L'UE TORNA SUL LUOGO DEL DELITTO - SI INAUGURA LA PRESIDENZA DI TURNO AD ATENE E BARROSO E VENIZELOS CANTANO VITTORIA, MA I GRECI SONO SEMPRE ALLO STREMO

Marco Zatterin per "La Stampa"

Arriva l'Europa, tornano i lacrimogeni. Nonostante la blindatura delle strade della capitale ellenica, gli agenti antisommossa sono stati costretti a intervenire ieri sera per sedare la protesta davanti al Megaron, il grande auditorium di Atene, dove s'è celebrata l'apertura ufficiale del quinto semestre greco di presidenza dell'Ue. Inevitabili, visti i tempi e una «giornata storica» ricca di promesse da verificare.

«E' l'anno della ripresa dopo quella della svolta», ha annunciato il presidente dell'esecutivo comunitario, José Manuel Barroso, sottolineando che vale per la Grecia quanto per l'Europa. «C'è ancora da fare - dice il portoghese -, ma intanto la crisi esistenziale dell'Eurozona è chiaramente finita».

Giornata di sole, calda e luminosa, in cui ci si sforzano di vedere un presagio positivo per quello che ci attende. «Il 2014 sarà per l'economia meglio dell'anno passato», ribadisce Barroso, per il quale l'Eurozona è sulla strada giusta, ma «non potremmo dire di aver messo alle spalle la crisi sino a che non ridurremmo anche la disoccupazione». I dati Eurostat non danno motivi di soddisfazione, i senzalavoro restano oltre il 12% della popolazione attiva, e in alcuni paesi la situazione resta davvero drammatica.

«Occorrono determinazione e perseveranza», incalza il portoghese. Il che comporta il rispetto del Fiscal compact sui bilanci, l'attuazione di piani e schemi di garanzia per il lavoro (dei giovani, per primo), assistere le imprese e completare l'Unione bancaria. In una frase, «mantenere gli impegni presi».

Barroso lo dice agli europei guardando in faccia il premier greco Samaras. Lo sprona a non rallentare le riforme, ad aprire i mercati e privatizzare. Giura che i programmi funzionano, usa l'esempio di Irlanda («tre anni fa l'abbiamo salvata, ora paga interessi migliori di altri») e Spagna.

Porge la mano ai cittadini greci, quelli che di più hanno pagato il conto. Li chiama «eroi» nel discorso che pronuncia sul podio del Megaron, mentre un paio di centinai di manifestanti infuriati urlavano contro il rigore eccessivo. Cerca colpevoli anche oltre la politica ellenica che ha truccato i bilanci, se la prende coi gufi, «analisti e capitali che hanno alimentato il dibattito sull' uscita greca dall'Eurozona rendendo il lavoro più difficile».

L'ambizione è spiegare che l'Europa è la soluzione e non la causa dei mali. Serve in vista delle elezioni a dodici stelle di maggio, in cui si teme un'ondata euroscettica e populista, potenzialmente destabilizzata. La presidenza greca promette in quest'ottica di aprire «un anno mediterraneo» condiviso con l'Italia. Lavoro, crescita, immigrazione in testa all'agenda. Barroso è certo che la maggioranza degli elettori capirà. «Lo scetticismo è occasione per spiegare l'Europa - ha detto -. Populismi ed estremismi possono gonfiarsi, ma i partiti pro Europa usciranno vincitori dalle urne». Questo, scommette, garantirà la stabilità politica «indispensabile» per avanzare sul percorso che porta a consolidare la ripresa e rilanciare l'occupazione. Il benessere, ricorda, passa anche per le scelte che si fanno alle urne. Gli elettori, come sempre, sono avvertiti.


2- ATENE: "FINALMENTE SALVI ANCHE SE MOLTO PIÙ POVERI"
Marco Zatterin per "La Stampa"

Lo interroghi sui conti pubblici e lui risponde: «Siamo meglio di Singapore!». Evangelos Venizelos, socialista, corpulento ministro degli Esteri già alle Finanze, ripete con la determinazione di chi è consapevole del rischio di non essere creduto che la Grecia non è più un paese in crisi bensì uno «sulla strada della ripresa».

