TELECOM’È POSSIBILE! - MAXI-EVASIONI FISCALI, MILIONI DI SCHEDE SIM FASULLE E DOSSIERAGGI - LA SECURITY DI TAVAROLI PER SPIARE MANAGER, CALCIATORI, GIORNALISTI E PERSINO I DOMESTICI DI CASA (58 MLN € IN CONTO TELECOM!) - L’AZIENDA RICEVEVA RICHIESTE DI “DATI TELEFONICI RISERVATI” ANCHE DA ALTRE SOCIETÀ, TRA CUI LA FONDIARIA DI DON LIGRESTI - LA NUOVA GESTIONE BERNABÉ NON CHIEDE IL RISARCIMENTO IN SEDE CIVILE ALLA GESTIONE TRONCHETTI (“MAI INFORMATO DELLE ATTIVITÀ ILLECITE”)….

Paolo Biondani per "L'Espresso"

I padroni del vapore non pagano mai. La Procura di Milano ha fatto cadere il muro di segretezza che dal dicembre 2010 copriva un pezzo di storia del capitalismo italiano: la scelta dei vertici di Telecom di non chiedere alcun risarcimento ai precedenti top manager guidati da Marco Tronchetti Provera, il numero uno della Pirelli, che conquistò il gruppo telefonico nel luglio 2001.

Finora si sapeva solo che la gestione Tronchetti era stata passata al setaccio dalla società di revisione Deloitte. Il rapporto finale però è rimasto riservato: nonostante le richieste degli azionisti di minoranza, ha potuto leggerlo solo il consiglio d'amministrazione. Solo ora è diventato pubblico, con la chiusura dell'inchiesta penale sulle sim card gonfiate, nata proprio da quei controlli.

Il rapporto integrale della Deloitte (più di 1.500 pagine) analizza tutti i problemi giudiziari che hanno colpito il colosso telefonico negli anni di Tronchetti: lo scandalo dei dossier spionistici di Pirelli e Telecom, le maxi-evasioni fiscali della controllata Sparkle, la scoperta di 6,8 milioni di schede dei telefonini intestate a clienti inesistenti e un nuovo filone d'indagine, che riguarda traffici sospetti con società di San Marino.

Il capitolo più corposo è sulle deviazioni della security: l'apparato spionistico organizzato da Giuliano Tavaroli, l'ex carabiniere chiamato da Tronchetti prima alla Pirelli e poi a Telecom. Tavaroli e molti altri indagati come l'informatico Fabio Ghioni, arrestati tra il 2006 e il 2007, hanno confessato e sono stati già condannati. Tronchetti è indagato solo dall'anno scorso e solo per alcune «operazioni», come le presunte corruzioni in Brasile che nel 2004 decisero un memorabile scontro con gli investigatori della Kroll.

Nonostante nove mesi di carcere preventivo, Tavaroli ha sempre difeso Tronchetti, che a sua volta ha giurato di non essere stato «mai informato delle attività illecite». Nei giorni scorsi, dopo i giudici milanesi, anche la Cassazione ha giudicato «elusiva» e «poco credibile» l'autodifesa di Tronchetti. Ma l'inchiesta penale resta in salita: l'accusa dovrebbe dimostrare una complicità piena nei reati. Per chiedere un risarcimento civile, invece, basta molto meno: ad esempio, è sufficiente provare che non c'erano controlli sulle spese. Per questo il rapporto Deloitte elenca decine di «indicatori di possibile percezione e condivisione degli illeciti con il vertice aziendale».

I costi per le «consulenze investigative», per cominciare, esplodono con l'arrivo di Tavaroli, passando da 3 milioni a oltre 21, e ogni anno sforano il budget (anche del doppio). In totale i collaboratori esterni della security, poi arrestati, incassano più di 58 milioni di euro.

Il rapporto esamina otto blocchi di «anomalie» che avrebbero dovuto allarmare i capi-azienda: si va dagli investigatori pagati «su conti esteri, tramite società non trasparenti, con fatture in codice che non spiegano la prestazione» alle «buste di contanti consegnati alla lobbista che teneva i rapporti coi politici». Nonostante le prime segnalazioni interne (dicembre 2003), Tavaroli continua a essere autorizzato a strapagare gli investigatori-spioni con «procedura semplificata e riservata», cioè senza controlli e senza neppure conservare la documentazione. E intanto allarga i suoi poteri alle intercettazioni giudiziarie, che prima dipendevano dall'ufficio legale, come denunciò "l'Espresso" già nel dicembre 2004.

