TE SALUTO “AGIBILITÀ POLITICA”: PERCHÉ LA NOTA DI NAPOLITANO È UN BRUTTO COLPO PER B. E PER GIANNI LETTA

Alessandro Gilioli per http://espresso.repubblica.it


Dopo le prime reazioni positive (se non entusiaste), ai vertici del Pdl si inizia a capire che il il comunicato del Quirinale sulla sentenza Mediaset e sui suoi effetti per Berlusconi non è stata affatto una vittoria. Lo stesso Cavaliere, da Arcore, ha lasciato trapelare la sua 'delusione' dopo essersi consultato con i suoi avvocati. Perché? Vediamo, punto per punto, cosa c'è in quel comunicato e come va interpretato.

Partiamo dagli elementi positivi per Berlusconi: ce ne sono? E se sì, quali
«Sì, ci sono tre o quattro frasi che vanno incontro a lui e a alla sua parte»

Quali?
Primo: «E' legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione ed è comprensibile che emergano - soprattutto nell'area del Pdl - turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza». Questo passaggio viene considerato uno 'sdoganamento' della liceità delle critiche alla sentenza e come un riconoscimento del ruolo politico di Berlusconi. Il Pdl ci teneva molto a sancire che il processo al suo leader non è un processo qualunque, non è una questione solo personale, uguale a tante altre.

Poi?
Poi c'è la frase sul carcere: «Va ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto». Un passaggio che fa molto discutere, visto che la legge attribuisce ai giudici di sorveglianza la possibilità di offrire pene alternativa e non li obbliga in questo senso. Le pressioni del Quirinale nei confronti del potere giudiziario, in questa frase, sono abbastanza evidenti.

Basta così?
No, naturalmente. C'è il passaggio sulla grazia, quello che nel Pdl alcuni interpretano come 'spiraglio': «Ad ogni domanda in tal senso, tocca al presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso - sulla base dell'istruttoria condotta dal ministro della Giustizia - per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull'esecuzione della pena principale». Questo punto viene interpretato in modo diverso da diversi osservatori: secondo alcuni, è quasi un'offerta di clemenza nel caso il Cavaliere presentasse domanda; secondo altri, invece, è una botta per Silvio: chiunque può chiedere la grazia («ad ogni domanda») e in questo caso non ci saranno corsie preferenziali, ci sarà la consueta «istruttoria» in via Arenula. Quanto a «esaminarla obiettivamente», questo è un atto dovuto.

Qual è l'interpretazione giusta?
Solo Napolitano conosce le intenzioni di se stesso. Tuttavia un fatto è indubbio: il Quirinale ha escluso di muoversi autonomamente per la grazia e di fronte a un'eventuale richiesta in questo senso del condannato questa sarà incardinata nella normale procedura di passaggio prima al ministero poi al Colle medesimo.

E qui iniziano le note negative per il Cavaliere.
Esatto, perché intanto la condanna della Cassazione deve essere applicata, ha detto a chiare lettere il Presidente della Repubblica: «Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto» e «non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza».

Punto importante?
Sì, perché prima di tutto difende la magistratura dagli attacchi sconsiderati del Cavaliere e dei suoi; poi risponde negativamente alla richiesta di 'agibilità politica' che sottragga oggi Berlusconi alle conseguenze della sentenza. Questa richiesta era l'obiettivo fondamentale delle pressioni del Cavaliere sul Quirinale e l'attacco è andato a vuoto. La sentenza c'è, dice Napolitano: potete criticarla finché vi pare («esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica») ma intanto bisogna «prenderne atto», cioè si applica, almeno in attesa dell'iter della eventuale domanda di grazia.

 

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