L’INCHIESTA SU FORMIGONI A UNA SVOLTA - PER I PM SUI 60 MILIONI DI EURO DELLA REGIONE FINITI NELLE TASCHE DI DACCO’ E SIMONE, ALMENO 8 SAREBBERO ANDATI AL CELESTE TRA VACANZE, BENEFIT E CONTRIBUTI PER LE CAMPAGNE ELETTORALI - LA PROCURA CHIEDE TRE MESI “SUPPLEMENTARI” DI CARCERE PREVENTIVO PER ANTONIO SIMONE- L’AUTISTA DI DON VERZE’ RITRATTA E SALVA FORMIGONI…

Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per Il Corriere della Sera

Anni di «sistematiche condotte corruttive» di «politici e funzionari» della Regione Lombardia, in base alle quali «60 milioni destinati dalla Regione all'attività sanitaria della Fondazione Maugeri» sono stati «deviati a favore di Pierangelo Daccò e Antonio Simone», fanno sì che il mediatore e munifico elargitore di quasi 8 milioni in vacanze e benefit a Roberto Formigoni, e l'ex politico ciellino diventato imprenditore con base a Praga e Londra, se lasciati adesso in libertà possano «incidere ancora e illecitamente» sull'attività del Pirellone, in quanto «la complicità» con il presidente Formigoni li dota di «un formidabile potere» di «influenzare e direzionare» l'attività amministrativa della Regione Lombardia. Anche in forza di chances «ricattatorie» di cui possono avvalersi.

È la fotografia che la Procura di Milano scatta dello stato attuale della propria inchiesta, ritenendo di prendersi più tempo per mettere a fuoco intuizioni e acquisizioni che la complessità della situazione non ha sinora consentito di sviluppare. Dunque niente giudizio immediato, e nemmeno chiusura ordinaria dell'indagine: né per i presunti corruttori in carcere (Daccò e Simone) né per l'asserito corrotto libero (Formigoni).

TEMPI SUPPLEMENTARI - E a una settimana dal bivio procedurale determinato dallo scadere il 13 ottobre dei 6 mesi di custodia cautelare di Daccò e Simone nel filone Maugeri, la Procura fa una scelta tecnica poco usuale: chiede al gip una proroga straordinaria di 3 mesi della quasi scaduta carcerazione preventiva, anche se nel concreto il problema riguarda ormai più Simone che Daccò, visto che per quest'ultimo, in cella dal 15 novembre 2011 per il crac della Fondazione San Raffaele, sono già scattati altri 12 mesi di custodia cautelare dopo la sentenza di primo grado che mercoledì gli ha inflitto 10 anni per concorso nella bancarotta dell'istituto ospedaliero dello scomparso don Luigi Verzé e del suicida vicepresidente Mario Cal.

Per chiedere al gip questi tempi supplementari, i pm Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore pescano il poco frequentato secondo comma dell'articolo 305 del codice di procedura penale, quello che «nel corso delle indagini preliminari» contempla che «il pubblico ministero possa chiedere la proroga dei termini di custodia cautelare prossimi a scadere» (nel caso di Simone e Daccò il 13 ottobre) «quando sussistono gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, rendano indispensabile il protrarsi della custodia».

MOTIVI STRAORDINARI - Per evitare che questa formula regali mano libera ai pm, nel 2001 la Cassazione a Sezioni Unite precisò che i motivi per cui sarebbe indispensabile la proroga non devono mai dipendere da inerzie: straordinarie, insomma, devono essere sia le novità emerse da chiarire, sia la complessità delle indagini indispensabili, sia le ragioni per le quali ai pm non siano bastati gli ordinari 6 mesi di custodia cautelare.

È esattamente quanto ora prospetta la Procura nella quindicina di pagine (ieri notificate alle difese) con cui motiva la richiesta di proroga per 3 mesi della custodia cautelare per associazione per delinquere e fa il punto delle indagini. Non vi compaiono rivelazioni clamorose: del resto, da quando Formigoni ha ricevuto in luglio l'invito a comparire in interrogatorio (poi disertato) per le ipotesi di corruzione aggravata e finanziamento illecito, e il Fatto quotidiano ha pubblicato la non depositata informativa di polizia sui quasi 8 milioni di benefit propiziatigli da Daccò in viaggi, soggiorni, disponibilità di yacht, di una villa e di contributi sotto elezioni 2010, non sono più emerse notizie nuove sul progredire delle indagini; e anche adesso i pm si scoprono il minimo indispensabile nella richiesta di proroga, svelando in più solo qualche stralcio di verbale.

Ma è la ricostruzione a pesare. Specie laddove soppesa l'attualità del potere di influenza/ricatto su Formigoni che il rapporto di «complicità» attribuirebbe tutt'oggi al tandem Daccò e Simone; e laddove ridisegna (abbandonando l'accusa di riciclaggio per Simone e puntando invece sulla corruzione) l'attività di una «associazione a delinquere» che i pm mostrano di aver cominciato a comprendere nelle sue reali articolazioni soltanto di recente, alle prese con rogatorie internazionali in mezzo mondo (una in questi giorni).

UDIENZA IL 10 OTTOBRE -L'accoglimento della proroga della carcerazione preventiva di Daccò e Simone non è automatico. Il gip Vincenzo Tutinelli, che in teoria avrebbe potuto limitarsi a instaurare un contraddittorio con le difese a mezzo di memorie scritte, ha invece notificato ieri ai legali Giampiero Biancolella e Giuseppe Lucibello l'avviso di fissazione di un'apposita udienza di esame della richiesta dei pm il 10 ottobre.

AUTISTA "SALVA" FORMIGONI - L'unica buona notizia per Formigoni arriva da un verbale dell'autista di don Verzé e capo della security del San Raffaele, Danilo Donati. A caldo, dopo il suicidio di Cal nel 2011, aveva affermato: «Benché Cal non mi abbia mai detto esplicitamente che pagava Formigoni, tuttavia mi fece capire che Daccò era il referente di Formigoni e che attraverso di lui passavano i pagamenti "riservati" al Presidente».

I pm non avevano mai valorizzato questo passaggio. E ora, col deposito dei verbali, si capisce perché: già il 10 agosto 2011 aveva fatto marcia indietro, «quando ho reso quelle dichiarazioni ero molto arrabbiato, ma oggi intendo precisare che non so nulla di Daccò quale collettore di tangenti per conto di Formigoni».

 

DACCO' - FORMIGONIROBERTO FORMIGONI CIRCONDATO DALLE TELECAMEREFORMIGONI SULLO YACHT DI DACCO Roberto Formigoni ospite a bordo dello yacht di Piero Dacco FORMIGONI SULLO YACHT DI DACCO'FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCOFORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO Formigoni arancione

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…