Sventola un «avanzo primario senza pari in Europa e forse nel mondo», e annuncia che il grande malato dell'economia continentale, il figlio per il quale Ue e Fmi hanno mobilitato 240 miliardi fra prestiti e garanzie, nel 2014 tornerà a crescere e a finanziarsi da solo. La ripresa sarà dello 0,6% a essere precisi, più di quanto Bruxelles prevede per l'Italia. Ma sarà davvero?

Per strada la gente ha una sensazione diversa. Gli effetti del rigore «senza pari dopo la seconda guerra mondiale», come recita il premier centrista Antonis Samaras, continuano a colpire spietati. La stampa locale racconta che ad Atene otto condomini su dieci non comprano più il gasolio, mentre Eurostat certifica una disoccupazione al 27,4%.

La povertà di ritorno è diffusa, per evitare una tassa di circolazione da mille euro l'anno, nel 2013 sono state riconsegnate settantamila targhe. «Passa sempre del tempo prima che le misure e la crescita produca effetti tangibili - si scusa il ministro delle Finanze, Yannis Stournaras -. I risultati dicono però che il progresso ci sarà e sarà sentito. Mezzo punto è poco, ma se si arriva da -4 è un'altra cosa».

Il governo greco tenta di sfruttare il palcoscenico della presidenza Ue per raccontare un sistema che sta mutando pelle rispetto a un passato di evasione fiscale generalizzata e conti taroccati. Il deficit è stabilizzato «senza che neanche un cittadino tedesco spendesse un euro», nota con malizia Venizelos. «Ci sarebbe un costo se uscissimo dall'euro o fallissimo la missione, cosa che non accadrà», aggiunge, prima di assumere una posa da Termopili e dire che «la Storia ci vendicherà, abbiamo fatto il nostro dovere per evitare il tracollo».

Ciò non toglie che al momento sia certificato un "financial gap", un divario finanziario, da 11 miliardi. O da 15, secondo la stampa greca. Sono i denari che mancano perché l'insieme degli obiettivi di bilancio negoziati da Atene con Ue e Fmi siano rispettati. La circostanza ha alimentato una le voci su un nuovo "haircut", uno scalpo ai cittadini per ricomprimere il debito. Smentite. Finito l'esame della Troika Ue-Bce-Fmi e l'esame di tenuta delle banche, stima Stournaras, «studieremo la soluzione».

Il ministro è persuaso che ci siano molte ricette, la riduzione dei tassi come l'allungamento delle scadenze di maturazione dei debito. «Non vogliamo solo nuove restrizioni di bilancio - confessa -, sono già durissime a fronte d'un surplus dell'1,6% del pil nel 2014».

Venizelos approfondisce sul fonte della crescita, precipitata di 25 punti dal 2007, e su quel pil che fa da denominatore alla frazione col deficit a cui tutti guardano. «Conta la qualità dei bilanci - dice -, e lì siamo a posto. Dobbiamo sostenere la ripresa, dunque ridurre gli oneri». Elaborando sulle formule, il capo della diplomazia greca trova l'occasione per prendersela con la Troika, «un ibrido che costituisce un problema istituzionale».

Il Fmi, ha insistito, è «stata chiamato perché l'Ue non aveva gli strumenti per agire nel nostro caso» e «ha dimostrato che i governi non si fidavano della Commissione». Non lo vorrebbe più vedere, si intende, come chiedono i socialisti all'Europarlamento.
Riprendere le redini dei Paesi e della loro politica, è il motivo chiave. E garantire un risanamento sostenibile, anche perché le elezioni si avvicinato e gli estremismi si gonfiano, non senza violenze.

Il governo teme la destra contaminata dal nazismo di Alba Dorata, ma anche la sinistra che ammicca all'euroscetticismo e contesta l'austerità, come Syriza che ieri ha disertato le celebrazioni presidenziali. A maggio il voto europeo si accompagna le amministrativo. Il rischio è doppio e, per sbagliarsi, il premier Samaras ha azzerato il ticket ospedaliero da 25 euro. Pagheranno i fumatori, 5 cent a pacchetto. Un vecchio trucco che potrebbe minimizzare i danni. Forse.

 

 

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