AUMENTA LA POVERTÀ TRA GLI OPERAI? AL SUD, UNA FAMIGLIA SU QUATTRO NON CE LA FA? POI PASSA L’AMMIRAGLIO DI PAOLA, CHE COME NEI GOVERNI SUDAMERICANI FA IL MINISTRO DELLA DIFESA, E METTE SULL’ATTENTI I CREDULONI DELLA SPENDING REVIEW: “I SUPERCACCIA NON SI TOCCANO. TUTELIAMO INVESTIMENTI E 10 MILA POSTI. FURORE IDEOLOGICO CONTRO GLI ALTI PAPAVERI DELLA DIFESA”…

Antonella Baccaro per il "Corriere della Sera"

«C'è nell'aria un furore ideologico contro le Forze armate che non mi spiego. La sicurezza è un bene condiviso la cui responsabilità è di tutti. Un Paese come l'Italia non può sottrarsi a questo dovere. Le Forze armate possono essere più piccole ma non meno efficienti. Altrimenti si fa prima a chiuderle».

Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, non ci sta a essere messo sotto accusa. E va al contrattacco contro chi vorrebbe un ridimensionamento del ministero e parla di «alti papaveri» ma anche contro chi, a destra e sinistra, invoca la cancellazione degli impegni sugli armamenti e sulle missioni, «dopo averle approvate in Parlamento». E sui vertici Finmeccanica dice: «Lasciateli lavorare».

Ministro, lei ha proposto a febbraio la sua spending review in un disegno di legge delega. Come si concilia con i tagli decisi ora collegialmente dal governo?
«La spending review si pone come un'accelerazione di una parte del progetto contenuto nel disegno di legge. Ma c'è una coerenza assoluta tra i due provvedimenti. Il decreto per sua natura è più rapido».

Quindi la sua riforma è superata?
«No. Il disegno di legge delega, che è stato condiviso dal Consiglio supremo di difesa e dal governo, ridisegna tutto il sistema alla luce dell'attuale situazione economica. Il testo è in discussione avanzata alla commissione competente del Senato e mi aspetto che arrivi in aula prima della chiusura estiva. Il Consiglio supremo di difesa ne auspica l'approvazione entro il corrente anno».

La spending review impone tagli del 10% del personale e del 20% della dirigenza. Che significa per il suo ministero?
«Che nel triennio 2013-2015 dovremo fare a meno di 18 mila unità militari, in un lasso di tempo che può aumentare di due anni per tenere conto dei tempi dei pensionamenti. A questo va ad aggiungersi il taglio di 3 mila civili su un organico di 30 mila».

Dunque, mentre il suo disegno di legge si proponeva un taglio di 40 mila dipendenti in un lasso di dieci anni, la spending ne taglia 21 mila in 3 anni, massimo cinque?
«Esatto. Si tratta di un'accelerazione. Certo, poi bisogna vedere come gestire gli esuberi. Questa parte va approfondita e può subire delle variazioni. Ci sono preoccupazioni sindacali, sensibilità in Parlamento. Non so se alla fine del percorso ci sarà un allungamento dei tempi...».

Lei lo auspica?
«È stato importante dare un segnale come governo. Poi è il Parlamento che deve decidere».

Qualcuno dice che si poteva fare di più.
«Abbiamo già fatto di più! Veniamo da un taglio da 1,5 miliardi che era previsto nella precedente legge di Stabilità per il 2012. Siamo l'unica amministrazione che ha avuto un'attenzione così marcata. È su questa riduzione già pesante che s'innesta la spending review».

E allora come spiega tutte queste polemiche sulle Forze armate?
«C'è un chiaro pregiudizio ideologico: se non vogliamo le Forze armate, eliminiamole e non ne parliamo più. Ma gli italiani non la pensano così, come dimostrano i sondaggi».

Perché non si possono fare maggiori tagli?
«Perché non avremmo più la capacità operativa per svolgere il nostro compito. Vedo sempre fare confronti con l'Europa a ogni piè sospinto. E allora diciamo che la nostra spesa per le Forze armate è pari allo 0,84% del Pil mentre la media Ue è dell'1,6%».

La spending review chiede tagli alla dirigenza del 20%. A quanto equivalgono nel suo ministero?
«Tra i militari, a parecchie centinaia di unità, tra i civili, ad alcune decine. Nel mio disegno di legge il taglio è anche maggiore. Ma anche qui si è chiesta la testa dei re, degli "alti papaveri", c'è questo spirito ghigliottinesco... io però non sono Robespierre, infatti la mia proposta l'ho fatta per tempo e non perché la gente sia corsa in place Vendôme».

C'è polemica anche sui finanziamenti agli aerei caccia F35 (Joint strike fighter).
«Che ho già ridotto da 131 a 90. Ora, io dico: le Forze armate si chiamano così perché dispongono di armamento per svolgere il proprio compito. E il nostro, come Paese della Nato, è quello di essere corresponsabile delle risposte che la comunità internazionale dà alle crisi. Una missione che il Parlamento ha approvato».

Ma in Parlamento anche Fabrizio Cicchitto (Pdl) ha fatto critiche sugli F35...
«Non credo sia compito del ministro commentare quanto dice un parlamentare. Al salone di Farnborough ce n'erano molti, anche d'area non simpatetica con la Difesa. Tutti hanno visitato le nostre aziende sottolineandone l'importanza».

È necessario acquistare gli F35?
«I nostri aerei vanno rinnovati e nel programma degli Jsf, in cui siamo entrati nel 1997, abbiamo investito risorse significative. A Cameri c'è un polo di assemblaggio e manutenzione che non ha eguali se non negli Usa, dove i Jsf vengono prodotti. Se oggi dovessimo chiudere tutto, butteremmo via enormi investimenti, metteremmo a rischio 10 mila posti di lavoro e ammazzeremmo il futuro tecnologico di Finmeccanica».

Resta affascinante la tesi di chi chiede di tagliare i 15 miliardi di costo degli F35 per finanziare la sanità...
«Ma non esiste uno stanziamento di 15 miliardi! Non esiste un simile contratto. C'è un programma che si sviluppa per tranche di ordini che sono stati già ridotti. Non capisco perché, pur essendoci programmi più economicamente impegnativi come l'Eurofighter, ci si accanisca sugli F35».

C'è una gran polemica anche intorno a Finmeccanica e ai suoi vertici. Che ne pensa?
«Il comparto industriale della difesa italiana, di cui Finmeccanica è elemento importante, sta andando incontro a una ristrutturazione. Fino a prova contraria la dirigenza va fatta lavorare e produrre i propri risultati, poi si vedrà. Sarebbe il caso che tutti noi, inclusa la stampa, ci rendessimo conto che una volta che il giocattolo si è rotto, non si ricompone più. Ammesso che sia una giocattolo, e Finmeccanica non lo è, se qualcuno vuole distruggerlo, non conti su di me».

 

 

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