1. NELL’ERA “RENZUSCONI”, SI SVEGLIA D’ALEMA: ‘’SE FOSSE MENO RICCO SAREBBE IN GALERA” 2. L'EX INCIUCIONE: “QUELLA PRESA DALLA MAGISTRATURA È UNA DECISIONE CON PARTICOLARE ATTENZIONE AL RUOLO POLITICO DI SILVIO BERLUSCONI: È COMPRENSIBILE. CERTO VIENE DA PENSARE CHE CITTADINI MENO FORTUNATI, MENO RICCHI E POTENTI PER REATI MOLTO MINORI VANNO SEMPLICEMENTE IN PRIGIONE. È UNA GIUSTIZIA A VELOCITÀ VARIABILI” 3. E SALLUSTI RIBATTE A D'ALEMA: ‘’UN “NORMALE CITTADINO” CHE INCASTRATO DAI MAGISTRATI AMMETTE DI AVER INCASSATO E GIRATO AL PARTITO UNA TANGENTE DA 20 MILIONI DI LIRE DEVE RESTARE A PIEDE LIBERO? E SE QUESTO “CITTADINO” FOSSE ANCHE UN POLITICO, POTREBBE CONTINUARE A FARLO? GIÀ, PERCHÉ D'ALEMA NON HA PAGATO IL CONTO, NÉ GIUDIZIARIO NÉ POLITICO (È ADIVENTATO PRIMO MINISTRO) PER QUELLA MAZZETTA PRESA NEL 1985: GUARDA CASO QUEL REATO, PIÙ CHE PROVATO, FINÌ IN PRESCRIZIONE” 4. NON POTEVA MANCARE DE BENEDETTI CON LE SUE TANGENTI DEL ’93 E UN’ORA DI CARCERE

1. MORALE
Jena per ‘La
Stampa'
Frodare il fisco rende liberi

3. D'ALEMA: SE FOSSE MENO RICCO SAREBBE IN GALERA
Da ‘La Stampa'

Quella su Berlusconi «è una decisione presa dalla magistratura con particolare attenzione al ruolo politico di Berlusconi: è comprensibile. Certo viene da pensare che cittadini meno fortunati, meno ricchi e potenti per reati molto minori vanno semplicemente in prigione. È una giustizia a velocità variabili». Questa la reazione di Massimo D'Alema, esponente del Pd, nel corso della trasmissione «Porta a Porta». Parole che hanno subito scatenato le reazioni di Forza Italia.

Per Osvaldo Napoli, quello di D'Alema «è un comportamento barbaro e vigliacco». Daniela Santanchè si chiede «come mai D'Alema non cita la persecuzione giudiziaria di cui è vittima il Cavaliere da 20 anni? L'anti-berlusconismo non è mai morto». La Carfagna sottolinea invece la «proverbiale arroganza» di D'Alema.


2. IL RIGORE PRESCRITTO DI D'ALEMA
Alessandro Sallusti per ‘Il Giornale'

Per Silvio Berlusconi può iniziare l'affidamento in prova per scontare la pena del processo Mediaset. Per nove mesi, una volta alla settimana, svolgerà servizi sociali presso una casa per anziani del Milanese. Per il resto, con qualche restrizione, potrà condurre la sua attività politica di sempre.

Così ha deciso ieri il Tribunale di sorveglianza di Milano. La decisione non è piaciuta a Massimo D'Alema, che ha commentato: «Normali cittadini vanno in prigione per reati minori». Onestamente non conosco casi di normali cittadini che all'alba degli 80 anni scontano nove mesi di condanna chiusi in carcere. Ma, ignoranza a parte, chiedo a D'Alema: un «normale cittadino» che incastrato dai magistrati ammette di aver incassato e girato al partito una tangente da 20 milioni di lire deve restare a piede libero?

E se questo «cittadino» fosse anche un politico, potrebbe continuare a farlo? Già, perché D'Alema non ha pagato il conto, né giudiziario né politico (è addirittura diventato primo ministro) per quella mazzetta presa nel 1985: guarda caso quel reato, più che provato, finì in prescrizione. Quindi se c'è uno che non è stato trattato da «normale cittadino» questo è proprio D'Alema. Del resto lui stesso da sempre non si tratta da «normale cittadino», prova ne è il caso di Affittopoli: casa di lusso ad affitto ridicolo da ente pubblico, alla faccia dei poveri cristi «normali cittadini».

