romano prodi enrico letta

PRODI STALKER TELEFONICO PER TENERE UNITO IL PD – ''HO FATTO DECINE DI TELEFONATE PER EVITARE IL SUICIDIO DELLA SCISSIONE'' – TACE NAPOLITANO, MA LANCIA IL SUO PUPILLO ORLANDO PER BLOCCARE IL TERREMOTO AL NAZARENO – E QUALCUNO PENSA DI RICHIAMARE “ENRICO (LETTA) CICCINNATO”

 

Goffredo De Marchis per la Repubblica

 

GENTILONI PRODIGENTILONI PRODI

Voce squillante, umore cupo. «Sono angosciato», dice Romano Prodi. Fondatore dell’Ulivo e del Partito democratico, protagonista assoluto della stagione del centrosinistra italiano, due volte vincitore su Berlusconi, padre nobile ma mica seduto sul divano col plaid. Attivissimo, sempre in campo, figura di riferimento di un popolo o di ciò che ne è rimasto. «Faccio decine di telefonate, certo non sono indifferente alla scissione. Colloqui privati, tali rimangono».

 

Pieno di ferite, anche. Uliviste e democratiche, ovvero inferte dalle sue creature. Dalla caduta del primo governo nel 1998 alla fine anticipata del Prodi 2 nel 2008, fino al peccato originale di questa legislatura, seme della scissione che oggi si consuma: il tradimento di 101 parlamentari del Pd che votarono contro il suo nome per la presidenza della Repubblica. Imboscati nel voto segreto.

 

ROMANO PRODI MATTEO RENZI
ROMANO PRODI MATTEO RENZI

Le ferite sono nel cuore e nella sua memoria di ferro, ma non nel fisico. «Sto molto bene, grazie. Mi sono allenato anche stamattina», esordisce cordiale. «Non sono in grado di dire nulla sul Partito democratico». Ma poi scolpisce: «Nella patologia umana c’è anche il suicidio ». Morte auto-inflitta di un progetto, di una storia fatta di carne e ossa, milioni di voti, governi, politiche, riforme. Eppure il Professore dovrebbe sapere che tutto è cambiato intorno a quell’idea, non solo gli anni che passano.

 

L’Ulivo e il Pd si reggevano su due gambe: il maggioritario, quindi il bipolarismo e l’Europa. La prima gamba non c’è più, la seconda gode di pessima salute, anzi è il bersaglio preferito di chiunque voglia competere nelle urne. In tutto il continente. «C’è sicuramente anche questo nella crisi del Pd. Ma lei me lo chiede perché pensa che io mi rassegni? Non esiste. Semmai, mi intristico. E se è vera la crisi di sistema che abbiamo descritto, va affrontata, combattuta, sconfitta. Io non mi rassegno affatto».

PRODI CIAMPIPRODI CIAMPI

 

Le telefonate dunque sono “di lotta”. Non chiacchierate amarcord, ma tela da tessere, consigli richiesti e non richiesti. Prodi ha parlato con Matteo Renzi, Pier Luigi Bersani, Paolo Gentiloni, con il quale, a sorpresa, molti hanno scoperto che c’è una sintonia politica forte. Con Enrico Letta, naturalmente. Lo ha fatto più di una volta in questi giorni. Continua a farlo. Forse si è confrontato anche con Walter Veltroni e Massimo D’Alema.

 

prodi, dalema e montiprodi, dalema e monti

Il Professore cerca di fermare l’onda della scissione. È lui infatti a raccontare che non aspetta lo squillo del telefonino. Non si limita a ricevere chiamate, le fa. Non dice però “chi sta sbagliando più forte”, come recita una canzone di Ivano Fossati. Se il segretario uscente che, dopo 10 anni di vita, vede il Pd perdere un pezzo. O la minoranza dem che vuole richiamarsi all’Ulivo, al centrosinistra, persino nella sigla futura, per marcare il legame con la stagione prodiana. Il contenuto dei colloqui, ripete, «deve restare privato» e la sua opinione su chi e come dovrebbe fare un passo indietro la confida solo agli interlocutori. Adesso il punto è salvare il Partito democratico. E non rassegnarsi al morbo della divisione: «La soluzione, per poi rimettersi insieme, non può certo essere la frammentazione».

RENZI E NAPOLITANORENZI E NAPOLITANO

 

Di altri attori fondamentali dell’Ulivo, arrivano prese di posizione pubbliche e altre sussurate in privato. Ha parlato Veltroni, primo segretario del Pd, ribadendo le ragioni della nascita del partito: alternativa alle destre, al consociativismo, alle larghe intese, alle coalizioni dei riformisti contro i populisti. Lo ha fatto ieri Enrico Letta, discepolo prodiano per eccellenza, con un post su Facebook che esprime, al fondo, lo stesso concetto del Professore: non rassegnarsi, non credere all’incredibile.

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Sceglie il silenzio invece Giorgio Napolitano, che del governo Prodi 1 fu ministro dell’Interno. Ma l’ex capo dello Stato non vede spazi per la scissione, non la condivide, non arriva nemmeno comprenderla. Per questo viene considerato uno dei principali sponsor della candidatura di Andrea Orlando alla segreteria, che significa tenere dentro al Partito democratico un profilo e una storia. Un soluzione dentro la cornice democratica, non fuori. Tace, ovviamente, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che all’ulivismo fornì una legge elettorale voluta dagli italiani con il referendum. Il suo pupillo Dario Franceschini prova ancora a salvare il salvabile, ma da una posizione «non equidistante».

 

RUTELLI FRANCESCHINI MATTARELLA GENTILONIRUTELLI FRANCESCHINI MATTARELLA GENTILONI

Tutti si parlano, ma non si sa quanto si ascoltino. La macchina della scissione romba sulla strada di due forze separate e distinte. Ci vorrebbe o il passo indietro di uno dei contendenti o un’invenzione last minute che scongiuri la rottura. Un candidato nuovo, per esempio, che tenga unito il Pd. È anche di questo che si discute nei «colloqui privati»? Le indiscrezioni riferiscono di un pressing su Enrico Letta perché torni in Italia e affronti la sfida delle primarie per la segreteria. Possibile? In tanti lo pensano. «Non è una notizia, è un ragionamento », spiegano. Ma se questa ipotesi avesse avuto la disponibilità e la benzina per camminare, forse non saremmo a questo punto. Al punto di quello che Prodi chiama «suicidio ».

 

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