IL MERAVIGLIOSO UMANO - CORDELLI SPOSA L'IDEA DI UN ‘’ARCHIVIO DEL MERAVIGLIOSO URBANO’’ PER RICORDARE RENATO NICOLINI - “NON ERA UN POLITICO, ERA UN UMANISTA PRESTATO AL MONDO DELLA COSA PUBBLICA” - “SI COSTRUÌ POCO A POCO E NELLE COSE, COSÌ COME STAVANO INASPETTATAMENTE ACCADENDO - IL SENTIMENTO DI LIBERTÀ E IL SENSO DI FIDUCIA NEI SUOI INTERLOCUTORI FURONO LA SUA FORZA”…

Franco Cordelli per il "Corriere della Sera - Edizione Roma"

L'idea di un Archivio del Meraviglioso Urbano, l'idea di Ottavia Nicolini, figlia di Renato, mi sembra eccellente per due, ovvie, ragioni. La prima è per ricordare lui, Renato Nicolini, un uomo che somiglia a nessuno nella storia della Roma repubblicana (e, oserei dire dell'Italia repubblicana). L'altra è proprio per quel concetto che sta nel titolo: «Il Meraviglioso Urbano».

Ma non voglio qui fare confronti, né improvvisarmi storico. Tra l'altro finirei con il ripetere cose che il giorno della scomparsa sono state dette da tanti, anche mirabilmente: mi piace però ricordare lo slancio tutto emotivo di Roberto Silvestri sul Manifesto. Più umilmente, in modo circoscritto, voglio dichiarare anch'io, il mio affetto per Nicolini e dire le ragioni che credo lo sostanzino.

Le persone che a Nicolini erano vicine, negli anni settanta, non erano ventenni, come dice Silvestri. Con l'eccezione di Enzo Ungari, che è uno dei pilastri di ciò che fu Massenzio, erano tutti trentenni, e anche più: insomma di Nicolini coetanei. I miei amici erano i direttori del Beat 72, Ulisse Benedetti e Simone Carella. Li prendevo in giro perché vivevano al Campidoglio (in piazza Campitelli). Ma Inì era, già allora, necessario per la sopravvivenza del teatro. Come può vivere il teatro, nell'era dei media elettronici, se non come un museo, esso stesso già una specie di archivio?

Dai pellegrinaggi di Benedetti e Carella nacque il rapporto con Nicolini. Questo rapporto, a differenza di quelli che si hanno con i politici, non ebbe fin dal principio nessuno schermo formale. Mi rendo conto che sto sottolineando un'ovvietà. Ma è il nucleo di tutto ciò che venne dopo. I politici li avevo visti solo da lontano, non ne avevo mai conosciuto uno. Se questo è un politico, mi dissi, finora ho visto un altro mondo. E in effetti Nicolini non era un politico. Era un umanista prestato al mondo dell'amministrazione della cosa pubblica.

A sentirlo parlare sembrava strana la sua rilassatezza, la sua normalità (è la parola giusta); e sembrava strano come non desse mai l'idea di erigere tra se e gli altri (noi che facevamo delle proposte) un muro, né di conservare il retro pensiero di come avrebbe fatto a tener fede a questa promessa: anzi, a quanto dimostrava di accettare con entusiasmo. Insomma, la prima scintilla del «meraviglioso» che poi si estese ad una pratica, ad un comportamento, ad un modo di organizzare le cose, era li, in quella simultaneità.

Gli stessi tempi, le stesse motivazioni. Non credo che Benedetti e Carella avessero in mente il pensiero di un coinvolgimento della città; forse non ci pensava neppure Nicolini. Si procedeva per tentativi, si rischiava. Però si decideva (si decise) di rischiare insieme. La poesia? Una follia. Il cinema per la strada? Un altro colpo di testa. La cosiddetta teoria, per fortuna, venne dopo.

Si costruì poco a poco e nelle cose, così come stavano inaspettatamente accadendo. Il sentimento di libertà e il senso di fiducia nei suoi interlocutori furono la forza di Nicolini e la base di uno sviluppo che nel giro di due anni mutò radicalmente il nostro modo di «andare in città». Ci si aspettava sempre qualcosa e questo qualcosa c'era, lo si toccava con mano. Penso sia inutile rammentare come fossero anni difficili, dal punto di vista della convivenza urbana.

Anche questo è stato più volte fatto. Ma che sia accaduto di rovesciare da così a così la pura percezione diffusa dell'altrui e del proprio comportamento, credo sia un evento che non è ingiusto ritenere imparagonabile. Dal buio alla luce: non vi era, in questo processo, la messa in atto di un preciso piano politico.

Vi era piuttosto un modo d'essere, una qualità esistenziale, che chiamerei scapigliata e impavida, senza che vi fosse alcun rimasuglio di primo Novecento, petto in fuori, andiamo incontro al pericolo e roba del genere. Se ho conosciuto una persona mite, questa è Renato Nicolini. Che il Meraviglioso Urbano sia scaturito da un uomo come lui, e che questo patrimonio vada raccolto e conservato è un bene che Roma deve concedere a se stessa.

 

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