IL TOUR IN ITALIA SERVE A PUTIN PER RICORDARE A RENZI CHE LE SANZIONI DI OBAMA NON SONO DANNOSE SOLO PER MOSCA: “CON LA CANCELLAZIONE DELLE INIZIATIVE COMUNI, IL VOSTRO PAESE HA GIÀ PERSO UN MILIARDO”

Francesca Sforza per “la Stampa”

matteo renzi vladimir putin expomatteo renzi vladimir putin expo

 

La giornata italiana di Vladimir Putin è stata un’interessante mescolanza di politica, affari, e richiami anche un po’ sentimentali a ciò che da sempre unisce Italia e Russia, con l’accortezza di far passare sotto traccia ciò che invece continua a dividerle, e su cui si è preferito non insistere.

 

SANZIONI SÌ, SANZIONI NO

Il presidente russo è arrivato all’Expo di Milano accompagnato da un consistente numero di ministri di peso - dal ministro degli Esteri Lavrov a quello dell’Economia Ylyukayev - e dai numeri uno di Gazprom e Rosneft. Ha trovato ad accoglierli il premier Matteo Renzi, il Commissario Unico di Expo Sala, il ministro dell’Ambiente Martina, il presidente della regione Maroni e il sindaco di Milano Pisapia.

 

RENZI E PUTINRENZI E PUTIN

Nell’incontro con Renzi, dopo aver ricordato l’importanza di cinque secoli di relazioni strettissime, Putin ha detto di non voler parlare di eventuali riduzioni o abrogazioni delle sanzioni, ma si è limitato a osservare come la loro sussistenza «ci impedisca di lavorare». Le sanzioni colpiscono certo la Russia, ha ammesso, «ma solo per citare la nostra cooperazione nel campo militare, la cancellazione di iniziative comuni ha portato al fatto che le società italiane non hanno incassato un miliardo di euro». E ha concluso tornando sui suoi passi: «Le sanzioni, o si eliminano o si modificano per sostenere le aziende che vogliono collaborare con noi».

 

MESSAGGI STRATEGICI

RENZI E PUTIN  RENZI E PUTIN

Poi c’è la politica. A proposito della crisi ucraina Putin ha ripetuto che non ci sono alternative agli accordi di Minsk2, cosa su cui sono tutti d’accordo, anche il premier Renzi, che li ha definiti «la stella polare di tutti gli sforzi». E se non si è entrati nel merito di chi, nel caso, non li stesse rispettando, è perché si è preferito allargare lo sguardo sul Mediterraneo e sulla grave crisi libica.

 

Putin l’ha definita una «catastrofe», e ha colto l’occasione per ricordare che è «una conseguenza dell’intervento militare del 2011», oltre che «del governo di gruppi estremisti». A ricordare quanto dannose possano essere le ingerenze di potenze straniere negli affari altrui. E il G7? «Non c’è nessuna relazione», ha detto il presidente russo, rammaricandosi - ma non troppo - del fatto che «i nostri partner hanno deciso che non c’era più bisogno del nostro punto di vista».

 

L’INCONTRO CON IL PONTEFICE

Putin e il Papa lo scorso novembre Putin e il Papa lo scorso novembre

Arrivato in Vaticano con oltre un’ora di ritardo, Putin ha comunque parlato con il Papa per circa cinquanta minuti (Francesco lo ha accolto con un caloroso «Willkommen», avendo colto uno scambio di saluti in tedesco tra l’ospite e monsignor Georg Gaenswein). «Circa la situazione riguardante l’Ucraina - ha riferito il portavoce vaticano, padre Lombardi a conclusione dell’incontro - il Santo Padre ha affermato che occorre impegnarsi per attuare gli accordi di Minsk e per affrontare la grave situazione umanitaria».

 

Si è parlato anche della situazione in Iraq e Siria, sottolineando la necessità di perseguire la pace e difendere i cristiani. A dimostrazione che il Papa considera la Russia un giocatore importante anche su scacchieri in cui non è direttamente coinvolta. Dopo un passaggio al Quirinale, dove ha incontrato per un colloquio il presidente della Repubblica Mattarella, Putin è ripartito per Mosca, non senza aver rivisto l’amico Silvio Berlusconi all’aeroporto di Fiumicino, all’interno dell’area riservata ai capi di Stato.

INCONTRO TRA PUTIN E BERGOGLIO INCONTRO TRA PUTIN E BERGOGLIO

 

E qui un Berlusconi raggiante ha annunciato che «domani (oggi, ndr) presenteremo alla Camera una mozione che si rivolge al governo per non continuare nelle sanzioni verso la Russia, sanzioni che ledono i nostri interessi per degli importi molto consistenti». Per questo Berlusconi vorrebbe un pressing italiano sui Paesi europei «a seguire questo esempio». E non solo: «Vorremmo - ha concluso – convincere gli amici americani che non si può tornare a un clima di Guerra fredda».

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…