PASSERA, TI “PUBBLICO” E TI MASSACRO - DOPO NOVE MESI DI GOVERNO CORRADINO HA PARTORITO NEMMENO UN TOPOLINO: NON HA RISOLTO NEMMENO UNA DELLE VERTENZE IN CORSO - ALCOA, VINYLS, AGILE, EUTELIA, LA QUESTIONE AMBIENTALE ALL’ILVA: TUTTO IN ALTO MARE - IL “METODO PASSERA” E’ SEMPRE LO STESSO DAI TEMPI DI OLIVETTI FINO A OGGI: ESUBERI, TAGLI, MOBILITA’, PENSIONAMENTI E RICOLLOCAZIONI A MIGLIAIA…

Michele Azzu per Pubblico

Ad Ivrea, poco lontano da Torino, tutto ricorda l'Olivetti. C'è la statua del patriarca Adriano all'ingresso della città. C'è la vecchia fabbrica in mattoni rossi, che sembra disegnata da Charles Dickens, ci sono i centri ricreativi dove i figli dei dipendenti potevano fare sport. C'è il grande edificio «La Serra», a forma di macchina da scrivere, dove ogni cella abitativa era costituita da un tasto della macchina. «Perché Ivrea comunque è Olivetti», spiega Miriam Perini, cassintegrata Olivetti I-Jet.

Dell'azienda, qui, non è rimasto quasi più nulla. È da qui che arriva il ministro Corrado Passera. Sono passati oltre nove mesi dall'insediamento di Corrado Passera al Ministero dello Sviluppo Economico. Nove mesi, e le vertenze industriali di crisi sono sempre lì, eredità dei predecessori Claudio Scajola e Paolo Romani. Alcoa, Vinyls, Agile, Eutelia, la questione ambientale all'Ilva. All'indomani del suo giuramento al Quirinale, Passera era indicato come il "super ministro" della compagine di governo, quello capace di risolvere difficili impasse di vertenza.

Ma il finale è sempre lo stesso: «Quella di Alcoa è una situazione quasi impossibile data la difficoltà a trovare investitori disposti a portare avanti il progetto», come ha affermato il ministro. Eppure il ministro allo Sviluppo di industria se ne intende: è stato protagonista di alcune fra le più importanti svolte industriali del nostro Paese.

Tra il '92 e il '96, da amministratore delegato di Olivetti ha cominciato l'avventura nelle telecomunicazioni con lo sviluppo di Omnitel (oggi Vodafone) e la creazione di Infostrada (oggi Wind). Nel '98 diventa amministratore delegato in Poste, che informatizza e riorganizza, aprendo ai servizi finanziari, quelli che diventeranno il Banco Posta.

Nel 2002 arriva a Banca Intesa, che in seguito porterà alla fusione con Sanpaolo Imi. Nel 2008 è uno degli investitori della Cai, i cosiddetti «capitani coraggiosi» che salveranno Alitalia privatizzandola. Tutte queste cessioni, fusioni, riorganizzazioni hanno avuto un costo alto in vite lavorative: complessivamente una cifra approssimativa di 40.000 lavoratori in esubero nell'arco di 16 anni (dal 1992 al 2008) tra Olivetti, Alitalia, Banca Intesa e Poste.

«Passera vede le vertenze industriali come esuberi», dice Cadigia Perini, cassintegrata Agile Eutelia e figlia dello smembramento dell'Olivetti. Se vogliamo capire come il ministro gestisce oggi le vertenze industriali dobbiamo fare un salto nel suo passato di industriale. Dobbiamo tornare all'Olivetti.

Perché il metodo Passera è sempre lo stesso: ammodernare, riorganizzare, informatizzare. Ma a monte ci sono gli esuberi. Esuberi "soft", concordati col sindacato, tramite pensionamenti e ricollocazioni. Ma sempre nell'ordine delle migliaia. Dopo aver lavorato in Cir, Carlo de Benedetti porta Corrado Passera in Olivetti come amministratore delegato. L'Olivetti nel '92, quando arriva Passera, non era già più quella che poteva competere con Ibm, e che era arrivata ad aprire una sede a Cupertino a pochi passi dalla Apple.

Ivrea non è più quel centro di innovazione che attirava menti da tutto il mondo, ma è tuttavia negli anni '90 che inizia il vero declino: «In quegli anni per rilanciare l'azienda Passera decide di accantonare l'informatica per entrare nel settore delle telecomunicazioni», racconta Agostino Petruzzelli, sindacalista in Olivetti fin dagli anni '70. Dall'Olivetti nascono dunque Omnitel (Costituita nel 1990 ma avviata commercialmente nel 1995) e poi Infostrada (1995). Avviene un secondo step fondamentale: Olivetti viene divisa in due, da una parte Olivetti Personal Computer, dall'altra Olivetti Prodotti per Ufficio (1995).

Queste procedure porteranno in pochi anni allo smembramento dell'Olivetti, le stesse Omnitel e Infostrada verranno rilevate rispettivamente da Mannesman e Wind, in seguito. Ma in parallelo ci sono gli esuberi: «Direi nell'ordine dei cinquemila», spiega Petruzzelli. Tra il settembre del '92 e il luglio del '96, durante l'amministrazione Passera, ci saranno infatti 1.000 dipendenti in cassa integrazione, 3.000 in mobilità e 1.000 trasferiti alla pubblica amministrazione. «Ricordo quando venne la responsabile Documentazione, dove lavoravo», ricorda Cadigia Perini, poi passata ad Agile Eutelia.

