1. IL PASTICCIACCIO MARCIO PARMALAT-LACTALIS HA UN RESPONSABILE: ENRICO BONDI 2. IL COSIDDETTO RISANATORE DUE ANNI FA SPALANCO' LE PORTE AL COLOSSO FRANCESE CHE SI è PORTATO OLTRALPE, OLTRE AI MARCHI, UN TESORETTO DA 1,3 MILIARDI DI EURO 3. GRANDI POMPE MEDIATICHE QUANDO MONTI LO NOMINò COMMISSARIO PER LA SPENDING REVIEW E ANDò A SBATTERE CONTRO IL MURO GRANITICO DELLE CASTE E DEI MINISTERI 4. POI MONTI LO HA SPEDITO A RISANARE I CONTI DELLA SANITÀ LAZIALE: BUCO NELL’ACQUA 5. SEMPRE SU INCARICO DI MONTI, IL CUI FIGLIO BONDI ASSUNSE IN PARMALAT NEL 2009, BONDI SCREMò I 2.300 CANDIDATI PER LA LISTA MONTIANA: COL RISULTATO FLOP ALLE URNE

1- PENISOLA DEI FAMOSI
La Parma grillina e industriale è sottosopra per ciò che sta avvenendo dentro l'azienda del latte acquistata dai francesi di Lactalis nel luglio 2011.

L'aria che si respira sembra quella dei tempi in cui scoppiò lo scandalo Tanzi anche se in questo caso gli effetti sembrano meno devastanti perché si tratta di un'operazione finanziaria , disinvolta e spregiudicata , sulla quale la Procura ha chiesto al tribunale civile di azzerare il consiglio di amministrazione controllato per la maggioranza dai francesi di Lactalis.

Questi ultimi hanno avuto la bella pensata di acquisire ,attraverso la loro holding Sofil, la controllata statunitense Lactalis American Group. Fin qui sembrerebbe un'operazione senza danno per gli azionisti, ma alcuni di loro hanno denunciato il carattere anomalo dell'acquisizione perché hanno scoperto che sarà finanziata con 904 milioni di dollari presi dalle casse della società italiana.

Questo vuol dire che Parmalat sarà prosciugata quasi per intero della liquidità messa da parte nel corso degli anni da Enrico Bondi, il 76enne manager aretino che si è fatto la fama di risanatore e di tagliatore di teste.

A questo punto è inevitabile chiamare in causa l'ossuto Bondi dal volto ieratico che due anni fa spalanco' le porte al colosso francese senza utilizzare il tesoretto di 1,3 miliardi di euro che Parmalat aveva in cassa.

Quando nel 2004 è arrivato nella città emiliana Bondi portava addosso la fama di un uomo che era riuscito a sistemare aziende disastrate come Montedison e Lucchini. E sarebbe profondamente ingiusto ignorare che grazie ai suoi interventi l'azienda del latte ,distrutta dalle peripezie finanziarie di Tanzi, è riuscita a rimettersi sul mercato e a sistemare i conti recuperando gran parte dei crediti maturati nei confronti delle banche italiane e straniere.

Di fronte a questi successi la Parma piu' "rossa" era pronta a dimenticare perfino che nel 1997 il chimico aretino aveva firmato insieme ad altri 45 personaggi una lettera al Parlamento in cui chiedeva la depenalizzazione del falso in bilancio, un reato sul quale Berlusconi appena arrivato al governo diede un colpo di spugna.

Il punto di caduta è arrivato nel momento in cui con 1,3 miliardi di euro tra le mani il chimico aretino ha tirato i remi in barca senza immaginare una strategia in grado di utilizzare le risorse che avrebbero potuto consentire un ulteriore sviluppo dell'azienda sui mercati internazionali. In quel momento sono entrati in pista i francesi di Lactalis e della famiglia Besnier, una delle più ricche dinastie francesi già incappate in qualche vicenda giudiziaria nel loro Paese.

Senza muovere un dito Bondi ha assistito alla scalata dei francesi che rastrellando azioni in Borsa e con un'Opa successiva si sono portati Oltralpe il latte e i marchi italiani. A dire il vero ci fu un tentativo di Corradino Passera per contrastarli con una cordata della quale faceva parte anche Luchino di Montezemolo, ma come tutte le cordate dei patrioti italiani anche questa è andata a sbattere.

