COME LAVITOLA FREGO' TARANTINI - “MI DISSE CHE I 500MILA € CHE AVEVO CHIESTO IN PRESTITO A BERLUSCONI ERANO PER SUO VOLERE SU UN CONTO ESTERO SENNÒ LI AVREI SPESI IN FUTILITÀ” - NELLA MEMORIA DIFENSIVA SCRITTA PRIMA DELL’ARRESTO, GIAMPY ACCUSA IL DIRETTORE PESCIVENDOLO DELL'“AVANTI!”: “ERA IL MIO UNICO TRAMITE COL PREMIER” - L’INCONTRO COL BANANA A PALAZZO GRAZIOLI: “MI CONFERMÒ DI AVER DATO I SOLDI A LAVITOLA E CHE C’ERA STATO SICURAMENTE UN EQUIVOCO”…

Gian Marco Chiocci per "Il Giornale"

Ecco la verità di Gianpaolo Tarantini. Scritta dodici ore prima dell'arresto, consegnata all'avvocato che ieri mattina l'avrebbe dovuta trasmettere al gip e alla procura di Napoli per concordare un incontro chiarificatore. Quattordici pagine vergate di getto.

«Secondo quanto riportato da Panorama - inizia l'imprenditore - mi protesto totalmente estraneo a qualunque manovra di carattere estorsivo nei confronti del presidente Silvio Berlusconi, nei confronti del quale non posso che dichiarare gratitudine per tutto quello che ha fatto e sta facendo per me e per la mia famiglia e leggo con estremo piacere che nella dichiarazione di Berlusconi (a Panorama, ndr) che lui riconduca a mera liberalità le somme di denaro che mi ha fatto pervenire (...)».

Il manager della sanità esclude un tentativo di estorsione collegato alla volontà di patteggiare per impedire la fuoriuscita di notizie compromettenti nella nota vicenda sulle escort. Teme solo la pubblicazione di un'informativa della Gdf: «Non ho mai avuto l'idea di patteggiare, ma non ho neanche mai pensato che attraverso tale soluzione si sarebbe potuto evitare la gogna mediatica che, immagino, scaturirà non appena le carte del procedimento verranno a disposizione delle parti (...). Sono consapevole dell'esistenza di telefonate imbarazzanti tra me ed alcune ragazze».

E Lavitola? «Un anno venne fuori che entrambi siamo amici del presidente anche se io, per non mettere in imbarazzo il premier, avendo appena finito il periodo di arresti domiciliari (durati 11 mesi) ed avendo indagini in corso per una serie di fatti (...) da tempo non avevo più avuto contatti. Questa mia difficoltà a entrare in contatto con Berlusconi fu certamente da me più volte rappresentata al Lavitola al quale feci presente le mie difficoltà economiche (...). Lavitola si offrì di intermediare con Berlusconi (...) che è completamente estraneo avendo io retribuito le ragazze che venivano ospitate presso la sua abitazione a sua assoluta insaputa. Tramite il Lavitola ho fatto sapere a Berlusconi delle mie gravissime difficoltà economiche (...)».

Tornando all'editore dell'Avanti: «Mi fece sapere che il Presidente mi avrebbe certamente aiutato (...) sostenendo mie nuove iniziative economiche (...). Iniziai a ricevere settimanalmente tramite Lavitola somme di denaro in contanti che mia moglie andava a prelevare in Via del Corso a Roma presso i suoi uffici. Complessivamente ho ricevuto circa 20mila euro al mese fino a luglio. Riferii al Lavitola la mia volontà a incontrare il Presidente ma in primo momento mi disse che non era opportuno perché se ci avessero visto insieme sarebbe potuta scattare una nuova campagna stampa che sarebbe stata nociva per me e per Berlusconi».

Poi però l'incontro si fa. «Nel novembre 2010 a Palazzo Grazioli, partecipò pure mia moglie. Volevamo ringraziare il Presidente per le disponibilità e per chiedergli se mi avesse potuto aiutare nello sviluppare nuove opportunità lavorative. Non volevo essere un mantenuto (...). Il Presidente si mostrò molto gentile e cortese, manifestò il suo dispiacere e rammarico per quanto mi era accaduto (...). Mesi dopo, visto che non si realizzava nulla, ho spesso chiesto a Lavitola di sollecitare Berlusconi.