Colpisce poi che il rigore morale di D'Alema non sia emerso con forza quando il compagno Penati, ex presidente della Provincia di Milano e segretario di Bersani, venne beccato a intascare mazzette. Un «normale cittadino», ma direi anche un «normale politico» sarebbe finito diritto in carcere. Penati l'ha sfangata: niente cella, niente condanna. Altra prescrizione, nel silenzio di D'Alema.

E per ultimo ricordo a D'Alema un altro caso di «non normale cittadino» che gli è sfuggito. Quello della tessera numero uno del Pd, Carlo De Benedetti. Nel 1993 ammise di aver pagato 10 miliardi di lire in tangenti a partiti e funzionari per ottenere dallo Stato un appalto per la sua azienda, la Olivetti. Roba da prigione per chiunque. Finì con un'ora, dicasi un'ora, di fermo in carcere e una assoluzione per prescrizione.

Ha ragione D'Alema. Non tutti i cittadini sono uguali. Soprattutto se si chiamano Silvio Berlusconi: 43 processi in 18 anni sono davvero un trattamento speciale.


4. CASSON: GIUDICI TENERI CON UN ALTRO CITTADINO SAREBBERO STATI PIÙ RIGIDI
Liana Milella per ‘La Repubblica'

Felice Casson, l'ex giudice istruttore inflessibile e ora nell'area sinistra del Pd, dice: «Ha prevalso la ragion di Stato».

Una volta a settimana con gli anziani. Non è un po' poco per una frode fiscale milionaria?
«Certamente sì, però i giudici, altrettanto certamente, sono rimasti all'interno del recinto normativo. La magistratura di sorveglianza ha un amplissima discrezionalità, che deve valutare le situazioni di fatto, di diritto e personali. Non a caso, a decidere, è un organismo composto anche da non togati».

Ha prevalso la paura delle sue reazioni contro le toghe?
«Penso che i giudici abbiano deciso in autonomia. Proprio l'ampio margine di discrezionalità ha consentito di tenere conto, da una parte del peso notevole di un provvedimento del genere nei confronti di un più volte presidente del consiglio, e dall'altra di consentire, in un periodo di campagna elettorale, la possibilità di muoversi. Forse nei confronti di un qualunque cittadino sarebbero stati più rigidi ».

Qui sta il punto. La gente si chiede perché si usa il guanto di velluto con chi sta affrontando molti processi e ha sempre attaccato le toghe.
«Me lo sto chiedendo anch'io. Forse ha prevalso una specie di "ragion di Stato". Che non è mai facilmente comprensibile e accettabile da parte della gente comune. Proprio perché dovrebbe prevalere il dettato costituzionale dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge».

Una condanna a 4 anni, di cui 3 indultati. L'anno che resta passato così. Non va a finire che l'ex premier non sconta un bel nulla?
«È un problema più generale che non riguarda solo lui. La macchina della giustizia penale rischia spesso di girare a vuoto e di non garantire né la certezza della pena, né la punizione dei colpevoli, perché tra condoni, prescrizioni e lentezze, capita troppo spesso che tutto si risolva in un nulla, o quasi».

Vede un legame tra Renzi che considera Berlusconi un interlocutore politico privilegiato e i giudici che gli danno una pena "dolce"?
«Sono piani e profili completamente diversi. Renzi opera una scelta politica e sociale di cui ovviamente si prende le responsabilità, i giudici si limitano ad applicare delle norme esistenti e approvate dal Parlamento, pur nell'ambito della loro discrezionalità ».

Normalmente i giudici concedono in questi casi al condannato di continuare a lavorare? Per il leader di Fi l'attività politica può essere considerata un lavoro?
«Sui generis, ma direi di si, e penso che questa sia stata la valutazione dei giudici».

Che succede se lui insulta la magistratura?
«Non credo che lo farà, perché non farebbe il suo interesse, visto anche il tenore del provvedimento del tribunale».
Con questa storia non si rischia di dare un altro colpo negativo alla giustizia?
«È un rischio che i giudici avranno sicuramente valutato ».

 

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