Da quel momento le quotazioni del grande risanatore Bondi sono precipitate,ma a dargli un nuovo destino è stato nell'aprile dell'anno scorso Monti quando lo ha nominato commissario per la spending review. Allora si disse che l'amicizia tra i due era stata cementata dall'assunzione in Parmalat nel 2009 di Giovanni Monti, figlio del professore di Varese. Resta il fatto che, malignità a parte, il Premier gli ha messo tra le mani le forbici della spending review e questa volta è stato Bondi a sbattere contro il muro granitico delle caste e dei ministeri. Poi Monti lo ha spedito a risanare i conti della sanità laziale, dove con una toccata e fuga il manager aretino non ha lasciato alcun segno della sua fama.

A gennaio di quest'anno il risanatore e moralizzatore lascia il suo incarico, ma non interrompe il feeling con il professore di Varese, e tra lo stupore degli ambienti industriali e finanziari, indossa l'ennesima casacca di commissario per scremare il latte politico dei 2.300 candidati per la lista montiana.

Con questa scelta curiosa e improvvida Bondi a commissario di grandi aziende è diventato commissario politico delle élites vogliose di battersi per la vanità dell'amico Monti. Ma anche in questa battaglia è uscito perdente come gli è successo a Parma quando i francesi, oggi fustigati dalla procura di Parma per l'operazione americana, lo hanno messo da parte senza tanti complimenti.


2- LA PROCURA: AZZERATE IL CDA PARMALAT IRREGOLARE L'ACQUISTO DI LACTALIS USA
Ettore Livini per "la Repubblica"

L'auto-acquisto di Lactalis Usa, la società lattiero- casearia che la famiglia Besnier ha girato alla Parmalat mettendosi in tasca metà del tesoretto raccolto da Enrico Bondi, rischia di costare carissimo alla dinastia bretone. La Procura di Parma ha chiesto infatti al Tribunale civile del capoluogo emiliano di azzerare il cda di Collecchio e procedere alla nomina di un commissario che «in 4-5 mesi provveda a cancellare l'acquisto» dell'azienda statunitense.

«Siamo andati oltre la richiesta di ispezione alla luce delle risultanze della procedura che ci fanno ritenere di poter arrivare alla nomina di un amministratore», ha detto il procuratore capo Gerardo La Guardia per spiegare la richiesta choc. I legali della Parmalat (che ieri non ha voluto commentare la mossa del pm Lucia Russo) illustreranno oggi al giudice Roberto Piscopo la loro posizione. Poi, entro un mese, arriverà la sentenza.

Il procedimento contro Lactalis è stato aperto su denuncia di alcuni azionisti di minoranza della società quotata a Piazza Affari in merito a presunte irregolarità amministrative del cda nominato dal socio di riferimento francese. Nel mirino in particolare la contestatissima operazione di acquisto della Lactalis Usa, venduta dalla casa madre transalpina a
Parmalat per 950 milioni di dollari, prosciugando parte degli 1,3 miliardi di euro di liquidità raccolti grazie alle cause a banche e revisori dopo il crac dei Tanzi.

L'operazione, sospettano i soci di minoranza, è stata messa in piedi in fretta e furia dopo l'Opa su Collecchio con il solo scopo di trasferire i soldi dalla controllata a Lactalis, che grazie all'assegno di Collecchio ha potuto rimborsare parte dei debiti contratti per la scalata. I piccoli azionisti (tra cui il fondo Amber) contestano le procedure seguite per dare l'ok all'acquisizione e per stabilire il prezzo, lamentando i presunti conflitti di interessi dei vari consulenti legali e finanziari chiamati a dare il loro parere sulla congruità dell'operazione.

Lactalis si è sempre difesa ribadendo la sua correttezza e sottolineando la strategicità dell'operazione, malgrado nel prospetto per l'Offerta pubblica d'acquisto avesse dichiarato di voler fare della Parmalat un polo per il latte fresco in Italia e Spagna. Soci minori e cda tra l'altro sono ai ferri corti pure sull'eventuale conguaglio di prezzo previsto in base ai risultati reddituali di Lactalis Usa.

La partita, come ovvio, è delicatissima. Anche perché l'azzeramento del cda di una blue chip di Piazza Affari sarebbe una prima per tutti anche in Borsa. Nel corso dell'udienza di ieri i legali del curatore speciale, nominato dal Tribunale nell'ambito della procedura, hanno segnalato ipotesi «alternative e intermedie», rispetto alla richiesta della Procura di revocare il cda.

Le proposte sono state avanzate in quanto anche il curatore ha rilevato che delle criticità nell'operazione di acquisto di Lactalis Usa «ci sono state». Il listino comunque ha incassato senza troppi contraccolpi le novità in arrivo dal fronte giudiziario: i titoli della Parmalat hanno chiuso ieri in rialzo dello 0,38% a 1,837 euro, ben lontani dai 2,6 euro pagati all'epoca dell'Opa dalla famiglia Besnier.

 

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