Il Lavitola ha mantenuto un atteggiamento che considero una costante (...) di farmi apparire il Presidente come persona assai meno generosa e disponibile di quanto ritenga e soprattutto che gli aiuti economici che percepivo non generavano dalla disponibilità di Berlusconi (...) bensì dalla sua mediazione tra me ed il Presidente».

Tarantini inizialmente sostiene di aver creduto a Lavitola, salvo poi aver cambiato idea. «Da quando ho cominciato a richiedergli di portare a Berlusconi le mie richieste (...) la sua figura mi e sembrata assai meno sincera». Tant'è che da novembre a marzo chiede ripetutamente all'editore di incontrare il premier. Niente da fare, poi la sorpresa: appuntamento ad Arcore: «Ero emozionatissimo (...). Berlusconi non mancò di manifestarmi il suo assoluto disinteresse alle eventuali strumentalizzazioni mediatiche di eventuali nostri incontri e della vicenda giudiziaria dove siamo coinvolti a diverso titolo».

Il faccia a faccia durò un'ora. «Lo ringraziai per gli aiuti che mi faceva pervenire e gli ribadii che io e mia moglie desideravamo trovare un'attività lavorativa (...). Mi permisi di richiedere al Presidente una finanziamento di 500mila euro per avviare un'attività e il premier non mi fece finire di parlare: "Per te non c'e problema". Tenni a precisare che avrei sicuramente restituito la somma non appena ne avessi avuto la possibilità (...)».

Berlusconi, dice, lo affidò a Lavitola. Prima però chiese al capo del governo «se mi avesse potuto aiutare a districarmi nei miei guai giudiziari ma mi rispose, con tono divertito, che la cosa non poteva nemmeno essergli richiesta posto che lui stesso aveva i suoi problemi e che la sua vera opposizione politica era la magistratura italiana».

Nulla di quanto era stato promesso, chiosa Tarantini, però veniva mantenuto. «Lavitola mi continuava a rispondere che nonostante i suoi interventi nulla si muoveva». A luglio 2011, durante un telefonata con l'editore, Tarantini esprime ansia per l'inchiesta di Bari per l'esistenza di intercettazioni telefoniche che avrebbero messo lui e il presidente - testuale - in un «tritacarne mediatico». «Al telefono non ho mai anche solo pensato di prospettare a Lavitola l'idea di rappresentare al Presidente una mia scelta processuale come controprestazione di sue elargizioni (...).

Era il Lavitola che per rassicurarmi mi diceva che non solo non era il caso che io non patteggiassi, ma che tutto sommato se le telefonate fossero uscite e si fosse andato a processo, io avrei potuto continuare a mantenere solido il mio rapporto con il Presidente (...)».

Qui l'imprenditore inserisce un incontro con l'avvocato Perroni che gli avrebbe chiesto se aveva ricevuto la somma di 500mila euro, che il presidente gli aveva mandato. E capisce che i dubbi su Berlusconi sono fuori luogo.

Indispettito richiama Lavitola: «Mi rispose imbarazzatissimo cercando di cambiare discorso (...). Dopo le iniziali reticenze ammise che questa somma era esistente e che era su un conto estero e che era stata destinata alle mia attività imprenditoriali e che per volere del presidente essa poteva essermi messa a disposizione solo qualora avessi trovato un'attività in quanto diversamente le avrei spese per futilità (...). Tengo a precisare che successivamente ho richiamato Lavitola nonostante non avessi più fiducia in lui. Era l'unico tramite con Berlusconi (...). Avendo compreso che il Lavitola mi aveva fatto cadere in un equivoco (...) chiesi di poter incontrare il premier».

E arriviamo al terzo incontro. «Erano i primi giorni di agosto a Roma a Palazzo Grazioli. Chiesi personalmente scusa al Presidente per aver dubitato che potesse non aver mantenuto le promesse. Egli mi confermò di aver dato al Lavitola già da tempo la somma che mi doveva essere consegnata per intraprendere la mia attività e che c'era stato sicuramente un equivoco».

 

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