Solo dopo essere stato indagato e perquisito, nel luglio 2005 Tavaroli viene mandato via con una liquidazione di 790 mila euro, ma continua a essere stipendiato come «consulente sia di Telecom che della Pirelli in Romania». In aggiunta, a lui e ad altri condannati, come il responsabile degli attacchi informatici Ghioni, l'azienda concede un "salvacondotto": la garanzia di non dover risarcire nessuno. E paga pure i loro avvocati, versando oltre 1,7 milioni ai principali indagati nel pieno dell'inchiesta.

Il rapporto enumera 550 operazioni di dossieraggio che hanno colpito circa 4.200 persone fisiche e decine di società. E avverte che diverse vittime, dall'ex dirigente Vittorio Nola al calciatore Bobo Vieri, hanno chiesto risarcimenti per oltre 117 milioni di euro, che si aggiungono a 12 di spese legali e a più di 20 di pendenze fiscali. Gli investigatori-spioni Bernardini e Cipriani sono pure riusciti a incassare 13 milioni per «prestazioni non documentate». E altri 6 milioni sono finiti a «fornitori non noti».

L'istruttoria della Deloitte rivela che Telecom riceveva richieste di «dati telefonici riservati» anche da «aziende esterne», tra cui Fondiaria del gruppo Ligresti e altre società «collegate a Tronchetti», come Inter, Olivetti e naturalmente Pirelli. Mentre il giro di vite sui costi della security viene deciso solo dopo le dimissioni di Tronchetti.

Analizzando nei dettagli 218 dossier (quelli sopravvissuti al rogo dell'intero archivio Pirelli), il rapporto individua due folti gruppi di investigazioni svolte «per esigenze del principale azionista o del vertice aziendale» o «nell'esclusivo interesse privato del signor Tronchetti».

Come i controlli illegali su parenti o amici della moglie e sui domestici della mamma. Il colmo è che «la security di Telecom ha pagato società esterne per spiare il proprio amministatore delegato Enrico Bondi», che nel 2001 fu «pedinato ad Arezzo e intimidito con una falsa microspia». E tra i tanti dossierati eccellenti compare anche l'attuale numero uno Franco Bernabè.

Tra i casi giudicati «esemplari» di omesso controllo addebitabile «direttamente a Tronchetti», la Deloitte evidenzia l'attacco informatico di fine 2004 al "Corriere della Sera", contro il giornalista Massimo Mucchetti e l'allora amministratore delegato Vittorio Colao. Il presidente di Rcs, infatti, segnalò «personalmente a Tronchetti» che quel raid era partito da un computer di Telecom. Eppure i top manager telefonici «non informarono l'audit, né l'ufficio legale né il collegio sindacale». Anzi, affidarono i controlli anti-spionaggio «alla stessa security». E «in particolare a Ghioni», poi rilevatosi il capo degli spioni informatici.
Gli altri tre capitoli del rapporto sono dedicati alle inchieste più recenti. Tra l'altro, proprio la Deloitte ha denunciato al pm Alfredo Robledo il caso dei 6,8 milioni di card-fantasma (una su sette), che ora vede indagati gli ex manager dei telefonini Riccardo Ruggiero, Luca Luciani e Massimo Castelli.

L'attuale vertice di Telecom aveva affidato allo studio Paul Hastings l'incarico di valutare il rapporto Deloitte. Il verdetto sembrava negativo: secondo i legali c'erano tutti gli estremi per un'azione di responsabilità contro l'ex presidente Tronchetti e l'ex amministratore Carlo Buora, accusati di aver violato almeno tre dei quattro «obblighi generali di vigilanza aziendale».

Prima di decidere, però, il consiglio ha preferito sentire un altro esperto, il professor Franco Bonelli, che con un parere individuale di 19 pagine ha bocciato la proposta. Secondo l'autorevole avvocato, «le probabilità di condanna civile appaiono assai incerte» per «mancanza di precedenti» e per «difficoltà di provare specifici inadempimenti»: «L'aver gestito in modo inefficiente e dannoso non determina di per sé la responsabilità degli amministratori».

Una tesi che il board di Telecom ha approvato, il 16 dicembre 2010, con il solo voto contrario dell'economista Luigi Zingales. E così, almeno per Tronchetti, l'incidente è chiuso: l'azione di responsabilità «si è prescritta nel settembre 2011», cinque anni dopo le dimissioni.

 

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