OBAMA ASCOLTA KUPCHAN: “IN EGITTO LA DEMOCRAZIA PUÒ ASPETTARE. LAVORIAMO CON AL SISI. FU UN ERRORE DEPORRE GHEDDAFI. OGGI LA LIBIA È FUORI CONTROLLO”

Viviana Mazza per il "Corriere della Sera"

«La democrazia può aspettare in Egitto». L'ha scritto, sul New York Times Charles Kupchan, professore di studi internazionali all'Università di Georgetown, autore di «Come trasformare i nemici in amici» (Fazi) e di «No One's World. The West, the Rising Rest and the Coming Global Turn» (e Gideon Rachman è giunto a simili conclusioni sul Financial Times ).

«Non si tratta di un invito all'isolazionismo», spiega Kupchan al Corriere , ma è piuttosto un appello al «pragmatismo nella politica estera americana. Nel caso egiziano, lo studioso sostiene che «chiedere all'esercito di lasciare il potere e indire le elezioni, come ha fatto Obama, non porterà affatto a essere ascoltati ma solo a una perdita di influenza per gli Stati Uniti. La diplomazia americana otterrebbe invece risultati più efficaci lavorando con il generale Al Sisi e con altri nel governo egiziano per ricostruire l'economia e spingere al rispetto dei diritti umani».

Non è una scusa per non fare nulla mentre l'esercito reprime gli islamici?
«Penso che, al contrario, sia una strategia per evitare di non far nulla. Se guardiamo alla realtà in bianco e nero, o democrazia liberale o niente, finiamo per mollare. Invece questa è una prospettiva che cerca di aiutare le autocrazie a trasformarsi in modo graduale in governi responsabili. In questo modo gli Stati Uniti avranno una maggiore influenza nella regione, oltre che un intervento più efficace».

Lei suggerisce di privilegiare gli interessi americani anziché gli ideali di democrazia?
«Suggerisco il pragmatismo, c'è bisogno di bilanciare il lato morale e idealista dell'equazione con quello realista e basato sugli interessi. Questo è un dilemma che gli Stati Uniti si trovano periodicamente ad affrontare, è la tensione tra idealismo e realismo in politica estera.

Accadde in Iran con la rivoluzione del 1979: c'erano coloro che suggerivano di appoggiare lo Scià e di tollerare la repressione per proteggere gli interessi americani, e chi invece sosteneva che bisognava puntare i piedi e aiutare le forze della democrazia. Ebbene la rivoluzione ha portato a un lungo periodo di conseguenze negative per gli interessi americani.

Anche adesso Obama si trova di fronte a un dilemma: e la posta in gioco è alta, include il diritto di sorvolo del territorio egiziano e il passaggio navale da Suez, la lotta all'estremismo nel Sinai, il rapporto tra blocco sunnita e sciita, il trattato di pace con Israele. La lista è lunga ed è per questo che Obama sta faticando a trovare il giusto equilibrio di condanna e punizione senza rompere i rapporti. A volte i politici americani tendono ad essere un po' ingenui sulle difficoltà della transizione verso la democrazia. Gli Stati Uniti hanno già fatto questo errore in passato. Ma la democrazia non può essere imposta, deve essere coltivata dal basso».

Come ci si assicura che la transizione vada nella giusta direzione?
«Non c'è modo per esserne sicuri. L'ultimo decennio e le primavere arabe ci hanno insegnato che la nostra capacità di influenzare il corso degli eventi è in realtà piuttosto limitata, a partire dall'Egitto e dalla Tunisia. E dunque gli Stati Uniti dovrebbero essere attenti a fare il passo più lungo della gamba, come insegnano l'Iraq, l'Afghanistan e la Libia dove l'intervento ha portato a un lungo e profondo coinvolgimento in situazioni difficili».

Dunque l'intervento in Libia è stato sbagliato? Lo paragona all'Iraq e all'Afghanistan?
«Io ero contrario all'intervento in Libia. Devo dire che la missione della Nato, dal punto di vista militare, ha avuto successo e ha portato alla caduta di Gheddafi. Ma se ci chiediamo "Ne valeva la pena? Quali sono state le conseguenze a lungo termine?" allora diventa discutibile: pensiamo all'ambasciatore americano ucciso a Bengasi, che era stata la roccaforte dei ribelli, alle armi che circolano nel Paese. La Libia oggi non è stabile, è vicina ad essere uno stato fallito ed è un terreno fertile per l'estremismo. Iraq, Afghanistan e Libia sono situazioni diverse ma insegnano la difficoltà della transizione politica in Medio Oriente, anche perché include questioni come le fedeltà tribali e settarie, il ruolo della religione nella politica».

Lei ha sostenuto che l'Islam non è incompatibile con la democrazia. Lo crede ancora?
«Sì è quello che credo. Ma penso pure che la tradizione islamica che non vede distinzione tra moschea e stato, tra sacro e laico è un aspetto che questa regione dovrà affrontare per riuscire a incorporare questi due aspetti. La stessa cosa peraltro accade in Israele, che è una democrazia liberale e laica, ma dove c'è una profonda divisione tra comunità religiose e laiche a proposito del ruolo della religione».

 

 

BARACK OBAMA GENERALE EGIZIANO AL SISSI CHARLES KUPCHANMohammed Morsi CHARLES KUPCHANGHEDDAFI IN ITALIA CHARLES KUPCHAN

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...