IL GOVERNO HA LE RUOTE BUCATE: NIENTE INCENTIVI PER LA ROTTAMAZIONE, MAZZATA AL MERCATO DELLE AUTO (MA PURE AI CONTI PUBBLICI)

Francesco De Dominicis per "Libero"

Niente incentivi auto. Il governo gela le aspettative di costruttori e automobilisti: non ci sono fondi a disposizione e addio, perciò, ai bonus per acquistare nuovi autoveicoli. Una decisione forse sofferta, quella annunciata ieri dal ministero dello Sviluppo economico, che peraltro corre il rischio di avere un effetto boomerang per le finanze pubbliche.

Tra calo del fatturato dell'intero settore (che si traduce in particolare in meno ires e irap al fisco) e immatricolazioni sempre più a picco (per ogni auto venduta l'Erario si becca in media 5mila euro), le casse dello Stato potrebbero subire, complessivamente, un colpo da circa 3,5 miliardi di euro l'anno. Il che vuol dire che i quattrini destinati a spingere lo shopping delle «quattro ruote» potrebbero rivelarsi, come in passato, un ottimo investimento per il Tesoro.

La rotta del governo è un'altra. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ieri è ha detto «no». Forse definitivo. Nonostante la crisi del mercato auto in Italia, unico Paese in Europa dove continua il pesante crollo delle immatricolazioni (-5,6% a ottobre), De Vincenti ha osservato che «non stiamo pensando al momento a incentivi». Dunque, l'Esecutivo di Enrico Letta non seguirà, salvo ripensamenti, l'esempio della Spagna che proprio grazie alle agevolazioni sull'acquisto di autoveicoli, ha visto le vendite aumentare del 34%.

Madrid ha il rapporto tra deficit e pil al 6,8%: come dire che chi sfora i parametri Ue può crescere. Il che vale anche per Slovenia e Portogallo. Il sottosegretario ha lasciato qualche spiraglio sugli incentivi. Ma l'incertezza alimenta le preoccupazioni degli addetti ai lavori. I concessionari, a esempio, auspicano chiarezza su questo versante. «È giusto che i clienti sappiano che gli incentivi non ci saranno: il rischio - dice a Libero il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi - è che restino a lungo in attesa dello sconto che non arriva».

Con la conseguenza che rimandano gli acquisti sine die. Scenario da evitare. «Il mercato italiano è al ribasso - aggiunge il leader dei venditori di auto - gli incentivi servirebbero, ma a precise condizioni: dovrebbero essere triennali e a scalare». In alternativa, Federauto propone altri interventi sul fronte tributario.

Anzitutto per l'acquisto, rendendo il «bollo» più favorevole per le vetture che inquinano poco e viceversa; l'associazione auspica pure l'azzeramento del superbollo per le auto di lusso, che ha massacrato il comparto (-35% il mercato). E poi per la manutenzione, con le spese per tagliandi e riparazioni deducibili, sulla falsa riga delle misure per le ristrutturazioni edilizie (che, poi, hanno a fatto emergere evasione).

Quando si pensa agli incentivi auto, si guarda soprattutto a Fiat. Che finisce inevitabilmente col diventare tra i principali beneficiari degli aiuti statali per la rottamazione o di altre misure volte a spingere il mercato delle auto. Il Lingotto ha da tempo respinto al mittente l'accusa di aver ottenuto regali dallo Stato. Ma la crisi e la recessione, adesso, stanno cambiando le carte in tavola.

Per quanto riguarda i contributi relativi alla cassa integrazione - lo ha spiegato ieri Repubblica - Fiat, a esempio, ora incassa, come sussidi ai lavoratori, più di quanto versa nelle casse Inps. L'ad del gruppo, Sergio Marchionne, si è sempre detto contrario agli incentivi per la rottamazione. Li definisce una «droga» che, alla fine della giostra, altera il mercato. E su questo De Vincenti è d'accordo: «Gli incentivi e gli sgravi hanno un effetto fiammata nei primi mesi, ma poi hanno effetti contrari nei mesi successivi, non è questo lo strumento da usare». Dal canto suo, Fiat auspica che l'intero Paese diventi più competitivo, in modo da favorire anche gli investimenti in impianti, ormai più lontani dai nostri confini.

Di là dalle proposte di rilancio e dalle singole case automobilistiche in ballo, il Governo ora si trova, in pratica, di fronte a un bivio: inventare qualcosa o abbandonare un settore che vale una settantina di miliardi di euro l'anno di pil, considerando i costruttori e tutto l'indotto (concessionari, carrozzerie, officine, ricambi).

Il trend negativo, del resto, corre il rischio di avere pesanti ripercussioni anche sui conti pubblici. Anzi. In parte, i contraccolpi già sono stati registrati. Nel 2012, a esempio, il giro d'affari si è ridotto di circa 5 miliardi da 75 miliardi a 70 miliardi. Calcolatrice alla mano, vuol dire che l'erario ha «rinunciato» a imposte per 2,5-3 miliardi. Quest'anno si chiuderà con un risultato peggiore e per il 2014 i segnali non sono affatto confortanti.

Ecco perché una nuova campagna di incentivi, magari ben strutturata e distribuita su almeno tre anni, come vuole Federauto, potrebbe essere positiva un po' per tutti. I concessionari stimano i vantaggi in 200mila immatricolazioni aggiuntive l'anno. E quanto arriverebbe allo Stato? Non poco. In media un po' più di 5mila euro per ciascuna auto acquistata.

Facciamo due conti: il costo medio di una vettura nuova, al cliente, è di 18mila euro. Prezzo sul quale il fisco incassa subito 3.960 euro di iva (aliquota al 22%), circa 500 euro di bollo e altri 700 euro di ipt (imposta provinciale di trascrizione). Totale dei balzelli: 5.160 euro. Cifra che, moltiplicata per 200mila «quattro ruote» immatricolate, porta il gettito aggiuntivo per lo Stato a oltre un miliardo di euro l'anno.

A questa stima, realizzata grazie al supporto di esperti e ritenuta prudenziale, vanno tolti ovviamente i fondi destinati agli incentivi, sia sulle immatricolazioni «in più» sia quelli destinati a coprire comunque il resto delle vendite. In ogni caso, gli effetti positivi sono sotto gli occhi di tutti: in tutto, il fisco potrebbe incassare almeno 3,5 miliardi l'anno. Il bacino da aggredire, in effetti, è assai ampio: in circolazione ci sono ben 14 milioni di autovetture con oltre 10 anni di vita.

Fatto sta che l'Esecutivo va in un'altra direzione e con una certa calma. Nessun provvedimento urgente, ma l'ennesima commissione. L'ultima trovata è un tavolo comune sull'automotive con istituzioni, sindacati e imprese. E la sensazione è che si perda tempo prezioso.

 

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