirigenti. Non possiamo allearci con Grillo? Allora andiamo a votare di nuovo, il più presto possibile.

L'ESERCITO INAMOVIBILE

Ma un dirigente ostile al voto anticipato mi spiega quale sia l'ostacolo più forte al ricorso alle urne: «Il voto di febbraio ha rinnovato in modo profondo la nostra rappresentanza in Parlamento. Oggi abbiamo 297 nuovi deputati e 109 nuovi senatori. È un piccolo esercito di 406 eletti. Quanti di loro sarebbero disposti a rinunciare al posto appena conquistato? È facile immaginare che risulterebbero pochi, molto pochi». L'unica prospettiva concreta è di dar vita, subito, senza tentennare, a un governo di emergenza con Berlusconi.

Il povero Bersani tentenna. Sa bene che il suo partito considera da sempre il Cavaliere un diavolo immondo. Teme che un'intesa con il Pdl possa spaccare i democratici. E forse si augura che sia Giorgio Napolitano a obbligarlo all'accordo. Il leader del Pd scopre di trovarsi prigioniero delle circostanze che lui stesso ha creato. E forse si rende conto che a rischiare il disastro non è soltanto l'Italia, ma la sua ben più piccola sorte personale. Nel partito crescono i dissensi che riportano a galla lo spettro di Matteo Renzi.

Ci sono dettagli da far tremare. Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, si è già schierato con il compagno Matteo. Uno dei suoi assessori, Luca Rizzo Nervo, ha scritto su Facebook: «Penso che Bersani dovrebbe presentare le dimissioni da segretario del Pd». E le file dei dissidenti si stanno ingrossando giorno dopo giorno. La nemesi delle primarie torna ad agitare le notti di Pigi. Insieme all'incubo di trovarsi all'ultimo giro da leader democratico. E riporta alla memoria una vecchia teoria matematica, quella chiamata di Peter. Sostiene che tutti gli esseri umani prima o poi scoprono di avere di fronte a sé la curva della competenza. Se la oltrepassi, sei finito, perché diventi incompetente a onorare l'impegno o l'incarico che hai ricevuto. E cadi di errore in errore. È il caso di Bersani? Lo scopriremo presto.

 

giampaolo pansa - copyright Pizziberlusconi bersani RENZI E BERSANI Beppe Grillo PIERLUIGI BERSANI CARLO DE BENEDETTI LA FOTO TWITTATA DA VENDOLA CON BERSANI - UNA COPPIA DI FATTO

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)