«Era in lacrime, la Documentazione chiudeva. Era una decisione di Passera, mi disse». Altri 3.000 dipendenti andranno in prepensionamento. «Si andava in pensione con 50 anni di età, in tantissimi, una cosa che a pensarci oggi viene da piangere», racconta Petruzzelli. «Così facendo mandavano via tutte le grandi professionalità dell'Olivetti, ingegneri e tecnici che non potevano essere sostituiti», conclude. Al giorno d'oggi di Olivetti sono rimaste le briciole: Olivetti Spa e Olivetti I-Jet, ma quest'ultima è stata messa in liquidazione dalla proprietaria Telecom solo lo scorso giugno.

Abbandonata la Olivetti Corrado Passera, su mandato di Carlo Azeglio Ciampi, ministro del governo Prodi, diventa amministratore delegato delle Poste. Passera informatizza, riorganizza, crea progetti pilota che studiano efficienze e inefficienze degli uffici postali di Roma e Milano e su questi studi si apporteranno quegli stravolgimenti che rivoluzioneranno il vecchio carrozzone pubblico, per renderlo a prova di nuovo millennio. Sotto la guida di Passera, poi, le Poste aprono a servizi finanziari, quelli che poi diventeranno il Banco Posta. Nel 2002 le Poste realizzeranno il primo utile di bilancio dell'azienda ex monopolio di Stato.

Ma non c'è riorganizzazione senza esuberi, qui nell'ordine dei 20.000. «Prima del suo arrivo in Poste eravamo 170.000, alla fine eravamo 150.000», racconta Giovanni Punzi, della Slp Cisl. Anche qui Passera cerca l'esubero "soft", concordato coi sindacati. E via a migliaia di prepensionamenti, incentivi all'esodo, e ricollocazioni. «In quegli anni ne abbiamo accompagnati almeno 5.000 alla pensione», aggiunge il sindacalista. Oppure col fondo di solidarietà dei postali.

Negli ultimi dieci anni Corrado Passera è sempre stato al vertice delle principali imprese italiane con lo stesso piglio degli anni precedenti. E le stesse intenzioni: ristrutturare, tagliare. Prima di arrivare al governo. Ecco come è andata.
Banca Intesa Sanpaolo - Tra il 2002 e il 2011 Passera è amministratore delegato di Banca Intesa, che accompagnerà alla fusione con Sanpaolo Imi. Il totale di esuberi relativi alla sua gestione sale a circa 10.000.

«Nella prima fase, prima della fusione con Sanpaolo Imi, a fronte di 9.100 esuberi richiesti riuscimmo a ridurre il numero a 5.600», ricorda il sindacalista della Fisac, Giuliano Calcagni. «Facemmo uscire tutti in vari step, utilizzando un fondo esuberi che non gravava sulle casse dello stato, e fino al 2007 Intesa guadagnò tantissimo». Poi arriva la fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi. Lo sapete già: non c'è fusione senza esuberi. «Procedemmo ad altri 4.000 esuberi, anche qui accompagnando i lavoratori», aggiunge Calcagni.

Nessuno è andato in cassa integrazione o in mobilità, ma si è utilizzato il "fondo esuberi" dove per un massimo di cinque anni il lavoratore riceveva un salario del 70 o 80 per cento, su base volontaria. «A chi accusa la Cgil di frenare l'attività economica - continua il sindacalista - consiglio di guardare gli accordi firmati dalla Fisac ai tempi di Passera». Calcagni ha conosciuto il ministro, anche lui come gli altri ci conferma che Passera cerca sempre la trattativa. «Ha un unico limite però, che forse è culturale. Chiede ai sindacati di farsi carico di grandi sacrifici, come gli esuberi, ma non ci chiede nessun coinvolgimento per quanto riguarda i meccanismi premiali. Significa non spostare la leva del comando», conclude.

Nel 2009 Passera, ancora al vertice di Intesa Sanpaolo, è protagonista della privatizzazione di Alitalia, fa parte del gruppo di investitori radunati da Berlusconi per cercare di salvare la compagnia di bandiera dalle grinfie di Air France. Passera è uno dei "capitani coraggiosi" soci Cai (compagnia aerea italiana), la società di investitori che rileva Alitalia assieme ad Air One. «Prima i dipendenti Alitalia erano circa 20.000, dopo gli esuberi della privatizzazione siamo passati a 14.000», spiega Gianni Platania, della Filt Cgil. Secondo il sindacalista, a differenza delle altre volte, non c'è stata trattativa coi sindacati: «Il contratto dei dipendenti lo hanno scritto direttamente loro, col ricatto degli ammortizzatori sociali».

Con l'operazione Cai, infatti, il governo Berlusconi inserì la legge 166/08 (che modificava la legge 134/08 sulla ristrutturazione delle grandi imprese in crisi, nda) per fare in modo che i dipendenti Alitalia potessero usufruire di quattro anni di cassa integrazione e tre di mobilità. «Il 31 dicembre scadono i quattro anni di cassa integrazione, e si entrerà in mobilità, ma c'è un grosso rischio esodati», aggiunge Platania. Gli accordi, infatti, prevedevano che i dipendenti Alitalia sarebbero stati tutti riassorbiti, eccetto quelli che in sette anni sarebbero arrivati alla pensione.

Sette anni coperti, appunto, con quattro anni di cassa e tre di mobilità. Ora, con la riforma delle pensioni, tutte queste persone diventeranno esodate. E c'è un altro problema, ci spiega Platania: «Dal 2013 gli accordi prevedono che gli investitori Cai, i cosiddetti "capitani coraggiosi", possano ritirare i capitali». Quanti lo faranno? Cosa farà Intesa Sanpaolo, ora che Passera non è più amministratore delegato?

 

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